Totti: "A breve tornerò allo stadio. Ancora non vedo la Roma di Gasperini, Dybala non può fare la punta"
Francesco Totti è il protagonista dell'ultima puntati di Legends Road, rubrica di DAZN in cui i campioni si raccontano durante un viaggio in macchina. Di seguito, ecco quanto
Da quanto non vai allo stadio?
«Sono venuto a vedere la Roma l'ultima volta, penso, quasi tre anni fa».
Ti manca?
«Eh, un po’ sì. Vabbè, adesso ci ritorno».
Davvero?
«Sì, tra un po’ ci torno».
La situazione è migliorata?
«No, vabbè… più che altro mi manca la gente, perché alla fine io mi identifico con quello».
Ti piacerebbe andare in Curva Sud con i baffi finti?
«No, se dovessi andarci, ci andrei così, senza travestirmi. Certo, non sarebbe facile, forse quasi impossibile, però se un giorno dovessi pensare di fare una cosa del genere, ci andrei, perché alla fine non ho problemi».
Che ricordo hai di quel 17 giugno 2001? Roma era in festa...
«Sì... potevamo già vincerlo a Napoli, mandandoli in Serie B: in quell'anno avevano avuto tantissimi problemi. Però, diciamo, che noi avevamo il match point all'Olimpico: era destino che dovessimo vincerlo in casa. Siamo partiti con Roma-Bologna, la prima in casa, e doveva finire con Roma-Parma».
A proposito di Napoli, che rapporto avevi con Maradona?
«Ho avuto la fortuna di conoscerlo, di cenare insieme, di pranzare insieme. Una persona straordinaria. Io ho sempre detto che, per me, lui è il calcio. Ho un debole per lui, come del resto ce l’ha tutto il mondo».
C’è una frase che ti è rimasta impressa?
«Sì. Ha sempre detto che, per lui, ero il calciatore italiano più forte. E, detto da lui, per me… ho un certo piacere. Tutti possono dire quello che vogliono, ma quella frase mi è rimasta dentro».
Ti riconosci in qualcosa di lui?
«Sì, secondo me qualcosa in comune c’è. La vita privata, penso, per entrambi è veramente pesante. Pesante perché, fondamentalmente, non puoi fare una passeggiata, non puoi prenderti un gelato tranquillamente. Da una parte fa piacere, perché provi davvero e senti l’amore della gente, l’affetto, no? Allo stesso tempo, alcune volte ti piacerebbe stare con tuo figlio a passeggiare, però non è fattibile».
Qualche aneddotto particolare con i tifosi?
«Un mese fa, un persona di 45/55 anni mi ha fermato al semaforo e ha iniziato a piangere. Mi ha detto: "Non sai cosa hai significato per la mia vita. TI amo più di mia madre". Poi ha aggiunto: "Io faccio l'abbonamento, ma da quando hai smesso, dal 2017 ad oggi, l'ho fatto in Tevere perché spero che tu tutte le domeniche esci dalle scalette, sali le scalette, esci, ti metti in panchina e fai la sorpresa a tutti”. E io ho detto: “Eh, magari potessi!”. Poi, ha detto: “Guarda, appena vedo che inizia la partita, dopo il calcio inizio, prendo e me ne vado”. E io: “Scusa, non ti vedi la partita?”. Mi ha risposto: "No, io faccio l'abbonamento solo per te. Cioè, io spero che tu sali quelle scalette dell'Olimpico e torni a giocare. Appena vedo che tu non ci stai, me ne vado».
La Roma di Gasp?
«Bene, bene, ma anche se io ancora non vedo la Roma di Gasp, per quello che ho visto a Bergamo, diciamo. Si può migliorare ancora, per quello c'è Gasperini. Può migliorare, però se migliorando poi può peggiorare, è meglio non farlo. È meglio che continua così, perché alla fine poi tanto contano i risultati».
Senti, c'è tutto questo tema del centravanti. Non è che ti va di andare a fare il falso 9? Dybala, per esempio, è uno che può avere il tipo di svolta che hai fatto tu per una punta?
«No, perché non ha le caratteristiche per farlo, non c'è il fisico. Per me lui può giocare un po' esterno con le due mezze punte. Cioè, parere mio poi, ognuno... Diciamo che siamo due giocatori totalmente diversi, poi tecnicamente uno può piacere di più, uno di meno, però alla fine siamo totalmente diversi».
Sulla fascia da capitano.
«Non ne ho più, le ho finite. Il capitano ha una responsabilità diversa sia in campo che fuori ma fortunatamente avevo la possibilità di conoscere Roma, Trigoria e dintorni. Ero diverso dagli altri anche in campo. Salire le scale dell'Olimpico non è facile. C'è chi le sale tranquillamente e chi meno».
Sei geloso del numero 10 della Roma?
«No, non sono geloso. È un numero diverso da tutti gli altri. Va portato con talento, forza, determinazione, la testa giusta. È difficile che a Roma qualcun altro possa rimettersi quel numero. È giusto che i bambini possano sognare di indossarlo. Quando sarà il momento, il prima possibile, spero ci sarà qualcuno che lo possa prendere ma è difficile».
Lo hai sentito De Rossi? Come sta?
«È teso, agitato. Ha questa voglia di esprimersi come allenatore. Gli è sempre piaciuto e lo ha fatto vedere. Credo che con il tempo riuscirà a far vedere le proprie qualità, i propri pensieri».
Su questo siete diversi. Tu non hai questo fuoco dentro che ti spinge a fare l'allenatore.
«Abbiamo caratteri diversi. Io sono abbastanza buono, timido, riservato mentre lui è più espansivo. È uno senza pensieri e se ti deve dire una cosa te la dice senza problemi. Io invece cerco di aspettare e di dirtela in un altro modo. Lui ha questo obiettivo io invece avrei difficoltà anche perché so che dall'altra parte ci sono 20 giocatori che quando ti si mettono contro è un problema».
Quante volte avete girato la pubblicità con Spalletti? "Quasi buona la prima". Com'è andata quella storia?
«Ci siamo riavvicinati tramite il Bambin Gesù quando siamo andati a trovare i bambini. Lì non ho potuto dire di no. Ho accantonato tutto quello che era successo tra di noi perché l'obiettivo di quella giornata era un altro. Non abbiamo mai parlato di quello che è successo ma sicuramente ci sarà occasione perché ci voglio tornare sopra. Voglio sapere come sono andate le cose».
C'è qualcosa che non ti quadra.
«Qualcosa è successo e a me è dispiaciuto anche per il rapporto che avevo con lui».
Come lo vedi alla Juventus?
«Non me lo aspettavo ma lo vedo bene. È un allenatore che può far bene».
Qual è la sua qualità più grande?
«Come mette in campo la squadra, come ti fa giocare in tranquillità e serenità. Sai trovare sempre la soluzione».
Chivu sta facendo molto bene all'Inter.
«È un ragazzo eccezionale. Quando è venuto a Roma ci frequentavamo spesso anche fuori dal campo. È umile, ha tanti valori. Trasmette serenità e tranquillità. Lui aveva già l'obiettivo di fare l'allenatore».
Fra un anno compirai 50 anni. Sei pronto?
«No, è pesante. Mi sembra quasi finito tutto, almeno mentalmente. Hai altre responsabilità, pensieri. Poi dopo i 50 anni sei in discesa. Il giro di boa lo hai fatto».
C'è un'altra città dove ti piacerebbe vivere?
«Madrid. Mi è sempre piaciuta».
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