De Sanctis: "Roma ultima città della mia vita professionale e privata, Garcia un allenatore completo che farà crescere la squadra. Gli arbitri? Oggi sono liberi"
Il portiere della Roma Morgan De Sanctis è il protagonista della puntata dei "Signori del Calcio", programma in onda su Sky Sport 1. Queste le sue parole:
"Quando sono arrivato alla Juventus ho capito che bisognava cercare di comportarsi in una certa maniera e parlare in una certa maniera. Avevo tanti esempi da cui imparare. I tre allenatori più importanti della mia carriera? Sono tre e mi hanno dato l'opportunità di diventare grande: Lippi, con lui ho avuto un rapporto di stima così come con Spalletti. E' arrivato al momento giusto nel posto giusto, in tre mesi riuscì a fare un grande lavoro psicologico. Lui è il più completo sotto tutti i punti di vista, le stesse qualità le ha mostrate a Roma. E' difficile trovare giocatori che non parlino bene di lui. L'ultima citazione è per Mazzarri, che non si discosta tanto da Spalletti, prepara meticolosamente le partite. Dedica il suo tempo al calcio e, a differenza di altri, non riesce a bucare lo schermo e risulta antipatico. Io l'ho avuto e gli riconosco moltissime qualità.
Durante la mia carriera, negli anni finali di Udine, ho avuto il desiderio di confrontarmi con un calcio diverso. Ho avuto l'opportunità nel Siviglia e in quel momento storico è stato particolarmente eccitante. In quel momento erano tra i più forti d'Europa. E' stata un'opportunità unica che ci vuole nella vita. Antonio Puerta era uno dei ragazzi migliori dello spogliatoio. Io vivevo quotidianamente con Enzo Maresca e avevo avuto l'opportunità di conoscerlo. Ci fu questo episodio drammatico, lui era fondamentale per la squadra. Era uno di quei quattro che per carattere e appartenenza era un punto di riferimento. Io sono stato al Galatasaray, una squadra che ha circa venti milioni di tifosi. Non è una tifoseria silenziosa, vivono in funzione del club e questo crea moltissima pressione. Il rammarico che ho è quello di non essere rimasto più tempo in una squadra così. Lippi voleva seguirmi più da vicino perché c'erano i Mondiali, così mi chiamò il Napoli.
Quella di Napoli è stata un'opportunità importantissima. Lì si vive il calcio con molta passione, loro avevano un progetto molto importante e io potevo dare un contributo importante. Marino, il ds, mi volle fortemente e io accettai. Quando inizi a giocare in contesti così importanti è difficile tornare in club più piccoli, che non ti danno quella carica giusta.
Ora sono a Roma. E' la città eterna, potrebbe essere la mia tappa finale. Della carriera vera ed Europa probabilmente lo sarà e vorrei anche che lo fosse per la mia vita. Voglio rimanere a vivere qui. Alla mia età sono ancora a questo livello e devo riconoscerlo alla mia famiglia, mi ha dato l'opportunità di vivere la professione esattamente come andrebbe vissuta.
I miei portieri preferiti? Peruzzi è stato il mio punto di riferimento e ho avuto l'opportunità di allenarmi con questo fenomeno. Grande professionista e portiere ideale. L'altro portiere di riferimento per me è stato Marcheggiani, un vero portiere moderno. Ma il portiere più forte degli ultimi venti anni è stato sicuramente Buffon. Mi piace citare anche Antonioli, a cui non è stata mai riconosciuta la giusta bravura.
Zidane-Del Piero-Totti? Di certo sono i più forti con cui ho giocato, ma potrei aggiungere Pirlo e Di Natale. Zidane merita una considerazione superiore perché tutto quello che ha fatto lo ha fatto in diversi contesti. Totti e Del Piero sono stati grandi in una sola piazza: è sicuramente un orgoglio sia per loro che per i tifosi che li hanno avuti come punti di riferimento. Parlando della mia esperienza, capisco che è difficile essere grandi e apprezzati in tanti ambienti, quindi Zidane lo metto un pochettino sopra.
Garcia? Ha capito benissimo cosa era successo a questa squadra precedentemente. Al mister ho sempre riconosciuto il merito più grande per i risultati della Roma. E' stato brillantissimo e rapidissimo a capire in che contesto lavorava, con che tipo di giocatori e società. La qualità più spiccata di Garcia è la cultura. Al di là di chi ha di fronte riesce ad essere sempre chiaro ed efficace. E' un allenatore che sa preparare bene le partite, considera l'avversario nella maniera giusta, lavora tantissimo sulla squadra e lo fa in maniera divertente e funzionale. Un allenatore completo che darà alla Roma la possibilità di crescere. Noi potremmo continuare a fare quello che stiamo facendo, vogliamo fare grandi cose. Non vogliamo illudere chi ci segue e la linea è sottile. Quando all'inizio dell'anno parlavamo di grandi obiettivi, si parlava di tornare a giocare le coppe e per merito nostro l'asticella si è alzata.
Sugli arbitri. Se c'è qualcosa di veramente complicato nel mondo del calcio, oltre al ruolo del portiere, è quello dell'arbitro. Dei portieri e degli arbitri spesso non vengono considerate le cose belle, ma solo gli errori. Loro fanno il loro lavoro e lo fanno bene. Io sono venti anni che gioco a calcio e ho vissuto anche un altro tipo di atteggiamento arbitrale, proprio quando giocavo nell'Udinese. Quindi viva questa classe arbitrale di giovani, questi sono arbitri liberi.
La nazionale? In Brasile potevo andare a giocare questa estate in Confederation Cup ma ho deciso, a marzo, di lasciare l'azzurro per tanti motivi. Giocavo nel Napoli e l'anno dopo avrei dovuto fare la Champions con loro, dovevo concentrare le energie. Questa cosa non è cambiata nel momento in cui sono arrivato a Roma. Ho fatto questo tipo di scelta. La mia grande soddisfazione, che mi prendo quando si parla di un mio ritorno, sta nel fatto che qualcuno a marzo aveva ironizzato su questa cosa dicendo che me n'ero andato perché sarei stato cacciato dopo poco. Invece no, io ero un giocatore importante in quello spogliatoio. Io sono una persona coerente e questa coerenza ci sarà fino in fondo. La speranza è che Buffon, Marchetti e Sirigu faranno grandi cose sia in Nazionale che nei loro rispettivi club".