Che fine ha fatto - Shabani Nonda

17.05.2020 16:00 di  Alessandro Pau   vedi letture
Fonte: Redazione Vocegiallorossa - Alessandro Pau
Che fine ha fatto - Shabani Nonda

Quindici presenze e quattro reti segnate: uno bottino troppo magro se associato a un attaccante, o meglio, uno score che non rende giustizia ad un calciatore che nel decennio precedente era stato in grado di mettere a segno oltre 100 reti ufficiali con squadre di club in Svizzera e Francia, e che con la maglia della sua nazionale, quella della Repubblica Democratica del Congo, ha realizzato 14 reti in 21 presenze. Questa è la storia di Shabani Nonda, protagonista odierno di Che fine ha fatto.

Shabani Nonda si presenta all’Europa con la maglia dello Zurigo, riuscendo a conquistare la palma di capocannoniere del campionato svizzero, attirando su di sé le attenzioni del Rennes. Con il club francese attraversa un biennio d’oro, tenendo una media di una rete ogni 2 partite (30 gol in 62 match). A quel punto, nel 2000, viene acquistato dal ben più noto e quotato Monaco. Con i monegaschi si conferma come un centravanti devastante, e, grazie al suo fisico e la sua freddezza sotto rete, nel 2002/03 vince la classifica marcatori della Ligue1 con 26 reti in 35 presenze, stesso anno in cui alza al cielo la Coppa di Francia. Quella del calciatore nato in Burundi e naturalizzato congolese è una parabola capace di arrivare in fretta all’apice, al punto più alto, e ricadere rovinosamente giù. Infatti, nei due anni successivi nel Principato di Monaco, viene spodestato dal ruolo di titolare a causa dell’arrivo di nuovi elementi di spicco nel reparto offensivo della squadra.

Saranno solamente 5 i gol che Nonda segnerà prima di lasciare il campionato francese, ma ce n’è uno di questi che, da solo, vale quanto, e forse di più, di tutti i precedenti. Si tratta della rete segnata al Chelsea nell’andata della semifinale di Champions League 2003/04. Il suo 3-1 ha permesso ai monegaschi di affrontare più tranquillamente il ritorno, terminato 2-2, che ha poi consentito loro di accedere alla finale della massima competizione europea. Purtroppo per lui in finale ad avere la meglio fu il Porto di Mourinho, che si impose con un netto 3-0. Sfiorato il titolo, Nonda resta per una stagione a fare da riserva, prima di decidere di cambiare aria.

È nell’estate del 2005 che finisce nel mirino della Roma, che lo preleva con la speranza di rilanciarlo e di riportarlo ai vecchi fasti. La sua avventura in giallorosso parte in modo rocambolesco, visto che una sentenza della UEFA in relazione al caso di Philippe Mexes blocca temporaneamente il suo arrivo nella Capitale. Il 1º agosto, comunque, in seguito ad una sentenza del tribunale internazionale, riesce ad apporre la propria firma sul contratto e diventare a tutti gli effetti un calciatore giallorosso. Come se non bastasse, subisce un infortunio al ginocchio che limita enormemente il suo possibile inserimento in un attacco che poteva contare su giocatori del calibro di Totti, Cassano e Montella. Nella stagione 2005/06, effettivamente la sua unica annata in giallorosso, scende in campo in 15 diverse occasioni, piazzando 4 volte la palla in rete. Nonostante il suo scarso apporto alla causa, Nonda entra nel cuore dei tifosi giallorossi, che gli dedicano uno storico coro sulle note de La Lambada.

Nell’estate del mondiale tedesco Nonda passa in prestito al Blackburn, raddoppiando i numeri ottenuti in maglia giallorossa: con gli inglesi sigla infatti 7 reti in 26 match disputati. Non cambia colori, ma dice addio alla Roma all’alba della stagione 2006/07, quando sposa il progetto dei giallorossi della Turchia, vale a dire il Galatasaray. Con il club del medio-oriente resta per tre stagioni, attestandosi su numeri modesti, non eccellenti. Termina anzitempo la sua avventura al Galatasaray il 28 gennaio del 2010 con 38 reti all’attivo, appendendo definitivamente gli scarpini al chiodo a soli 33 anni e con un anno e mezzo di contratto non sfruttato.

Dopo il ritiro dal calcio giocato inizia la sua carriera da imprenditore, dedicandosi anima e corpo alla crescita e allo sviluppo della sua città, Kinshasa, la Capitale della Repubblica Democratica del Congo. Nel 2011 apre un lussuoso hotel nel centro della città, chiamato Villa Fatuma. Il calcio resta però la sua più grande passione, ed è per questo motivo che nel 2013 prende le redini di una delle società più antiche e vincenti del suo paese. Si tratta dell’AS Dragons, club (anch’esso giallorosso) di Kinshasa, che nella sua storia vanta 4 titoli nazionali, tutti vinti nel ventennio 1965-1984. Da presidente non è però riuscito a sconfiggere l’egemonia del Mazembe, vero e proprio cannibale nei confini nazionali e non solo, vista anche la vittoria della sua terza Champions League africana nel 2015.

Il più grande progetto post ritiro di Shabani Nonda è però legato ad un grande centro sportivo che ha fatto costruire nel comune di Kinkolé, nella sua Kinshasa. Nel 2013 ha dato il via ai lavori, spiegando in un’intervista che avrebbe voluto rendere alla gioventù congolese ciò che il calcio gli aveva dato nella sua carriera. Durante il periodo di costruzione, ha studiato per diventare dirigente sportivo e apprendere alcuni aspetti fondamentali per la gestione organizzativa di una società. "La gestione di un club e di un centro di formazione non possono essere improvvisate - ha spiegato -. E sebbene io sia stato un giocatore professionista, ci sono molti aspetti nell'organizzazione e nella gestione di una struttura sportiva che non ho mai controllato. Semplicemente perché non rientrava nel mio ruolo o nel mio lavoro quando ero sul campo. Questo è il motivo per cui ho deciso di approfittare di questo tempo, in attesa del completamento della costruzione del mio Centro, per iniziare questa formazione. Ci prenderemo il tempo necessario per costruirlo perché vogliamo fare qualcosa di buono e professionale sia in termini sportivi sia nella supervisione accademica dei futuri calciatori che vogliamo allenare”.

Questo progetto, portato avanti insieme ai suoi due connazionali ed ex compagni di squadra in Nazionale LuaLua e Makukula, è stato pensato per togliere molti bambini congolesi dalla strada e per portarli in un contesto sano ed organizzato. Il centro sportivo infatti si estende su un’area di 11 ettari, e comprende quattro campi da calcio regolamentari, uno per le partite ufficiali e 3 per gli allenamenti, più le infrastrutture correlate che consentono di ospitare fino ad un centinaio di ragazzi.

“Un simile progetto non può essere concepito dall'oggi al domani - ha spiegato successivamente lo stesso Nonda -. Copiare e incollare un modello europeo non è sinonimo di successo perché il calcio congolese ha le sue specificità. Come sapete, vivo a Kinshasa da alcuni anni ormai, ma sono stato in grado di dedicare del tempo allo studio e all'analisi dei problemi legati all'allenamento dei nostri calciatori. Oggi, dopo aver affrontato la questione, penso di aver maturato il mio progetto”.