Che fine ha fatto - Saliou Lassissi
La nomea di poter diventare il nuovo Thuram, tanti infortuni, un carattere fumantino e una buona dose di stregoneria: tutti questi ingredienti così eterogenei, se mescolati a dovere, portano a un nome e a un cognome, quello di Saliou Lassissi, curiosissimo difensore ivoriano che, seppur senza giocare neanche un minuto ufficiale, ha militato per ben tre stagioni nella rosa giallorossa. L’ex giocatore, tra le altre, di Parma, Sampdoria e Fiorentina, è il protagonista odierno di Che fine ha fatto.
Il granitico Saliou Lassissi inizia la sua carriera a 15 anni, con la maglia dei francesi del Rennes. Il giorno dopo il suo diciottesimo compleanno esordisce in prima squadra nella vittoria contro il Nizza, giocando da titolare e conquistandosi la fiducia del mister. Nella sua prima stagione colleziona 26 presenze che fanno rimbalzare il suo nome tra le scrivanie delle maggiori società europee. Di fatti, nell’estate del 1997 la Juventus annuncia il suo acquisto, ma poi la trattativa viene interrotta da Luciano Moggi visto che il difensore ha firmato due contratti, uno con i bianconeri e uno con lo stesso Rennes. La società torinese si tira indietro per mancanza di serietà da parte del calciatore, il quale nella sua seconda annata francese inizia ad avere i primi guai fisici che ne condizioneranno gran parte della carriera. Mette insieme una decina di presenze e lascia la Francia, accettando le avances del Parma, che alla fine del vecchio millennio godeva di un blasone ampiamente maggiore rispetto a quello attuale. Viene acquistato nell’anno in cui i ducali vinceranno Coppa Italia e Coppa UEFA, competizioni che però non entreranno nel palmarès di Lassissi visto che a ottobre passa in prestito alla Sampdoria.
Nella stagione 1998/99 quindi gioca con i blucerchiati riuscendo a trovare il primo gol italiano. Contro chi? Il destino ha voluto che il giorno di San Valentino del ’99, in una Roma-Sampdoria, Lassissi segnasse il momentaneo 1-1 dopo l’iniziale rete di un’altra meteora giallorossa, vale a dire Fabio Junior. I giallorossi vinceranno poi quel match grazie alla doppietta di Paulo Sergio. Alla fine l’ivoriano lascia la Sampdoria con uno score per niente invidiabile: 19 presenze, una rete e ben 4 espulsioni. Se non è un record, poco ci manca. Torna al Parma, gioca e vince la Supercoppa Italiana battendo il Milan e alzando al cielo il primo trofeo della sua carriera.
Durante la sua esperienza al Parma, nell’inverno del 2000 viene convocato per la Coppa d’Africa. Durante un allenamento nel ritiro della sua Costa d’Avorio, se la prende con il compagno Blaise Kouassi per un passaggio sbagliato, spaccandogli il labbro con una testata. Dopodiché ha insultato il CT Martin Gbonké Tia, che ha poi deciso di allontanarlo dalla Nazionale, in cui Lassissi da quel momento non giocherà mai più dopo 8 presenze. Rientrato ad Abidjan, Lassissi, oltre alla famiglia, ha trovato all'aeroporto la polizia militare, che lo ha condotto dal colonnello maggiore Mathias Doué, numero quattro della giunta militare al potere da soli venti giorni, ministro della gioventù e dello sport. Dopo un interrogatorio, Lassissi è stato internato nella caserma di Akouedo dove ha dovuto seguire un breve corso di istruzione civica e quindi fare le scuse al Paese, in diretta tv: questo per volere del presidente della Repubblica, il generale Robert Guéi, primo tifoso della nazionale. Espiata la sua colpa, Lassissi è stato rilasciato.
Torna in Italia e con i ducali mette insieme altre 14 presenze prima di partire in prestito alla volta di Firenze. Resta con la Fiorentina per una stagione, in cui più per le 14 partite disputate e per un gol, balza alla cronaca per un rocambolesco incidente automobilistico in cui finisce contro un secchione dell’immondizia e, successivamente, viene denunciato da una vigilessa per tentata aggressione. In maglia viola riesce comunque a vincere la Coppa Italia, mettendo in bacheca il secondo trofeo della sua carriera. In estate il Parma lo inserisce in un maxi scambio di plusvalenze con la Roma. In totale sono 6 i giocatori coinvolti, tre per parte, e tutti valutati 20 miliardi di lire. Lassissi, Fuser e Longo raggiungono la Capitale, mentre Gurenko, Mangone e Poggi fanno il percorso inverso.
Raggiunge quindi la Roma scudettata che incontra in finale di Supercoppa Italiana proprio la sua ex Fiorentina. Ancora una volta si ritrova dalla parte giusta e, senza giocare, mette in bacheca il suo terzo titolo in tre anni, nonché l’ultimo in carriera. Lassissi in quella partita non gioca, e non lo farà mai con la Roma, perché due settimane prima, nell’ultima amichevole precampionato, subisce un gravissimo infortunio. È il 7 agosto, all’Olimpico arriva il Boca Juniors. Lassissi è in campo, ha trai piedi un pallone molto semplice che può appoggiare al portiere. Alle sue spalle arriva come un tir Antonio Barijho che, nel tentativo di rubargli palla, lo manda a terra fratturandogli tibia e perone della gamba sinistra. Qualche giorno dopo l’operazione il difensore ivoriano afferma a Il Corriere della Sera: “Continuo a sentire dolore, soffro molto, non vivo più, dormo sul divano, mi sveglio come un barbone, dormo mezz’ora a notte. Non mi riconosco più, mi vedo male, anche la mia fidanzata mi chiede come è possibile che stia così”. L’inizio di un calvario e di una storia surreale. Ricoverato nella clinica di Villa Stuart, accusa i medici giallorossi di avergli assegnato una cura errata, con delle pillole inadatte ai suoi problemi, e rifiuta ogni tipo di iniezioni tirando in ballo possibili riti vudù, probabilmente derivanti dalle tradizioni del suo paese d’origine. “Non so che dire, sembra che nessuno, alla Roma, abbia mai avuto a che fare con un problema al nervo della gamba simile a quello che ho io”, rincara la dose Lassissi. Inoltre, si è aperto un contenzioso con la società perché, senza autorizzazione della stessa, ha lasciato la clinica per tornare a casa: “Mi davano le pillole sbagliate. Così ho deciso di curarmi a casa. Non sono una testa matta. Non ho mai avuto problemi con nessuno, nemmeno a Kapfenberg quando Capello mi rimproverava. Non so se alla Roma hanno pensato: Lassissi è questo, lasciamolo perdere. Ma se è andata così hanno sbagliato. Ho bisogno di essere aiutato e farei qualsiasi cosa per guarire”.
Nonostante un percorso di recupero non proprio regolare, Lassissi torna a disposizione del mister, ma si aprono nuovi problemi. Per questioni assicurative Franco Sensi decide di non farlo giocare, neanche con la Primavera, opzione che al contrario Fabio Capello avrebbe accettato di buon grado. “No, anzi. Lui voleva farmi giocare in Primavera contro l’Ascoli, ma la società ha bloccato tutto. Hanno detto che serviva un altro certificato medico, ma anche per il dottore era tutto a posto”. Questa col senno di poi si è rivelata una mossa societaria per risparmiare sul suo stipendio. Infatti, sempre ai microfoni del quotidiano, Lassissi ha spiegato: “Così approfittano per non pagarmi. Visto che non gioco, il presidente Sensi con me prende tempo. Potrebbe essere mio nonno, non voglio insultarlo ma nemmeno essere preso in giro. Una volta volevano darmi solo un mese su tre che mi dovevano. Gli ho risposto o tutto o niente. Come pagano Batistuta devono pagare anche Lassissi”. Un braccio di ferro conclusosi al Collegio Arbitrale, con l’ivoriano che è riuscito a ricevere tutto quello che gli spettava. Dopo 3 stagioni con 0 minuti disputati, lascia definitivamente Trigoria, la Serie A e, più in generale, il calcio che conta, con una laconica e simbolica frase: “La Roma mi ha rovinato e io, ancora oggi, mi chiedo il perché”.
Passa al Nancy, in Ligue1, dopo aver affermato: “Sarei stato un buon difensore, magari avrei vinto il pallone d’oro africano. Andrei a giocare ovunque, i soldi non mi interessano, voglio solo giocare. Datemi una possibilità”. Anche qui non riesce a disputare alcun minuto nell’annata 2005/06. Inizia a cambiare squadre su squadre fino al ritiro, avvenuto nel 2012. Dopo l’avventura francese torna nella sua Costa d’Avorio per giocare con il Daoukro, società militante nella terza serie nazionale. Resta qui per un anno e mezzo, prima di provare un’avventura in Svizzera con il Bellinzona di mister Petkovic. Al primo allenamento si presenta con un SUV bianco, entra nello spogliatoio e, parlando al tecnico in terza persona, afferma: “Qui bisogna ascoltare Lassissi, Lassissi comanda la difesa”. Forse un’eccessiva dose di sicurezza lo ha portato a mettere insieme solamente tre disastrose apparizioni prima di archiviare anche l’esperienza svizzera. Torna in Francia con la maglia dell’Entente, militante quinta divisione nazionale. Con l’abbassamento del livello riesce a trovare una discreta continuità, firmando due reti in 14 apparizioni. A fine anno lascia il club restando senza squadra. Dopo tre anni di inattività, vola in Polonia, sposando il Sokół Skromnica, ultimo club della sua carriera. Qui gioca per due stagioni in un club amatoriale, nella B-Klasa, campionato che non prevede retrocessioni, prima di appendere definitivamente gli scarpini al chiodo.