Che fine ha fatto - Ludovic Giuly
A 31 anni è arrivato a Roma con oltre 500 presenze ufficiali alle spalle con le maglie di Lione, Monaco e Barcellona, oltre a un palmarès di tutto rispetto. Un calciatore dalle doti tecniche superiori che nella Capitale resta per una sola stagione, mettendo al servizio della squadra tutta la sua esperienza. Quelle con i blaugrana e con i giallorossi sono le sue uniche avventure al di fuori della Francia, la sua patria, in cui è nato, cresciuto, ritirato e diventato allenatore. Questo è Ludovic Giuly, il protagonista odierno di Che fine ha fatto.
Come nelle grandi storie, la carriera di Ludovic Giuly si apre e si chiude nella tranquille mura di un piccolo club di provincia, il Monts d’Or Azergues. È proprio qui che muove i primi passi, prima di passare all’Olympique Lione. Nel 1995 fa il proprio esordio nei professionisti nella sfida contro il Cannes. È la prima di 131 partite con la maglia de Les Gones, di cui 100 in Division 1 (antenata della Ligue 1) e 17 nelle competizioni europee. Il suo Lione non è ancora quello dominante di Juninho Pernambucano, quello capace di conquistare 7 titoli francesi consecutivi, per questo quando Giuly passa al Monaco nel gennaio del 1998 nella sua bacheca compare solamente una Coppa Intertoto. Passa nel Principato per 6 milioni e mezzo di euro, compiendo un importante passo in avanti nella sua carriera. A cavallo trai due millenni infatti il Monaco è una delle squadre più forti d’Europa. Di fatti nelle sue 6 stagioni e mezzo gioca quasi sempre in Europa e arriva due volte anche in finale della Supercoppa francese. Nella sua ultima annata con la casacca biancorossa (2003/04) arriva addirittura a giocare la finale di Champions League. In quella sfida contro il Porto Ludovic Giuly è costretto a uscire dal campo nel primo tempo per un infortunio, accontentandosi di sedersi in panchina e vedere i suoi compagni naufragare sotto i colpi dei Dragões di José Mourinho, che si impongono 3-0. Alla fine del suo ciclo col Monaco Giuly si congeda con in bacheca un campionato francese, una Coppa di Francia e una Supercoppa di Francia, con 239 presenze e ben 61 reti.
Nel 2004 ormai è considerato uno dei calciatori più importanti d’Europa e viene acquistato dal Barcellona per la cifra di 7 milioni di euro. Nel club blaugrana si ritrova a completare un attacco i cui altri due elementi sono Ronaldinho ed Eto’o. Con un tridente del genere nei suoi tre anni a Barcellona vince tantissimo: porta a casa due campionati spagnoli, due Supercoppe di Spagna e anche la tanto agognata Champions League nella stagione 2005/06. Nonostante un gran numero di trofei, Giuly e compagni falliscono tante altre occasioni. Le più ghiotte sono senza dubbio la Supercoppa Europea, persa contro il Siviglia, e il Mondiale per Club, perso contro l’Internacional (penultima squadra non europea ad aggiudicarsi il trofeo; l’ultima è stata il Corinthians nel 2012 contro il Chelsea). Saluta il Camp Nou con 26 reti in 124 presenze, e nell’estate del 2007 viene acquistato dalla Roma.
I giallorossi lo prelevano per 3,2 milioni di euro più 400.000 euro di bonus. Diventa un giocatore fondamentale per lo scacchiere di Luciano Spalletti, che impiega il francese sia come trequartista che, sporadicamente, come esterno. Proprio sul tecnico di Certaldo Giuly ha rilasciato un’interessante intervista: "Spalletti mi chiamò dicendo che avrebbe voluto portarmi a Roma, io telefonai a Mexes e lui mi disse che sarebbe stato bellissimo e che mi avrebbe aiutato ad inserirmi - spiega il francese -. Ero felice di andare dove mi desideravano, trovai uno stile di allenamento completamente diverso rispetto alla Spagna, dove usavamo quasi solo il pallone. A Roma facevamo molta palestra, soffrivo la preparazione fisica e dopo ogni allenamento ero davvero stanco. Il mese di agosto fu molto complicato, non ero sicuro di adattarmi al meglio ma per fortuna Mexes mi è stato vicino. Spalletti è un allenatore con molto carattere, quando arrivai a Roma non ne sapevo molto di tattica, lui me l'ha fatta studiare a fondo per tre mesi. All'inizio rimasi scioccato perché tutti facevano la stessa cosa e io mi sentivo quasi incapace di giocare a calcio, mi sembrava di vivere in un videogioco che si ripeteva identico ogni mattina. Poi però durante le partite si notava che il lavoro fatto in settimana aveva un senso, tutti sapevano alla perfezione cosa fare. Spalletti è molto preparato tatticamente. Era troppo diretto, non ti metteva a tuo agio e non accettava che si mettessero in discussione le sue idee, per questo ho avuto qualche problema con lui. In ogni caso abbiamo avuto un buon rapporto, mi ha insegnato tanto e ha fatto grandi cose per la Roma”.
Nonostante abbia giocato al fianco di tanti fenomeni nell’arco della sua carriera, Ludovic Giuly rimane stupito di Totti e De Rossi: “Vedendo De Rossi e Totti ho capito cosa significa essere una bandiera in Italia, dove spesso un giocatore diventa il simbolo di una squadra, come è successo anche a Maldini e Del Piero. È stato interessante entrare nel loro mondo e spesso gli chiedevo perché non avessero mai accettato di lasciare la Roma. Sono troppo italiani, amano la loro città, la maglia, la squadra con la quale giocano da sempre e quindi non possono andarsene, per loro sarebbe drammatico. Io avrei voluto fare lo stesso al Monaco, ma De Rossi e Totti sono diversi, la Roma gli scorre nelle vene, iniziavano a parlare del derby quindici giorni prima dicendo che perdere sarebbe stata la fine del mondo. Questi valori oggi nel calcio sono molto rari”.
Come ogni straniero che passa per Roma, poi, c’è sempre il complicato e particolare rapporto col pubblico giallorosso: “I tifosi? I tifosi a Roma sono diversi rispetto a quelli francesi o di Barcellona, quando le cose non vanno sono sempre pronti a farsi sentire. Totti e De Rossi, per esempio, sono prima di tutto due tifosi, uguali a quelli che vanno allo stadio. All'inizio questa situazione mi scioccava, al ristorante sconosciuti si sedevano al mio tavolo per parlare di calcio e io non capivo cosa volessero. Per loro però funziona così: se giochi nella loro squadra si sentono in diritto di venirti a salutare, disturbarti se sei con la tua famiglia o in riunione. Ho imparato ad apprezzare tutto questo, anche se quando i risultati non arrivavano la situazione diventava meno simpatica. Lo spettacolo allo stadio però era fantastico”.
In maglia giallorossa Giuly riesce a conquistare due trofei, portando avanti la sua tradizione positiva: è protagonista nella vittoria della Supercoppa Italiana del 2007 e della Coppa Italia del 2007/08, a oggi ultimo trofeo ufficiale del club. Proprio su quella partita afferma: “L’Inter aveva dominato in campionato e non sapevamo bene come avremmo dovuto gestire la finale di Coppa Italia - spiega Giuly -. Giocavamo a Roma e disputammo una partita perfetta. Sono fiero di aver vinto un titolo in ogni club dove sono stato. Roma aveva bisogno di una vittoria del genere, è stato bellissimo celebrarla insieme ai nostri tifosi. In campionato ero stato espulso: subimmo un contropiede - ricorda il francese -, il portiere si fece saltare e d’istinto misi la mano per fermare il pallonetto di Ibra, causando un rigore e venendo espulso. In partite del genere non puoi permetterti certi errori e infatti prendemmo quattro gol". Lascia la Roma dopo una sola stagione con ben 48 apparizioni e 8 reti siglate.
Sempre nel 2007 pubblica il libro “Giuly by Giuly” in cui fa luce su un caso che lo vedeva contrapposto al CT della Francia Domenech. Infatti, nonostante le sue buone prestazioni, Giuly resta fuori dalla lista dei 23 per il Mondiale del 2006. Come rivela lui stesso nella sua autobiografia, questo è avvenuto in seguito a un messaggio che ha inviato a Estelle Denis, moglie dell’allenatore francese. Giuly ha così spiegato: “In seguito fui convocato e decisi di parlarne apertamente con lui spiegandogli che non sapevo neppure che fossero insieme, e che tra noi non c’era mai stato nulla. Mi disse di essere al corrente di tutto e di aver letto il messaggio. Senza voler essere scortese - aggiunge Giuly - Estelle Denis non è il mio tipo e non abbiamo mai avuto una relazione o mai desiderato averne una”. Infatti in nazionale Giuly ottiene poco più di 20 presenze, giocando anche nella Confederations Cup del 2003, vinta in finale ai tempi supplementari contro il Camerun. Curioso il siparietto avvenuto qualche anno dopo, che ha sempre a che fare con la Nazionale. Durante la partita Bosnia-Francia, valida per le qualificazioni ad Euro 2012 e vinta dai Bleus di Laurent Blanc per 2-0, Giuly si è lasciato andare a uno spogliarello quasi integrale in un locale parigino, restando alla fine con indosso le sole mutande. Il giocatore, visibilmente brillo, è stato riconosciuto dai presenti ed alcuni lo hanno anche filmato, postando poi il contenuto del video su Youtube.
Tornando ai club, nel 2008 lascia Roma e vola a Parigi per sposare il progetto del Paris Saint-Germain, ancora lontano dall’essere il cannibale di Francia. Di fatti nel triennio parigino riesce a portare a casa solamente una Coppa di Francia (continuando comunque la sua tradizione positiva in ogni club). In totale mette insieme 125 presenze e firma 15 reti, terminando di fatto la parte bella e vincente della sua carriera. In questo periodo col club della Capitale francese è da ricordare il suo contagio da Influenza Suina, che colpisce anche i suoi due compagni Jérémy Clément e Mamadou Sakho, fatto che comporta lo slittamento della gara con il Marsiglia.
Lascia il PSG e afferma: "La dirigenza del Paris mi ha spesso ripetuto che avrei continuato a giocare con loro un altro anno - ha rivelato a RMC - Ho aspettato tanto ma non mi è mai stato fatto firmare alcun contratto. È stato irrispettoso da parte loro. Avrei preferito sentirmi dire Giuly, non ci servi più. Sono deluso da questo tipo di comportamento". Torna quindi al Monaco, che milita in Ligue 2, e firma 5 gol in 29 presenze, che non bastano al club per risalire nella massima serie francese. Dopo una sola annata lascia il Principato e va al Lorient. Anche qui resta per una sola stagione, in cui mette a segno due reti in 20 apparizioni. A 37 anni, in un Lorient-PSG, dà l’addio al calcio giocato.
Non è però l’ultima avventura della sua lunga carriera. Vi ricordate la grande storia di cui parlavamo all’inizio? Bene, dopo aver vinto tantissimo e dopo aver giocato al fianco dei calciatori più forti del mondo, con l’umiltà di un ragazzino e la passione per lo sport, Giuly torna al Monts d’Or Azergues, nella quarta serie francese, per ben tre anni. Il fisico non è più quello di una volta, ragion per cui si limita a giocare una quarantina di partite, condite da 16 gol. Il suo legame con questo club è talmente forte che dopo il suo ritiro definitivo, arrivato nel 2016, gli viene intitolato lo Stadio, a oggi Stade Ludovic Giuly.
Dopo aver appeso definitivamente le scarpette al chiodo, Giuly torna al Monaco sotto le vesti di ambasciatore del club. Infine, nel 2019, viene nominato assistente dell’allenatore del Monaco B, seconda squadra del club di Montecarlo, che milita nella quarta serie francese.
Al di fuori del calcio, Giuly ha lavorato come redattore per Radio Monte Carlo dal settembre del 2006 al marzo del 2007. Ha due figli, Giulian e Maylie, e ama il mare, tant’è che sul suo profilo Instagram ci sono diverse foto che lo ritraggono a bordo del suo catamarano.