L'evoluzione della Roma di Garcia
Dal momento del suo insediamento, la società americana ha sempre puntato ad avere una squadra che rispecchiasse una precisa idea di gioco. Su questo si sono basate le scelte di Luis Enrique e di Zdenek Zeman, che non hanno portato i risultati sperati; su questo si è basata anche la scelta di Rudi Garcia, il cui Lille giocava un calcio efficace, piacevole e riconoscibile, caratteristiche che perfettamente si abbinavano alle esigenze giallorosse. Lo straordinario merito del tecnico francese è però quello di essere andato oltre, vale a dire di aver costruito una squadra con una propria identità e al contempo capace di adattarsi alle varie situazioni tattiche che di volta in volta si sono presentate.
A inizio stagione, visto il pessimo rendimento difensivo dei campionati precedenti, è stata privilegiata la solidità: questo non serrando le linee e aspettando a oltranza, ma aggredendo i portatori di palla avversari per non farli avvicinare alla porta e recuperando palloni nella metà campo opposta per ribaltare l'azione. Da questo nascono le prime cinque gare vinte in campionato, in cui al duplice fischio di chiusura del primo tempo la Roma non aveva mai fatto gol e a Parma si è addirittura trovata sotto nel punteggio, prima di segnare a raffica nei secondi tempi. In queste gare, l'assetto di base prevedeva Totti in posizione di falso 9 con Florenzi principale incursore e il sacrificio di Adem Ljajic, protagonista di subentri e titolare solo a Parma.
Il rientro di Mattia Destro ha poi cambiato le carte in tavola, con Garcia che ha alternato alla formula vincente di inizio stagione uno schieramento con il numero 22, supportato da un centrocampo più muscolare e due attaccanti esterni chiamati a servirlo. L'innesto di Radja Nainggolan si è rivelato decisivo in questo senso, dando abbondanza numerica al reparto e allargando il ventaglio delle opzioni a disposizione di Garcia, che di volta in volta ha potuto scegliere se partire coi tre mastini o con Pjanic al posto di uno dei due intermedi, aumentando la qualità del pacchetto.
Dopo l'infortunio di Federico Balzaretti, Dodò ha preso in mano la fascia sinistra mettendo in mostra tutte le sue caratteristiche, più voltate alla fase offensiva che a quella di contenimento. Il suo stop ha poi costretto Garcia a schierare Vasilis Torosidis o Alessio Romagnoli, bloccando quella corsia, permettendo a Maicon dall'altra parte di spingere con più tranquillità e facendo nascere un'altra variante tattica del suo camaleontico 4-3-3, spesso modificato in 4-2-3-1 con il bosniaco in campo e che ha fatto vedere più facce: quella più difensiva e basata sulla ripartenza come nelle gare con l'Inter e a Cagliari, in cui Gervinho è ancor più importante del normale, e quella più dominante come visto contro Atalanta e Milan, con i giocatori tecnici come Pjanic e Ljajic sugli scudi e un possesso palla nella metà campo opposta davvero efficace e produttivo.
Questa evoluzione ha reso la Roma una squadra capace di affrontare quasi ogni situazione tattica offensiva e difensiva, ma soprattutto libera dalla schiavitù del singolo sistema di gioco senza dover rinunciare a uno spartito ben definito. Forse la conquista sulla carta più difficile per la squadra giallorossa, che può guardare in faccia ogni avversario senza rischiare di non sapere come contrastarlo.