Tancredi: "Nel 2012 volevo portare Handanovic a Roma. Mi piace molto Meret"

07.09.2020 17:25 di  Alessandro Pau  Twitter:    vedi letture
Tancredi: "Nel 2012 volevo portare Handanovic a Roma. Mi piace molto Meret"
Vocegiallorossa.it
© foto di Daniele Buffa/Image Sport

L'ex portiere giallorosso Franco Tancredi è intervenuto sulle frequenze di Centro Suono Sport 101.5 durante la trasmissione "Altrimenti ci arrabbiamo". Ecco le parole: 

Come stai?
“Bene bene grazie”.

L’ultimo rigore in carriera lo hai parato a Baggio
“È stato uno dei più belli perché grazie alla tecnologia sono riuscito a capire dove avrebbe tirato. Non è come adesso che ci sono cose innovative, ma si faceva con la penna e la carta (ride, ndr)”.

Come si para un rigore?
“Ci vuole grande intuito, reattività e furbizia nel capire dove possa tirare il rigorista. Io ho avuto questa dritta del mio maestro che mi diceva di non muovermi mai prima. Ho sempre detto che un rigore parato è un rigore sbagliato, perché chi è bravo a tirare segna sempre. Ho rivisto i miei rigori, c’è una stragrande di maggioranza che ho parato bloccando il pallone, magari era la mia prerogativa e avevo lacune in altri aspetti. Forse l’unico che potevo parare era quello di Rush”.

Qual è il rigore calciato perfetto?
“È quello che ti batte sul tempo, anche se indovini l’angolo non ci arrivi, come fa Ronaldo. In undici metri non c’è il tempo di arrivarci”.

Esiste un metodo per cui non si parte già battuti? Pau Lopez dice che non sono il suo forte
“Me lo sono chiesto anche io, ma ci sono portieri che hanno l’attitudine come Handanovic, che nel 2012 volevo fortemente alla Roma. Serve la reattività, la rapidità. Vedere Pau Lopez così rassegnato… Il calcio di rigore è come un mezzo gol, ma poi il portiere deve dare tutto per poterlo parare. Non è la sua prerogativa ma deve fare qualcosa di più”.

Si tratta anche di una gara di nervi…
“È una questione di testa, almeno per me era così, non partivo mai rassegnato. Pensavo di poter fare le fortune della squadra e un po’ ci sono riuscito”.

In carriera hai parato quasi il 50% dei rigori
“Anche se le percentuali oggi sono maggiori, era difficile avere un rigore. In quella partita di Coppa Italia (1979/80) ho parato tre rigori: vi racconto l’episodio. Giochiamo con la Ternana e passiamo in finale. Nel pomeriggio c’era il ritorno di Juventus-Torino, mi sono messo con carta e penna a vedere dove tiravano i rigori. Quelli che ho visto hanno tirato tutti dalla stessa parte. Con i mezzi di oggi si può mettere in difficoltà l’avversario. Conta anche l’altezza: a me piacciono i portieri alti che coprono tutta la porta”.

Un portiere alto non ci mette più tempo ad andare giù?
“Sì, ci si deve lavorare tanto, ci sono accorgimenti, poi con una bella apertura alare diventa più facile”.

Non si può improvvisare un portiere
“Non si può lasciare niente di intentato. Ci sono match analyst, c’è lo studio. Il portiere deve mettere in difficoltà l’avversario.

Che ne pensi della necessità di avere un portiere bravo con i piedi?
“Il portiere deve parare. È normale che ora il calcio sia cambiato e molti partono da dietro con degli schemi, ma così non va bene. Spesso vedo degli errori tecnici pari a quelli che si fanno con i piedi. Ora ci sono mezzi nuovi e migliori come i palloni e i guanti. Le respinte non sono più buone: non mi convince la questione di dover aver un portiere bravo con i piedi”.

Qual è il miglior portiere in circolazione?
“Ce ne sono tanti. Io dico Alisson, ho un amore viscerale, lo scorso anno col Tottenham ha fatto la partita perfetta, sempre attento e concentrato. Un portiere su cui punto tanto per il futuro e che credo abbia grandi potenzialità è Meret. Con lui c’è da lavorare, si possono mettere a posto alcune sbavature ma ha un bel potenziale”.