Petrachi: "Prima di prendere Fonseca avevo sentito Conte e Gasperini. Mancini? Quando smetterà di giocare farà l'allenatore"

Petrachi: "Prima di prendere Fonseca avevo sentito Conte e Gasperini. Mancini? Quando smetterà di giocare farà l'allenatore"Vocegiallorossa.it
© foto di Nicola Ianuale/TuttoSalernitana.com
Oggi alle 16:05Interviste
di Benedetta Uccheddu

Petrachi ha rilasciato un' intervista a Doppiopasso podcast. Queste le sue parole: 

Sul tuo rapporto con Pallotta. Voglio sapere, secondo te, perché si è arrivati a quello? Cioè, qual è stato il problema reale? Perché si è arrivati a un non-rapporto? Cioè, tu raccontavi da qualche parte che lui ringrazia tutti e non ringrazia te. Perché?
«Perché in quel momento raccontavano delle cose non vere del mio operato, l'ex amministratore delegato. Raccontava ciò che voleva lui. Diceva che io ero contro i giocatori che non mi potevano vedere, che Fonseca non mi sopportava, assurdità».

Tu avevi un ottimo rapporto con i giocatori?
«Ottimo».

Tutti?
«Ancora oggi qualcuno di loro lo sento ancora. Uno poi si rende conto. Al di là poi di determinate cose, se sta sulle balle. Ma io avevo un rapporto ottimo con tutti. E ripeto, non c'erano problemi di sorta. Potete chiedere ancora ai ragazzi Pellegrini, Mancini, Cristante, quelli che stanno ancora lì. Si può chiedere che rapporto avevano Petrachi. E Petrachi come si comportava all'interno del gruppo, perché questo diventa fondamentale. Ma c'erano perché. Era ben visibile. Io, quando sono arrivato, ho cercato di dare delle regole che poi ne hanno beneficiato altri, ne ha beneficiato Mourinho. Roma era un porto di mare, entrava di tutto, di più. Ho cercato di allontanare delle persone che secondo me non facevano il bene. All'interno della struttura nostra stessa c'erano delle persone che parlavano molto, parlavano con la stampa. C'erano delle situazioni e questo dava fastidio perché in qualche modo a Roma, quando sono arrivato io, c'erano 400 dipendenti. Area marketing, area questo, area quest'altra. Una follia assoluta per quanto mi riguarda. Poi come ho detto è un club top. Avevamo pure i responsabili della cancelleria. La cosa che mi ha dato fastidio, lì è stato un mio errore. Prendere un aereo, mettermi su, andare a Boston, dove stava il Presidente. Parlare con lui e dire, ma come, ma perché questa cosa? Cos'è che ti stanno raccontando? Però sai, sono sempre quelle situazioni che io dico, tanto prima o poi verrà. Quando viene qua, ma quel prima o poi non è mai arrivato».

Perché lui, in realtà, non c'è mai stato poi, no?
«Sarà venuto due volte. Tant'è che poi, nel dopo, a volte nei messaggi, parlando su WhatsApp, mi chiede scusa. Col tempo ho capito.Poi sai, sto benedetto stadio che non si faceva. Lui ci teneva tanto. Ecco, la comunicazione diventa di straordinaria importanza. Un elemento che ho imparato è proprio questo. Cioè, lui, gli fanno anche comunicare male delle cose. Tant'è che poi va anche sulle scatole a tanti tifosi, no? Perché dice questo, dice questo. Ma a volte sono anche delle frasi che ti escono fuori perché magari quello ti ha raccontato della Roma. Eh, la tifoseria ce l'hai tutta contro. C'è bisogno che tu intervieni. Perché se non vivi il quotidiano, se non stai lì, se non capisci... Non te ne accorgi, non lo sai. E ti fai raccontare delle robe da gente del secondo e terza che magari hanno una loro visione. E succede. E poi lui era anche stanco. Lui voleva venderlo. Poteva finire diversamente, ma soprattutto, secondo me, si era aperto un percorso importante. A Roma, quello che hai fatto si è percepito. Cioè, lo dico proprio. A Roma, quello che ho sentito sempre, soprattutto nei momenti di difficoltà di Fonseca è sempre stato... "A Roma serve uno che sistema un po' di cose perché Roma è sempre un macello".  La gente di Roma a me mi ha dato tanto. Tanta gente che mi incontrava per strada mi chiedeva di continuare a lottare. Cioè, le attestate di stima le ho sempre avuti. E onestamente io sono stato orgoglioso di lavorare per la Roma. A me emozionava tutto questo». 

Quando hai preso Fonseca non avevi un rapporto con lui?
«L'avevo seguito Fonseca, l'avevo seguito. Era un allenatore che mi intrigava e vedevo che le sue squadre erano abbastanza codificate, però Fonseca nella lista era l'ultimo».

Possiamo sapere gli altri?
«Parlai con Antonio Conte, immediatamente, sia con Conte che con Gasperini. Con Antonio c'è stato sempre un legame molto forte, siamo cresciuti insieme. Nel settembre dell'81 ci siamo conosciuti e abbiamo fatto tutta una trafila insieme, quindi sarebbe venuto. Poi si confrontò con la proprietà e feci parlare anche con il presidente, con Pallotta, ma alla fine c'era qualcosa che non quadravo. Mi sono detto: "O Antonio o Gasperini, io casco bene". Solo che uno era un amico, quell'altro era un allenatore conoscente che stimavo, che mi piaceva molto perché volevamo già portarlo al Torino con Cairo qualche anno prima. Antonio a un certo punto mi dice: "La situazione non mi convince del tutto, non vedo quella voglia di vincere". C'è una visione, c'è un'idea, abbiamo già anche visto qualcosina della squadra, così come con Gasperini, però Gasperini fu onesto, mi disse: "Io ho un rapporto importantissimo con la famiglia Percassi, con Antonio, spero che mi liberi perché io ho ancora un altro anno di contratto, però non voglio rinnovare perché ci sono delle cose che non mi piacciono all'interno del club". Poi la terza scelta era De Zerbi e Roberto mi disse: "Ho dato la parola d'onore al presidente Squinzi, non lo posso tradire". La parola d'onore per me conta moltissimo. Io gli dissi, chapeau, avrei voluto vedere qualche altro tuo collega nella stessa condizione. E poi naturalmente mi incontrai con Fonseca, ne parlavamo prima, parlavamo di tante situazioni, poi ci furono dei contatti, delle situazioni, e poi successivamente si formalizzò la cosa. Ma come allenatore piace tuttora, ha una visione di calcio. Ripeto, i 70 punti non li ha fatti nessuno, lo voglio rimarcare questa cosa, perché alla fine, sì, se vinte la conferenza con il campionato fecero 64 e 66. Se devo trovare un qualcosa per Fonseca, dico che se avesse avuto un pochino di carattere in più, secondo me quello gli avrebbe fatto fare una differenza, perché secondo me poteva essere da Milan».

Quell'anno va via De Rossi.
«Guarda, io posso dirti, e lo dico a distanza di tantissimi anni, non ho mai detto questa cosa, se avessi avuto accanto Totti, forse la storia sarebbe andata diversamente. Perché io chiesi a Totti di voler rimanere al mio fianco, per essere veramente il mio braccio destro. Mi sarebbe piaciuto tantissimo».

Sei tu che non hai fatto andare Dzeko all'Inter?
«Sì, sì, sì. Quando arrivai io dissi: "No Dzeko non si muove».

Ma lì tu parli con lui...Cioè, come funziona? Perché io mi immagino lui fosse già proiettato ad andare all'Inter, no?
«Sì, lui doveva andare con il mio amico Antonio Conte. E io gli dissi: "Guarda che non l'ho mai fatto, ma con te lo voglio fare. Perché per me rappresenta un giocatore troppo importante in questa Roma. Io dò gli stessi soldi che gli dà l'Inter, e tu che fai? Rimango a Roma". È uscito fuori l'uomo. Ed è un ragazzo straordinario, un ragazzo eccezionale. Mi è stato anche tanto d'aiuto per lo spogliatoio, un ragazzo serio. Alla Roma l'hanno capito un po' in ritardo. Perché a volte accade, no? Qualche gol l'aveva anche sbagliato, o anche qualcuno di clamoroso, ma ne ha fatti fare tanti. È un giocatore che comunque si trovava sempre, è un giocatore che spostava gli equilibri. Anche all'Inter fece la differenza. Alla fine riuscirono a prenderlo quando andai via io». 

Su Mancini. 
«Devo dirti che è cresciuto tantissimo e soprattutto è cresciuto di testa, perché prima, glielo dicevo anche in faccia, era un pochino troppo esuberante, a volte diventava quasi presuntuoso ed era una cosa che nel calcio va bene, non essere troppo timido, essere un fidino, non ti dico convinto, quella sana presunzione ti aiuta a non vivere le cose sempre sentendoti inferiore o in difficoltà al tuo avversario, quindi quella sana consapevolezza si deve essere, però lui secondo me andava oltre. Per me è quando smetterà a fare l'allenatore, perché è troppo intelligente da un punto di vista tecnico-tattico, quindi lui comprende quando la squadra è schiacciata, quando la squadra ha bisogno e lui come vedi o ti entra dentro o va a fare addirittura la sovrapposizione. È vero che sicuramente Gasperini lo lascia a briglie sciolte, ma perché ha compreso la capacità di lettura che tu puoi avere sostanzialmente nel campo. Ho giocato un anno anche da giocatore con Marco Materazzi e Marco aveva questo tipo di proprietà, da centrale intanto te lo vedevi che andava in attacco, si inseriva senza che nessuno glielo chiedesse, era proprio un suo istinto, una sua capacità, non è da tutto. Avere quei tipi di giocatori è tantissima roba, perché tu rompi un equilibrio, rompi uno schema che l'avversario non riconosce e quindi ci sono delle differenze lì che dici ma i giocatori stanno in campo, sono loro che giocano, è vero, però potete avere anche degli interpreti itali nella tua squadra che hanno un certo tipo di caratteristiche. Mancini è un giocatore che oggi potrebbe giocare in qualsiasi squadra perché ha acquisito una capacità interiore assoluta ed è un giocatore non c'è paura di nessuno. Quindi io in Mancini vedo uno di quelli che ha quella grinta che abbiamo sempre avuto poi nella nostra nazionale. Sì, in realtà forse ne dovremmo avere qualcuno in più». 

Su Totti.
«La mia esperienza con Totti è diventata una storia diversa, perché ho chiesto a Totti di essere il mio braccio destro. Se ti posso regalare la mia esperienza e farti diventare un direttore sportivo a tutto tondo. Totti diceva che non se la sentiva perché aveva paura che si ripresentasse il problema degli anni precedenti. Forse se ci fosse stato, il percorso sarebbe stato un po' diverso».