Mancini: "Arrivare così vicini all’obiettivo, dopo un brutto girone d’andata, è qualcosa di unico"

Intervenuto in conferenza stampa al termine della vittoria contro il Milan, Gianluca Mancini ha rilasciato le seguenti dichiarazioni:
Mancini in conferenza stampa (a cura dell’inviato all’Olimpico Gabriele Chiocchio)
Se ti avessero detto a fine 2024 che a 90’ dalla fine del campionato la Roma potesse essere ancora in corsa per la Champions cosa avresti pensato?
«La verità o una bugia? No, no, scherzi a parte. Come ho detto tante volte, il percorso che abbiamo fatto dal giorno dopo il derby fino ad oggi è stato qualcosa di unico. Ci siamo sempre detti di pensare a una partita per volta, domenica dopo domenica, anche in mezzo agli impegni di Europa League. Abbiamo cercato di concentrarci solo sulla gara successiva. Il mister è stato molto bravo a ruotare tutti i giocatori, a farci recuperare energie. Poi, nell’ultimo periodo, quando cominci a vincere, a non perdere più, inizi a guardare la classifica e a dirti: “Proviamoci, proviamoci, proviamoci”. E arrivare a 90 minuti dalla fine così vicini all’obiettivo, dopo un brutto girone d’andata, è qualcosa di unico. Siamo davvero orgogliosi».
Che valori lascia Ranieri dentro allo spogliatoio? Chi sarà il nuovo allenatore?
«Non so chi sia, veramente. Il gruppo è sempre stato unito fin dall’inizio dell’anno. Abbiamo avuto tre allenatori, e sapete tutti che periodo abbiamo attraversato tra settembre e novembre. Ma non ci siamo mai disuniti. A Trigoria c’era serenità: il gruppo era forte, compatto. Non c’è mai stata una discussione tra di noi, nemmeno nei momenti più nervosi. Siamo sempre stati uniti e con la voglia di ottenere risultati. Poi nel calcio servono alchimia, equilibri, tanti fattori che ti permettono di vincere le partite. Il mister ha trovato un gruppo sano, molto unito. E ci ha messo tanto del suo. Come ho già detto, negli allenamenti ha portato serenità. Perché è vero che tra di noi stavamo bene, ma in quel periodo andavi a Trigoria con il mal di stomaco. Perché non vincere ti fa vivere male anche la giornata. Con il suo arrivo, invece, ci ha trasmesso tranquillità. Poi certo, abbiamo perso delle partite: a Napoli, in casa con l’Atalanta, abbiamo pareggiato all’ultimo con il Tottenham. Ma anche in quelle gare ci sono state prestazioni che ti facevano capire che eravamo sulla strada giusta. Quello che abbiamo fatto è qualcosa di unico. Il mister lascia un gruppo davvero unito, una vera famiglia. Un gruppo che, dopo il suo passaggio, è ancora più speciale».
Hai avuto molta continuità a livello disciplinare. Al posto di Spalletti ti chiameresti in nazionale?
«A livello disciplinare? Sono migliorato tanto. Mi riguardo molte partite e ho notato che ne ho giocate tantissime con il cartellino giallo. Devo ancora migliorare, perché non sono del tutto guarito da certi automatismi. A volte ho quei due o tre secondi in cui mi scatta qualcosa e sbaglio. Lavorare su questo mi aiuta a gestire meglio le situazioni, a evitare cartellini inutili e a restare più lucido. Anche la posizione in campo fa la differenza. Da braccetto mi capitava spesso di affrontare esterni più piccoli, più rapidi e veloci di me. Magari facevo uno sforzo prolungato di tre minuti, andava via un po’ di ossigeno al cervello e partiva quella scintilla di follia. Da centrale è diverso: devo stare attento, controllare tutta la linea, guardare i movimenti dei compagni e ragionare di più. Anche questo cambio di ruolo voluto dal mister mi ha responsabilizzato molto di più. La nazionale? Decide il mister e la sua decisione è sacra. Se vengo chiamato prendo il treno, se non vengo chiamato faccio il tifo».
Cosa è successo con Gimenez? Cosa vi lascia Ranieri, che segreto ha?
«Il contatto con Giménez? Stasera, sinceramente, nulla di particolare. È stata un’azione di gioco: l’ho trattenuto un attimo, non so esattamente come sia andata, ma ho visto la sua reazione, quel gesto della gomitata sul petto, che è un gesto antisportivo. È normale che, con un gesto così, vieni espulso. Per il resto, quello che dice il mister è vero: non c’è un segreto. Sarebbe facile dire che c’è un trucco. Quando le cose andavano bene, lui non si è mai montato la testa. Quando invece perdevamo, appena arrivato, ci ha sempre detto: “Ragazzi, dobbiamo ricominciare a respirare”. Ma anche nelle sconfitte ha sempre mantenuto equilibrio. È stato duro quando doveva, mi ricordo una partita dopo Como in cui si è arrabbiato davvero. Ha trovato il giusto equilibrio, come fa un bravo padre con i suoi figli: bastone e carota, tanto dialogo. Ha coinvolto tutti, ha fatto ruotare i giocatori, e questo ha responsabilizzato la squadra. Gli allenamenti sono stati sempre fatti bene, con tranquillità, ma con serietà. Un vero segreto non c’è. Non ci ha mai messo troppa pressione dicendo “dobbiamo risalire per forza”, ci ha lasciato tranquilli, ci ha permesso di concentrarci solo sul dare il massimo. E questo l’ha sempre sottolineato: potete sbagliare tecnicamente, sbagliare un gol o un intervento difensivo, ma dovete dare tutto. E il massimo l’abbiamo dato. A volte abbiamo dato tutto e abbiamo comunque perso, ma non è mancato mai l’impegno. È arrivato nel momento del bisogno, con la sua esperienza, e dobbiamo solo ringraziarlo per quello che ha fatto e per ciò che ci ha portato. Anche noi giocatori siamo stati bravi a seguirlo, a fare quello che andava fatto. Ci metto dentro anche il pubblico, che ci è stato sempre vicino, ci ha dato quella spinta in più. E quindi, quando Roma è tutta unita, è davvero tosta. Siamo felici di aver vinto l’ultima partita in casa. E ci vediamo l’anno prossimo».
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