Lima: "Amo la Roma, i miei figli sono tifosissimi, sono malato di Roma"

15.09.2017 14:12 di Redazione Vocegiallorossa Twitter:    vedi letture
Lima: "Amo la Roma, i miei figli sono tifosissimi, sono malato di Roma"
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© foto di Antonello Sammarco/Image Sport

Francisco Govinho Lima, ex centrocampista di Roma, Lecce e Bologna,  è intervenuto questa mattina sulle frequenze di Tele Radio Stereo. Queste le sue dichiarazioni:

Francisco, alla tua età, ancora corri dietro ad un pallone?
"Sì, sì ancora lavoriamo. Ci divertiamo, questa è la parola giusta". 

In che squadra?
"Eccellenza pugliese all'Atletico Aradeo". 

Quella per il calcio deve essere proprio una passione vera...
"Sì sicuramente. La passione per il calcio è impressionante. Per questo non l'ho mai lasciato. Anche adesso quando posso divertirmi non perdo occasione. Amo questo sport e la vita da calciatore".

Ti arrabbi quando la Roma perde?
"La Roma non è rimasta solo nel mio cuore ma anche in quello della mia famiglia, i miei figli sono tifosissimi della Roma. Non dimenticherò mai gli anni passati nella capitale gli amici e quel gruppo".

Alla Roma ci sono altri brasiliani. Come si affronta la saudade?
"Sicuramente quando lasciamo casa e partiamo per la prima volta per giocare a calcio in un altro paese per noi è molto difficile, per la lingua, per il modo di vivere. Ma è una fase che ogni calciatore deve superare. Il calcio è uguale ovunque, se dobbiamo pensare in questo modo non giochiamo mai. Dobbiamo lasciare fuori la nostalgia e pensare solamente a fare bene. Nella prima esperienza all'estero ero in Turchia. Dovevo pensare alla mia carriera, diventare un buon giocatore magari puntare alla nazionale. Se penso ad una città come Roma penso ad una città che ha tutto per far star bene un brasiliano".

Tu hai giocato nella Roma che un anno prima aveva conquistato lo scudetto. Senza fare paragoni, come vedi questa Roma?
"Il calcio di oggi è un calcio diverso. C'erano dei grandi campioni proprio come adesso. Sono cambiate molte cose, ogni allenatore ha un modo suo di giocare, di preparare le partite. La Roma di Capello sapeva come voleva giocare l'allenatore. I giocatori che aveva a disposizione erano dei grandi campioni. Faceva paura a tutti. Abbiamo vinto uno a zero a Madrid con un gol di Totti. C'era la voglia, c'era grinta. Non sto dicendo che quella di oggi non abbia grinta. Ho visto la partita con l'Atletico ed il pareggio è un risultato preziosissimo. È una grande squadra, ci sono tanti campioni. C'è un giocatore che stimo moltissimo come Daniele De Rossi. Come ha detto Di Francesco c'è bisogno di tempo per trovare la strada giusta. Può sicuramente arrivare lontano".

Sei ancora un brasiliano atipico che punta sulla corsa?
"Sono ancora un ottimo corridore. Mi piace correre. Sono abituato così. Ce la metto tutta perchè non mi piace perdere. Quando si vince si sta bene..."

Specialmente in un derby...
"Il derby è una cosa indimenticabile. In tutti i derby che ho giocato contro la Lazio non ho mai perso. Ho anche fatto un assist per Totti". 

Tu hai avuto molti allenatori. Capello come preparava le partite e gli allenamenti?
"C'era una grande organizzazione. Mentre Capello lavorava con i centrocampisti, l'allenatore in seconda si occupava della difesa e un altro collaboratore preparava la fase offensiva. Era un lavoro più basato sul fisico. Era impressionante durante la preparazione della partita. Sapeva come farlo e cosa dire ai suoi calciatori. Tutti i calciatori lo rispettavano.  Non importava fare cinque o sei gol. L'importante era vincere la partita". 

Sei ancora malato di Roma?
"Sempre. Quando una persona parla male della Roma davanti a me gli dico di smetterla perché io amo la Roma".

Ma in quel famoso Roma-Galatasaray cosa è successo?
"Sono volate delle parole di troppo. Potevamo vincere e abbiamo pareggiato. C'è stata una mancanza di rispetto e non è giusto. Dobbiamo rispettare chiunque è questo il mio pensiero".