Il Romanista sciopera: l'editoriale di Stefano Romita
Di seguito, l'editoriale di Stefano Romita de Il Romanista:
La Cooperativa I Romanisti è ufficialmente in liquidazione coatta dal 23 giugno, e per decreto ministeriale non esiste più. Non ha più responsabilità legali. Tuttavia il ministero dello Sviluppo Economico, che quel decreto ha firmato, si è "dimenticato" di nominare un commissario liquidatore dopo le dimissioni improvvise del nominativo che su quel decreto era stato inserito. E al 25 di luglio nulla è ancora avvenuto. L’inadempienza è grave. Ventidue mesi di stipendi arretrati non percepiti. Ma al ministero quanto avrebbero resistito? Due mesi? Tre? Perché i funzionari preposti non si mettono una mano sulla coscienza? Perché non fanno il loro lavoro?
Il 30 luglio abbiamo un appuntamento alla Regione per avviare il percorso di cassa integrazione che consente, ai dipendenti delle società in crisi, di percepire un minimo sostentamento. Ma senza la nomina di un commissario liquidatore anche questa piccola boccata d’ossigeno ci è vietata, o comunque preclusa.
Per questo motivo, per protestare violentemente contro questo lassismo burocratico, questo menefreghismo e per far sì che questi ultimi giorni utili alla nostra sopravvivenza vengano adeguatamente sottolineati, i redattori del Romanista entrano in sciopero per 72 ore, e il quotidiano si ferma. Con il pieno e totale sostegno dell’Associazione Stampa Romana.
Non è mai accaduto nella vita di questo giornale ma c’è sempre una prima volta. Abbiamo sulle spalle il peso di ventidue mensilità arretrate non percepite oltre a vari altri sospesi amministrativi a diverso titolo.
Ventidue mesi senza uno stipendio; sette mesi senza un commissario liquidatore; dieci anni senza uno sciopero. Al ministero per lo Sviluppo Economico e ai suoi burocrati diciamo una parola sola: vergognatevi!
Il Romanista che avrebbe e ha ancora (visto che è in liquidazione coatta amministrativa da un mese ed è svincolato dai debiti del passato) grandi potenzialità editoriali, è costretto a vivacchiare a causa di lungaggini burocratico-politiche-ministeriali abbastanza curiose e incomprensibili.
Assenze, superficialità, incapacità, inettitudine, pigrizia, dabbenaggine: da qualche anno intorno alla redazione del Romanista è stato allestito un frullatore dove tutti questi ingredienti sono stati mixati vorticosamente. Nel rush finale fiscale di Equitalia poi, terminato in questi giorni, lo Stato si è portato via, nell’ultima settimana di maggio, 450mila euro circa, euro più euro meno, che sarebbero spettati a Il Romanista come contributo alle spese che la cooperativa che lo edita ha sostenuto nell’anno 2012. E lo ha fatto con la "complicità" un po’ silente di molti suoi organi. La cosa probabilmente non sarebbe stata possibile visto che Il Romanista era da moltissimi mesi in regime di commissariamento amministrativo straordinario deciso dallo stesso Stato, e soprattutto era stato avviato già il percorso della liquidazione coatta come si legge nel decreto ufficiale pubblicato in Gazzetta il 23 giugno, ma firmato il 21 maggio e notificato a tutti gli uffici competenti in febbraio dallo stesso Ministro per lo Sviluppo Economico. Tutte le risorse destinate al giornale, e fissate dalla legge per l’editoria, dovevano in pratica essere congelate in attesa di una liquidazione coatta della cooperativa chiesta dal Commissario avv. Andrea Maria Paolucci nel dicembre 2013 e arginatasi sulle scrivanie degli uffici incaricati presso il Ministero dello Sviluppo Economico. Insomma era iniziato un percorso molto simile per certi versi a quello che sta compiendo il quotidiano "Il Manifesto".
Ma lo Stato ha pagato lo Stato pur in presenza di un blocco che lo stesso Stato aveva deciso. E’ in buona sostanza accaduto questo. E i giornalisti di questo quotidiano sono stati ancora una volta trattati a pesci in faccia. Non discuto qui le responsabilità, singole e collettive. Non mi interessano e ci saranno sedi più giuste e appropriate.
I costi di un giornale sono complessi, alti e di difficile se non impossibile pareggio, ed è cosa nota a tutti. Ciò che è meno noto è che la redazione del Romanista (collaboratori compresi) non vede un euro dal 1 gennaio del 2013 e anche negli anni precedenti la distribuzione degli stipendi è arrivata, parzialmente, spesso in ritardo e quasi esclusivamente legata all’annuale rimborso statale delle spese sostenute.
Al primo commissario governativo avv. Andrea Maria Paolucci che ci ha seguito dal 2012, che conosceva bene tutta la situazione in atto, e che ci stava portando, come era giusto, sul terreno della liquidazione coatta e della cassa integrazione conseguentemente prevista, è stato preferito all’ultimo momento da parte del ministero un nuovo commissario liquidatore, l’avv. Jacopo Marzetti che si è dimesso dopo una settimana senza neanche incontrarci, e dopo aver accettato l’incarico. Nessuna spiegazione è stata data né a noi, né al sindacato, né tanto meno al commissario precedente con cui doveva avvenire un passaggio di consegne che non c’è mai stato.
Al momento siamo senza un responsabile governativo ma siamo in liquidazione. Come è possibile che questo avvenga senza che nessuno salti sulla sedia? O che comunque salti? Mail, telefonate... silenzio assoluto. Sulla liquidazione del Romanista è sceso un velo gelido di indifferenza burocratica e di vecchi criteri. Il contrario della semplificazione e della trasparenza nel pubblico impiego che il presidente del Consiglio Matteo Renzi dice di voler portare. L’unico che corre comunque è lui. Tutto il resto dell’apparato è fermo. E ora con l’agosto alle porte sarà anche sbarrato. Le ferie... sapete. Noi però dopo quasi due anni di non pagamenti siamo veramente sfibrati e impossibilitati a proseguire in mancanza di discorsi certi e di un responsabile indicato dal ministero.
Quello che mi preme dirvi oggi - in piena sintonia come sempre con la redazione - è che siamo concentrati sul futuro, sul nuovo progetto che nascerà per Il Romanista dalle ceneri di questa esperienza nefasta. E una cosa deve essere chiara a tutti voi che state leggendo. Il Romanista sciopera anche per voi, per andare avanti con il nostro quotidiano unico al mondo, con la nostra fede, con la nostra professionalità. Dalla nostra parte, in sintesi, c’è la ragione e il cuore. A ora dobbiamo fermarci. Bloccati però, non spenti.