Scacco Matto - Lazio-Roma 1-2
La Roma vince il derby decisivo per il secondo posto e lo fa con una partita apparentemente rinunciataria, ma che in realtà ha nascosto molte più insidie del previsto alla Lazio, più brillante ma meno capace di reinventarsi rispetto ai suoi avversari.
Lo scenario della classifica incide inevitabilmente sullo schieramento in campo delle due squadre. La Lazio gioca quasi in formazione tipo e comunque con tutti gli uomini offensivi a sua disposizione, mentre la Roma rinuncia a Pjanic per un centrocampo più muscolare e in avanti inserisce anche Florenzi, con Totti impegnato nel suo consueto roaming offensivo e Iturbe sull’out: i due esterni hanno anche compiti di ripiegamento sulle avanzate dei due terzini e questo porta a una quasi inesistenza delle ripartenze, che diventano spesso un uno contro tutti. La Lazio, come detto, mette in campo tutte le sue armi: Felipe Anderson e Candreva spesso si scambiano di lato, con il secondo che gioca più esterno e il primo che si accentra, ma le situazioni in cui la difesa giallorossa si fa trovare più disordinata sono quelle in cui agisce Stefano Mauri, che con i suoi inserimenti (spesso accoppiati a un altro movimento offensivo di un suo compagno) ha la capacità di mandare in confusione Manolas e Yanga-Mbiwa. Nel primo tempo i biancocelesti non riescono però ad alzare il ritmo: Parolo e Biglia sono ben presi in consegna da Keita e Nainggolan e il ricorso alle qualità di impostazioni dei difensori centali è necessario ma insufficiente per scardinare il bunker giallorosso. L’unico rischio si verifica solo a inizio gara, su uno dei diversi errori individuali di Vasilis Torosidis, graziato dall’impreciso colpo di testa di Miroslav Klose.
Nella ripresa la Lazio inizia più forte e la Roma mantiene l’assetto del primo tempo, subendo un po’ sulla sua sinistra, dove Florenzi fa il terzino aggiunto per arginare le avanzate di Basta. Cominciano però a venire a galla due mancanze importanti nella manovra biancoceleste: ampiezza e spazio sulla trequarti. Alla prima Pioli rimedia sostituendo (più per paura di rimanere in dieci che per correggere il difetto) Lulic con Cavanda, molto più coraggioso (e fresco) nelle sovrapposizioni sulla sinistra da dove infatti arriva una serie di cross pur inefficaci. Per la seconda non c’è nulla da fare: De Rossi copre benissimo la sua zona di campo inibendo l’azione di Mauri, gli intermedi continuano il loro buon lavoro sui centrali avversi e la Lazio continua a sbattere. Trovato il lucchetto per il forte, Garcia a quel punto decide che la partita si può vincere: fuori Totti e Keita (infortunato), dentro Ibarbo e Pjanic. Iturbe va al centro, il colombiano può correre e Pjanic sfruttare il tre contro due a centrocampo. La libertà concessa al bosniaco è letale: con il primo colpo di tacco accende la Roma, col secondo fa divampare l’incendio aprendo l’azione del vantaggio firmato da Iturbe, protagonista di un taglio da centravanti vero. Saltano gli schemI: Pioli richiama Mauri e affianca Djordjevic a Klose passando al 4-2-4 e la mossa in 5 minuti dà i suoi frutti. La retroguardia giallorossa infatti non si organizza per fronteggiare il doppio centravanti e i due finiscono per incastrare Cholevas, con Yanga-Mbiwa in ritardo e Manolas tagliato fuori: torre e gol di Djordjevic. Il punteggio di parità riporta la lettura alla situazione iniziale: delle due squadre chi deve vincere è la Lazio che resta sbilanciata per provare a raddoppiare, ma è stanca e stavolta ha un avversario pronto all’offesa. E Pioli paga il rischio preso con il fallo che determina la punizione del gol di Yanga-Mbiwa, che chiude derby e secondo posto.
Dopo diverse partite negative, è dunque la lettura dell’allenatore l’elemento decisivo per vincere una partita di importanza capitale.