Tante illusioni e poca ambizione: la Roma non ha imparato dai suoi errori

Tante illusioni e poca ambizione: la Roma non ha imparato dai suoi erroriVocegiallorossa.it
© foto di www.imagephotoagency.it
Ieri alle 23:58Primo piano
di Gabriele Chiocchio
fonte L'editoriale di Gabriele Chiocchio

Diciannove risultati utili consecutivi possono far pensare, sempre di più dopo ogni partita, che il giorno della fine di questa striscia possa non arrivare mai, a prescindere da come, a volte, si è evitato che questo accadesse: alla fine quel momento è giunto e lo ha fatto proprio nel momento in cui si stava iniziando a credere addirittura nel miracolo Champions League. Queste sono sensazioni, i fatti sono che il calendario delle ultime otto partite di campionato difficile era e difficile è rimasto, e che una sconfitta a Bergamo contro l’Atalanta - che grazie a questi ultimi tre punti la Champions la centra - stesse nelle cose

Il successo contro l’Inter ha fatto un po’ impazzire questa maionese che alla fine rimane comunque la stessa salsa delle ultime stagioni, sebbene fino alle 20:45 del 12 maggio ci si potesse essere illusi del contrario: il riferimento alla partita contro gli altri nerazzurri ha spostato un po’ il focus da quelle che più hanno incarnato lo spirito messo in campo da Ranieri in questo tipo di sfide, quelle contro le dirette rivali Lazio e Juventus. Gare che sono state tra le peggiori di questa serie e da cui il tecnico ha purtroppo preso esempio questa sera, scegliendo, per esempio, Rensch, che non faceva il titolare da due mesi e che nel frattempo aveva giocato 28 minuti in totale, pur di conservare il conservabile, finendo per lasciare campo all’Atalanta e facendole quindi un grande favore, vista l’emergenza difensiva in cui versava la squadra di Gasperini.

Il gol di Cristante doveva essere l’episodio in grado di illuminare il tecnico in una lettura più equilibrata della partita e per un certo periodo della sfida lo era stato. Quando, però, l’Atalanta ha ricominciato a macinare, la scelta è stata nuovamente quella conservativa e non quella reattiva: mandare in campo Pisilli, a freddo e fuori ruolo, con il solo compito di limitare Lookman, fallito oltretutto in un amen, è il simbolo di quel che ancora una volta non è andato, come se diciannove risultati utili consecutivi - molti dei quali ottenuti in gare più semplici - avessero fatto dimenticare le lezioni di Milano e Bilbao nelle due coppe e le mancanze dei due scontri diretti di campionato.

Quel che è accaduto dopo, con la rinuncia agli attaccanti quando c’era da provare il tutto per tutto, richiederebbe spiegazioni che non avremo mai veramente e che probabilmente nessuno pretenderà mai da un allenatore, Ranieri, che tra centottanta minuti più recuperi di Serie A andrà definitivamente in pensione da tecnico: questo non può e non deve impedire un’analisi che va inevitabilmente oltre i punti presi e quelli persi, e che va estesa anche al futuro. Il momento della scelta del nuovo allenatore si sta giocoforza avvicinando, e ormai tanti indizi devono fornire una prova: serve una Roma ambiziosa, e serve anche adesso, per prendersi almeno quei sei punti che significheranno in ogni caso Europa. Quale delle tre opzioni non dipende più solo dalla Roma e questo è il prezzo da pagare per l’ambizione che stavolta, ancora una volta, non c’è stata.