Niente totem con Gasperini

Niente totem con GasperiniVocegiallorossa.it
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di Gabriele Chiocchio
fonte L'editoriale di Gabriele Chiocchio

“Nessuna città o club hanno più bisogno di eroi quanto Roma": così recitò Walter Sabatini qualche anno fa, mettendo in chiaro un concetto non certo così oscuro a chi si occupa di cose di Roma, ma sempre importante da sottolineare quando si parla di questa squadra che molti sostengono essere diversa da tutte le altre, avendo in un certo qual modo ragione proprio per il motivo di cui sopra. La tendenza del popolo giallorosso di cercare un totem è perenne e inevitabile: una volta erano Totti e De Rossi calciatore, poi è diventato Ranieri nel suo secondo mandato, finanche Mourinho - che stava decisamente dall’altra parte della barricata - è diventato un elemento da venerare, prima dei ritorni dell’ex 16 e dell’attuale senior advisor innalzati a condottieri di questa squadra.

Squadra, appunto: il calcio è un gioco collettivo e, salvo rarissime eccezioni, non è un solo elemento a determinare gli interi destini di un club. Questo Gasperini lo sa bene e anche a Bergamo non si è fatto problemi a mettere il collettivo davanti a tutto, a volte addirittura esagerando nei modi ma sempre per far sì che non ci fosse mai un primus inter pares, condizione necessaria per far sì che il suo calcio, fatto di delicatissimi equilibri che mai devono saltare, possa funzionare.

È questo, probabilmente, uno dei compiti più gravosi del nuovo allenatore: convincere chi sta intorno alla Roma - ma anche chi ne sta dentro - che la via per provare a ottenere successi è inseguirli tutti insieme, sia concettualmente che tecnicamente, andando contro il sentimento popolare per il quale, nonostante sia la maglia quella che trattiene il sudore, alla fine c’è sempre questo o quello che diventa più importante di tutti gli altri, a scapito dell’equilibrio collettivo.

Una strada che, in realtà, la Roma aveva provato a perseguire anche un anno fa, seguendo l’idea del Napoli di Spalletti che un anno prima sbaragliò la concorrenza proprio grazie a un inscalfibile meccanismo collettivo, che esaltava le sue eccellenze tecniche senza mai dipendere totalmente da esse. Ma se nel 2024 ci potevano essere delle perplessità derivanti da un quasi inesistente storico dell’allenatore, stavolta ci sono nove anni di calcio e risultati dell’Atalanta a dimostrare come questa sia la via da seguire. Una via lunga, con infinite tentazioni di abbandonarla come alla fine più volte successo da queste parti: che non accada ancora.