Slideshow - Tonetto: "Con Ranieri non c'era dialogo, a Roma a volte si giudica per interesse"
È Max Tonetto, terzino giallorosso dal 2006 al 2010, il protagonista dell'odierna puntata di Slideshow, in onda su Roma TV. Ecco le sue dichiarazioni.
Con la Reggiana.
"Erano i primi anni di professionismo, a Reggio Emilia. Sono andato via di casa a 16 anni, ho attraversato la maturazione come uomo lì. Piano piano mi sono reso conto che potevo stare in questo mondo, anche se i primi anni sono stati duri. Ti aiutano a crescere".
Contro la Roma del 2000-2001, col Lecce.
"Ricordo tutti gli anni in cui l'obiettivo era arrivare a 40 punti e la Roma era una squadra dura. Veniamo a Roma con la difesa a riccio e la ripartenza a farfalla".
Novellino.
"Un allenatore di altri tempi. Con lui alti e bassi, mi ha trasformato in esterno d'attacco, 8 gol in due anni e Champions quasi raggiunta. Con qualche difficoltà, ma trasmette alla squadra carattere".
Con la Roma.
"Gruppo fatto di tanti giovani e giocatori forti, in un periodo particolare, con qualche difficoltà sul mercato. Piano piano con quella serie di vittorie consecutive Spalletti si conquistò fiducia. Mi ha voluto lui, ci conoscevamo da Empoli, arrivai avanti con l'età ma in una piazza prestigiosa".
Marco Cassetti.
"Abbiamo percorso insieme due esperienze completamente diverse, a Lecce e a Roma. Spesso ci accomunavano per la somiglianza del modo di giocare e perché siamo arrivati insieme, con lui si è creato un rapporto particolare, così come con altri giocatori. Con Marco il feeling è rimasto, anche lui ha trovato soddisfazioni importanti, ha dimostrato che non serve avere un finale brasiliano per essere protagonisti".
Con De Rossi.
"Una persona importante. Al di là del campo restano affetti e valori, la vita ti porta a percorrere strade diverse. In quegli anni si era creato un rapporto fantastico, non posso dimenticare le vigilie pre-Champions League, in cui lui tirava fuori tutte le tabelle con le statistiche. Ricordi indelebili".
La Coppa Italia all'Olimpico.
"2-1 all'Inter, finale secca. Dimostrammo più volte di essere alla loro altezza, una festa fantastica davanti ai tifosi, vale doppio. Una vittoria meritata, i trofei potevano essere di più, esprimevamo un gioco fantastico anche se era difficile accomunarlo ai risultati. Ci siamo riusciti".
La Supercoppa a Milano.
"Con gol di Daniele, su rigore. Un'altra di quelle partite in cui mettemmo sotto l'Inter. Mancini aveva una grandissima squadra ma contro di noi doveva sempre cambiare qualcosa".
Catania.
"Uno di quei rimpianti che dicevo prima, potevamo coronare un sogno. Ricordo l'ambiente, elettrico. Il Catania si doveva salvare, l'ambiente fuori dal campo e dentro al campo era particolare, noi facemmo la nostra partita. A mezz'ora dalla fine a Parma entrò Ibrahimovic che risolse quella pratica. Fare 82 punti e non vincere lo scudetto è singolare".
Spalletti.
"L'uomo che ha permesso di coniugare quel calcio fatto di spettacolo, di gioco e personalità e risultati. Quando entravi in campo e riuscivi a fare quello che provavi era magico, ricordo il gol con la Dinamo Kiev, 20 passaggi consecutivi. Una cosa unica".
Lione.
"Una di quelle notti magiche. Ricordo l'andata in cui arrivava il grande Lione, era una delle squadre più forti d'Europa, con 5-6 assi in squadra, che vinceva da 5-6 anni in Francia. A ritorno abbiamo fatto una delle più belle partite, ricordo la vigilia in cui Panucci ebbe 38 di febbre e che Spalletti aveva dubbi sul farlo giocare, Cassetti non passò una gran vigilia, avendo davanti gente come Malouda. L'apoteosi della partita, la squadra fu perfetta, i due centrali furono pazzeschi. Ricordo il gol di Mancini e l'atmosfera creata in quello stadio, con la gente incredula nel vedere la Roma".
Madrid.
"Questa era più di prestigio per il nome, anche se il Real non era stellare. La Roma andò lì senza paura, il Bernabeu partì con entusiasmo, che scemò dopo la traversa di Aquilani e l'ingresso di Vucinic. Immortalai il ritorno a Fiumicino, l'abbraccio dei tifosi resta indimenticabile".
Cristiano Ronaldo.
"L'abbiamo incontrato diverse volte, qualche volte siamo riusciti a contenerlo, altre volte ci ha fatto male. Spalletti mi disse che me lo sarei cuccato, ma poi si è messo a fare il centravanti. Non l'ho preso io, ma i centrali. E' un fuoriclasse difficile da marcare, il migliore della storia del calcio".
La Nazionale.
"Breve parentesi, ci sono arrivato da ultratrentenne. Una soddisfazione incredibile, non ci credevo. Dopo la partita di Firenze l'annunciò il nostro team manager, boato sul pullman e soddisfazione immensa. Non durò tanto ma l'emozione fu grande, esordii nel posto più sperduto dove si potesse farlo, le Far Oer. Nonostante tutto l'inno è una cosa particolare, giocammo con una squadra quasi di dilettanti ma valeva la qualificazione agli Europei".
Le ali della libertà
"Uno dei miei film preferiti. Il messaggio è la speranza che non deve mai mancare, finché c'è speranza c'è la possibilità di far tutto nella vita. Lui non molla mai, è lo spirito in cui mi intravedo".
Avrai, di Baglioni.
"Me l'ha messa in testa mia sorella da piccolo. Rappresenta la maggior parte delle canzoni d'amore, sarà il modo in cui l'ha messa insieme, come riesce a trasmettere una storia d'amore. Lo fa in un modo in cui in certe canzoni fa venire i brividi, poi ho scoperto che è un grande romanista, mi scrisse che gli mancavo sulla fascia".
Moglie e figli all'Olimpico.
"Uno dei momenti di festa della squadra con l'abbraccio ai tifosi, abbiamo fatto il giro di campo, questo è il mio più piccolo. Da protagonista difficilmente ti godi quello che hai ottenuto, quando mi chiedono dei momenti più belli a volte rispondo che è il derby vissuto in panchina con la macchina fotografica. Qualche anno dopo siamo tornati tutti insieme, i miei figli sono tornati in tre città diverse, la prima a Empoli, la seconda a Lecce e il terzo a Ostia. Rappresentano tutta la mia vita, quello che sono riuscito a costruire con mia moglie, tre splendide creature. Ora sono grandi, son passati 6 anni. Tutti tifosi della Roma, qualcuno più accanito, la femminuccia un po' meno. Hanno le mie maglie ma non le vogliono più, vogliono Gervinho e Iturbe".
L'unico gol in giallorosso, contro l'Empoli.
"Soddisfazione immensa, era un gran bel periodo, mancavo solo io e Doni. Il Capitano mi mise davanti al portiere, fu una partita complicata, vincemmo con un gol di Panucci. Se hai Totti vicino, la palla arriva coi giri giusti".
L'esultanza.
"C'è un fotogramma in cui si vede che arrivano Daniele, Simone e Marco. Sono le foto che vedi più volentieri, raccolgono un mucchio di ricordi, non solo quelli della foto stessa, ma anche del momento che stai vivendo. Abbraccio emblematico di quanto eravamo uniti".
Festa di compleanno in maschera.
"Qualcuno era diffidente, temevo arrivassero in borghese. Quel signore lì a destra è De Rossi, vestito da guardia svizzera. Alle 21.30 non voleva scendere dalla macchina, era nella sua Smart davanti al locale che avevo prenotato. Gli dissi di aspettarmi, appena mi avrebbe visto non si sarebbe più vergognato. Ero vestito da Pippi Calzelunghe, poi Burdisso, Faty, Pizarro, Vucinic, Menez vestito da gangster, Perrotta da moschettiere, Juan, giocatore fantastico e persona d'oro. Poi c'è Mexes, Doni e Julio Baptista. Non si può non ridere".
Il rigore sbagliato con l'Arsenal.
"La possiamo anche saltare. Un ricordo tosto. Era un anno particolare, mi ricordo l'ecatombe di infortuni che ci fu, non ci ha permesso di fare quello che volevamo fare. Avevamo 11 disponibili, entrammo con Juan centrale e io a centrocampo, dopo 8 minuti segnò Juan e si infortunò, scalai a terzino con Riise e Diamoutene al centro. 90 minuti eccezionali, un mancato 2-0 con Baptista che ci avrebbe portato a una qualificazione storica, ai supplementari non vedevamo l'ora di arrivare alla fine. La mattina provai diversi rigori e l'avevo sempre messa alla sinistra del portiere, in quel momento, pur senza abitudine, ho visto che il portiere si era spostato da quella parte, ho cambiato idea all'ultimo e ho tirato il corpo all'indietro. Se lo fai va alta, lo dico e poi non lo faccio".
Ranieri.
"Con lui il rapporto più complicato. C'è stato poco dialogo, non so se ho pagato la mia presunta fedeltà a Spalletti. Fu un anno travagliato dagli infortuni, ma non ero considerato. Ricordo un episodio spiacevole, la squadra era contestata ed eravamo in ritiro. Nel giorno di partita dovevamo andare allo stadio, lui mise 21 nomi convocati su 22 e indovinate chi aveva escluso? Non ho capito questo suo atteggiamento".
Il derby del 2010.
"Vicino a Mirko, grande protagonista. Tutto un preludio per quello che poteva accadere, con Mirko grande protagonista. Ero in panchina, vista la stima di Ranieri ero con le scarpe da ginnastica, mi attrezzai di macchina fotografica per fotografare i tifosi".
Roma-Sampdoria.
"La grande delusione, una delle partite migliori di quell'anno. Primo tempo eccezionale, la litigata tra Vucinic e Perrotta che tutti definiscono momento chiave, io dico che altre volte sono successi fatti del genere e che non ha inciso minimamente. Gli episodi andarono tutti al contrario, ci costò il campionato".
L'esperienza alla radio.
"Ho smesso di giocare e ho avuto questa possibilità, di rimanere attaccato al carro della Roma passando dall'altra parte della barricata e capendo quello che è un mondo complicato, a Roma soprattutto. Spesso nel migliore dei casi manca la competenza, nel peggiore c'è malafede nel voler dire giudizi per interesse. Quando si è davanti a un microfono si capisce la forza che uno ha nel trasmettere concetti sbagliati".