Né credibilità, né furbizia: quando gli arbitri si complicano la vita da soli

23.04.2022 14:30 di Gabriele Chiocchio Twitter:    vedi letture
Fonte: L'editoriale di Gabriele Chiocchio
Né credibilità, né furbizia: quando gli arbitri si complicano la vita da soli

L’ultima notizia di una settimana decisamente calda per più di un motivo - e, per fortuna, praticamente tutti positivi - in casa Roma è la designazione arbitrale per la partita contro l’Inter di sabato. A dirigerla ci sarà Simone Sozza, nato a Milano ma facente parte della sezione di Seregno (a meno di 30 chilometri dal capoluogo), elemento che permette la regolare designazione del fischietto per questa partita. Cosa che non può accadere, per esempio, per Daniele Doveri, che pur essendo nato a Volterra (provincia di Pisa) non può dirigere Roma e Lazio perché facente parte della sezione di Roma 1.

La premessa è d’obbligo e va stampata bene in testa: qui non parleremo preventivamente di questioni strettamente di campo, pur nel mezzo di un’annata che ha visto la Roma più volte penalizzata da decisioni arbitrali non controverse, ma proprio errate. Nella nostra moviola, per esempio, difficilmente adottiamo mezze misure, ma lì si giudica e si analizza il fatto, fatto che in questo caso, ovviamente, deve ancora accadere e dunque non ha alcun senso, ma proprio nessuno, sindacare sull’operato di un arbitro che al momento ancora non si trova neanche sul campo dove deve dirigere la sua partita.

I concetti principali da tenere d’occhio sono due: opportunità e credibilità. In una stagione in cui tutti hanno perennemente da protestare - a volte annunciando di non farlo e non tenendo fede alla propria promessa anche nel giro di dieci minuti, garantiti dalla totale assenza di contraddittorio anche a fronte di sciocchezze facilmente smentibili -, in cui José Mourinho non sta usando mezzi termini per attaccare gli arbitri anche oltre quello che è successo in campo pochi minuti prima che lui parli, in cui ogni singolo episodio viene vivisezionato con conclusioni a volte addirittura agli antipodi e con tutti gli arbitri che ci sono in organico, era proprio necessario da parte dell’AIA e del suo designatore Gianluca Rocchi fare questa forzatura?

In altri momenti, in altri luoghi e in altri campionati, probabilmente, nessuno si sarebbe neanche accorto di questa scelta e questo pezzo che state leggendo non sarebbe mai esistito. Qui ci è voluto un attimo per notare questa stortura - rigorosamente concettuale e non formale -, perché gli arbitri sono costantemente al centro del mirino sia dei tifosi e appassionati, che degli addetti ai lavori. Se questo accada a torto a ragione non lo discuteremo in questa sede, ma gli errori commessi - in tutte le direzioni - e soprattutto i modi decisamente blandi con cui questi errori sono stati stigmatizzati da chi di dovere sono sotto gli occhi di tutti e di certo non aiutano a riconoscere credibilità a chi prende certe decisioni, sia a caldo che a freddo.

Insomma, un po’ di furbizia in un contesto in cui la classe arbitrale si trova a confrontarsi, tra gli altri, con chi pensa che la propria squadra non abbia diritto di vincere le sue partite e lo dice pubblicamente farebbe comodo, ma sembra che questa caratteristica non sia propria di uno dei pochi enti che in questo momento ne avrebbe bisogno. Peccato.