Alla Roma serve davvero un DS?
La Roma perde il, anzi rinuncia al, quarto DS della sua attuale gestione e il fatto, comprensivo dei suoi retroscena e di tutti quegli accadimenti “preliminari” a esso, ha generato le solite reazioni. Una società nel caos, una squadra polveriera, un ambiente pronto a schierarsi con questa o con quella parte: niente che non si sia già visto o raccontato, a prescindere dal grado di verità fattuale, che in questo caso sembra essere comunque molto alto. Ma è già passato e i giallorossi sono già ripartiti con un pezzo in meno di una struttura che più volte si è definita troppo grande e affollata di figure spesso sovrapposte tra di loro in quanto a funzioni e compiti da svolgere. Quante volte, ad esempio, abbiamo visto il DS di turno interrogato sul rapporto con Franco Baldini, consigliere di James Pallotta e spesso coinvolto in trattative di mercato con club esteri? O in quanti casi si è parlato di colloqui con dirigenti di società italiane con figure della Roma diverse dal DS? Quella del direttore sportivo è stata in questi anni descritta come una figura contemporaneamente troppo accentratrice e rilevante e troppo esposta a interferenze altrui: equivoci negli equivoci che, di certo, non hanno favorito un andamento delle cose buono o comunque migliore di quello poi effettivamente verificatosi negli anni.
Oggi questo “problema” non c’è più. Senza un DS, la Roma ha una struttura attualmente coerente con le sue esigenze: Guido Fienga a tessere contatti per il mercato interno, Franco Baldini per quello internazionale e in più gli input (se non la vera e propria collaborazione) di agenti e intermediari che propongono idee, organizzano contatti e oliano meccanismi. L’elemento di “disturbo”, paradossalmente, potrebbe solamente essere un nuovo direttore sportivo “forte”, giustamente desideroso della maggior autonomia possibile (che non è, comunque, autonomia totale) per poter lavorare, che, stando così le cose, finirebbe per essere naturalmente espulso da un ecosistema Roma non necessariamente malfunzionante, ma che deve evidentemente poggiare su criteri diversi da quelli di una società “normale” per poter procedere. Dunque, alla Roma serve davvero un nuovo DS?