Milan, Pioli: "La più bella soddisfazione da allenatore è quando ho vinto la finale Allievi Nazionali contro la Roma"

29.10.2021 10:45 di  Marco Rossi Mercanti  Twitter:    vedi letture
Milan, Pioli: "La più bella soddisfazione da allenatore è quando ho vinto la finale Allievi Nazionali contro la Roma"
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© foto di Daniele Mascolo/PhotoViews

Stefano Pioli a tutto tondo. Il tecnico del Milan, prossimo avversario della Roma, si è raccontato in una lunga intervista rilasciata a Federico Balzaretti sulle frequenze di DAZN

Ti ricordi gli esordi come allenatore?
"Mi era stato offerto un contratto da team manager di una prima squadra, ma non era quello che volevo. Io volevo stare sul campo, ho fatto tante esperienze che mi hanno aiutato tanto, sia quelle positive che quelle negative. Ho uno staff che mi aiuta nel quotidiano perché mi tolgono un po' di lavoro nella preparazione del singolo allenamento così che io mi possa concentrare di più con i video-analisti sulla preparazione della partita. Questa è una parte del mio lavoro che mi piace tantissimo. Mi piacciono anche questi periodi in cui si gioca tanto".

Come si impara a gestire un gruppo?
"Ci sono state esperienze che mi hanno aiutato tanto. Il primo anno a Salerno andai da un titolare prima del derby contro il Napoli, per dargli una pacca sulla spalla e lui mi disse che l'allenatore ero io e potevo fare le scelte che volevo, ma allo stesso tempo che non dovevo andare a coccolarlo. È stato un insegnamento, non vado mai a spiegare ai giocatori le mie scelte. Ovviamente la mia porta poi è sempre aperta, se un giocatore vuole delle spiegazioni basta che viene da me".

Cosa fa per allentare la pressione?
"Passeggio con il cane o vado a fare un giro in bici nei boschi intorno a Milanello. Preferisco andare da solo che in compagnia in certi momenti".

Quest'anno siete in corsa per lo scudetto, la pressione?
"La sentiamo, ma la viviamo settimanalmente. Non siamo partiti per vincere il campionato o la Champions, noi dobbiamo vincere sempre la prossima partita".

Per la sua carriera è un ottimo momento.
"Alleno il Milan che è uno dei club più prestigiosi al mondo, ora ho grande visibilità. Ho fatto tante esperienze nella mia vita, ho avuto bisogno di fare le mie tappe per arrivare a questo punto".

Come ha vissuto il lockdown?
"Dopo la sconfitta contro il Genoa, ci siamo trovati qui e la società ci ha detto che Milanello doveva chiudere. Con lo staff abbiamo deciso di lasciare in pace i giocatori per un paio di settimane, era una situazione particolare per tutti e quindi ognuno aveva bisogno di spazio e tempo. Poi abbiamo ripreso allenandoci a gruppi: i preparatori erano sempre presenti, mentre io e lo staff entravamo per salutare i giocatori e poi uscivamo. I gruppi ruotavano così che tutti si potessero vedere. Oltre al lavoro, si parlava anche tanto. Credo che ci siamo conosciuti meglio in quel periodo lì in remoto".

Che discorso ha fatto alla squadra prima della gara con l'Atalanta, decisiva per l'accesso in Champions?
"Di ogni giocatore ho detto un gesto che ha aiutato la squadra ad arrivare fin lì: di Kessié erano i chilometri percorsi, di Tomori era quanto era saltato in occasione del gol contro la Juventus a Torino, di ognuno ho detto una cosa particolare. Dopo quel discorso ho capito di aver fatto colpo sui miei giocatori. Quel discorso l'ho fatto prima di partire dall'hotel per andare allo stadio".

Il giorno più bello da allenatore?
"Ho avuto tanti momenti belli e ricordi positivi. Credo che la prima esperienza professionale in una prima squadra chiusa con la salvezza della Salernitana sia stata veramente importante. La più bella soddisfazione forse è stato però la vittoria del campionato con gli Allievi Nazionali del Bologna in finale contro la Roma (stagione 2000/2001, ndr). In quei due anni i ragazzi avevano fatto un percorso incredibile".

Cosa dice alla squadra?
"Una delle cose più importanti è cosa dire prima e dopo le partite. Ora non dico più niente dopo le partite, da quando c'è Ibra entro anche meno nello spogliatoio (sorride, ndr). Dopo le partite può esserci poca lucidità, preferisco parlare il giorno dopo".

Cosa caratterizza il gioco del suo Milan?
"In fase difensiva lavoriamo sempre meno di reparto, vogliamo portare la parità numerica nella zona della palla. In fase di impostazione la cosa fondamentale è lo smarcamento, bisogna muoversi e coprire gli spazi. Più ti muovi e più metti in difficoltà gli avversari. Nel calcio moderno è fondamentale l'intelligenza dei giocatori in campo".

L'importanza dei leader?
"Ho più giocatori che parlano prima della partita. Mi ricordo con grande piacere le discussioni che quando giocavo alla Juventus mister Trapattoni aveva con la squadra. Era un confronto utile a tutti".

E Ibra?
"Ha una mentalità e una forza interiore pazzesca, nonostante la sua carriera ha una grande voglia di giocare. Dentro di sé ha una motivazione incredibile che trasmette a tutti. Il suo arrivo ha aiutato tutti. Lui ha avuto una grande intelligenza e una sensibilità ad entrare in un gruppo non ancora formato. Lui pretende tanto da se stesso e per questo pretende tanto anche dagli altri".

A livello tattico è una sorta di regista offensivo.
"Sono cose che proviamo durante gli allenamenti. È fondamentale avere i tempi giusti. Ibrahimovic è un campione che vede il calcio prima".

Leao?
"È un attaccante centro-sinistro. Ha una consapevolezza maggiore nei propri mezzi fisici e tecnici e in fascia, nell'uno contro uno, è un giocatore difficilmente controllabile".

Theo è cresciuto tanto.
"Ha imparato a smarcarsi anche dentro al campo, togliendo così punti di riferimento agli avversari. Muovendoci così tanto non diamo punti di riferimento agli avversari".

Quanto pesa il capitale umano al Milan?
"Il club è sempre presente e ci dà grande supporto, questa è la forza della nostra squadra. Maldini, Massara e Gazidis sono sempre presenti. Donnarumma e Calhanoglu sono stati fantastici fino all'ultimo momento. Al centro di tutto c'è sempre il Milan".