Palla avvelenata

10.05.2015 21:00 di  Gabriele Chiocchio  Twitter:    vedi letture
Palla avvelenata

Nel corso del suo quasi biennio giallorosso, Rudi Garcia ha sempre cercato di fondare il suo calcio sul dominio del gioco e in particolare del possesso del pallone. La Roma è prima nella classifica di questa statistica, che però non basta da sola per poter ottenere il risultato desiderato: decidere di gestire la proprietà dell’arma principale del gioco non è solo un potere, ma anche una responsabilità. Per un duplice motivo: spostare troppo lentamente la sfera oppure farlo solo nella propria metà campo non è certo il miglior viatico per creare occasioni da gol, e anzi un errore di palleggio può diventare fatale.

Lasciare il pallone all’avversario, dunque, può essere anche una scelta. Lo fu per José Mourinho e per la sua Inter nel 2010, quando, pur dovendo difendere un 3-1 ottenuto all’andata contro il Barcellona, il portoghese impose ai suoi di lasciare il possesso ai blaugrana senza contenderlo in modo tale da far schiacciare Messi e compagni dal peso della responsabilità; lo è stato, meno epicamente, per Rudi Garcia nelle due partite che hanno preceduto la sfida di ieri con il Milan, in cui la Roma ha ottenuto i tre punti contro il Sassuolo e il Genoa, e precedentemente contro il Napoli, non dominando nella statistica del possesso palla e anzi perdendo addirittura il confronto con i rossoblu. Il motivo di tale scelta è stato evidenziato in modo ancora più evidente contro i rossoneri, dopo le scialbe prove contro Atalanta e Inter: i giallorossi non sembrano avere più idee e intensità sufficiente per convertire in gioco fattivo la proprietà del pallone.

Contro la squadra di Inzaghi, Pjanic e compagni hanno provato a lasciare la patata bollente in mano ai loro avversari, ma non c’è stato verso e i giallorossi hanno pagato dazio proprio a causa di una pessima gestione di un possesso di palla (mantenuto per il 54% della gara), diventato, da elemento fondamentale per dominare l’avversario, un pericoloso handicap. Cercare di vincere le partite di rimessa non è di per sé necessariamente segno di debolezza; lo diventa nel momento in cui si rivela un semplice palliativo contro l’abulia di una manovra che non decolla più da ormai troppo tempo. Il paradosso, ma neanche troppo visto l'andamento della stagione, è aver trovato nel Milan (e non nel Sassuolo, o nel Genoa) una squadra ancor meno disposta a prendersi dei rischi, l’errore è stato quello di non calcolarlo (pur con una chiara evidenza davanti) e di non aver assunto l'antidoto al veleno nascosto nel pallone, con adeguate contromisure a livello di gioco o quantomeno di intensità. Il resto, lo dice tutto il tabellone di San Siro.