TRIGORIA - Petrachi: "Dzeko? Nessuno si mette d'accordo con altri e poi ci ricatta. La Roma la soluzione migliore per Higuain. Non ho mai cercato Barella". FOTO! VIDEO!
Alle ore 16 di ieri il nuovo ds giallorosso, Gianluca Petrachi, si è presentato alla stampa romana presso la sala Champions di Trigoria.
Come di consueto, Vocegiallorossa.it era presente in loco, trascrivendo in tempo reale le parole del nuovo DS giallorosso e fornendo la photogallery dell'evento.
Prende la parola l'AD della Roma Guido Fienga: «Siamo molto contenti di presentare Gianluca Petrachi come nuovo DS della Roma. È stato un corteggiamento tutto sommato breve ma intenso. Finalmente Gianluca può lavorare con noi, dal primo di luglio è in carica. Ho avuto modo di confrontarmi e lavorare con lui. I primi giorni sono incoraggianti per l’intesa che abbiamo avuto e che ha avuto lui con la struttura della Roma. Ora si è avviato il mercato, con le chiusure del 30 di giugno, sulle quali ci siamo confrontati e sulle quali era allineato, così come sulla scelta dell’allenatore. Gli lascio la parola con grande soddisfazione».
Parola a Petrachi: «Innanzitutto buonasera a tutti. La prima cosa che mi viene da dire è che sono molto felice di essere arrivato qui a Roma, per me è un onore. Credo che ogni mio collega ambisca ad arrivare in una società come questa. Sono onorato e orgoglioso di essere qui. Faccio una premessa, voglio ringraziare tutto il popolo granata che mi ha sostenuto in tutto questo tempo».
Prime impressioni da quando è arrivato a Roma?
«Il centro sportivo lo conoscevo già, una delle mie primissime trattativa con la Roma la feci qui a Trigoria, quando presi Cerci, poi con Iago Falque Ljajic. Già conoscevo il posto, ora si sta rifacendo il look ed è ancora meglio. Credo che la dimensione di Trigoria dia già la parvenza dell'importanza di questa società».
Paulo Fonseca?
«Sarò molto chiaro. Io sono stato molto colpito da Fonseca, lo seguivo negli ultimi anni perché volevo portare un giocatore dello Shakhtar al Torino, e rimasi impressionato da come giocava la sua squadra. Si vedeva un'idea di gioco, una squadra corta, una mentalità che io amo. Ho fatto anche io il calciatore, e quindi posso dire che se avessi avuto un allenatore come Fonseca credo che la mia carriera potesse essere diversa. Non è un'integralista, ma è molto elastico. La sua determinazione mi ha stregato. Credo che possa dare a tutti i tifosi della Roma una squadra con identità ben precisa. Ci vorrà un po' di tempo, ma sono molto ottimista. Abbiamo le idee chiare, ci confrontiamo spesso e abbiamo gli stessi pensieri. Questo è fondamentale».
Quali sono le strategie di mercato per alzare l’asticella?
«Bisogna essere realisti, fa parte del mio carattere. Oggi la Roma è all’anno zero, deve ripartire con dei valori e dei principi. Con la consapevolezza di portare giocatori che portano qualità morali. Chi viene con la pancia piena o solamente per pensare al denaro non fa parte dei miei calciatori. Io scelgo prima gli uomini e poi i calciatori. Per alzare il livello serve questo tipo di messaggio. Sento e leggo diverse cose, la Roma non è una succursale, chi viene qui deve avere entusiasmo. La voglia di Spinazzola, che non ha lasciato il Poggibonsi, con tutto il rispetto, ma la Juventus per venire alla Roma. Quella voglia sarà dentro tutti quelli che porterò alla Roma, deve avere l’entusiasmo che è in me. Lo scorso anno lo spirito di squadra e d’appartenenza si è visto poche volte. Cercherò di portare disciplina e entusiasmo. C’è gente che corre 90 minuti e dà l’anima, poi si può perdere, ma il tifoso si deve identificare con la squadra».
Che futuro avranno Dzeko e Schick?
«Innanzitutto deve passare il messaggio che nessuno si sveglia la mattina, si mette d'accordo con un'altra società e poi ci ricatta. Qualora un giocatore non abbia più voglia di stare alla Roma, si deve presentare con una squadra che lo vuole, che offra il giusto, e poi può andare. A me non piace essere preso per la gola, non mi interessa se un giocatore ha l’accordo con un’altra società. Non è casa sua, lui deve aiutarla a crescere, ma non è sua. È la società che decide e la Roma non si farà strozzare da nessuno. Faremo le migliori scelte. L’uscita di Manolas è figlia del fatto che lui voleva andare via. Ho parlato col suo agente e mi ha detto di voler andar via. Io gli ho detto che se avesse voluto ciò, c'era bisogno del pagamento della clausola. Altrimenti sarebbe rimasto qui. Il Napoli ha fatto una proposta importante, nella contropartita abbiamo preso Diawara, che rappresenta quel tipo di profilo di prima. Ieri mi ha chiamato e mi ha detto di essere disposto a non fare nemmeno un giorno di vacanza per venire qui ad allenarsi. Io voglio questa voglia e questo entusiasmo e la voglio in tutti i giocatori che sono qui».
Higuain?
«Io credo che chi discuta Higuain è un pazzo. Lui potrebbe far comodo alla Roma, qualora Dzeko andasse via, ma le motivazioni contano moltissimo. Se mai si potesse aprire qualcosa con la Juve, in primis è Higuain che deve crederci. Sto cercando di portare giocatori con motivazioni, non sarà certo il campione a farmi mettere il salame sugli occhi. Per ritrovare il vero Higuain non c’è soluzione migliore della Roma. Qui potrebbe seguire le orme di Batistuta, che qui ha lasciato un segno indelebile nella Roma. Sono cose di mercato che dovranno essere valutate più avanti. Oggi penso che Dzeko è un calciatore della Roma, che si renderà conto in ritiro che l’aria è cambiata, che il nuovo DS, il nuovo AD ed il nuovo allenatore vogliono lavorare in un certo modo. Se vuole andar via l’Inter deve pagare bene il giocatore e devo avere i soldi in tasca, altrimenti non lo vendo».
Che budget ha la Roma? Barella?
«Non sono stato abituato a lavorare con il budget. Certamente quando ho parlato con Pallotta mi disse che dovevamo fare la squadra ed investire possibilmente con i giovani di prospettiva, che abbiano voglia. I giovani vanno comunque aspettati, ma oggi ho dato 2-3 nomi e non mi è stato detto di no. Anzi, mi è stato detto che se sono convinto devo portare avanti la trattativa. È mia abitudine confrontarmi con l'allenatore, non portare giocatori non funzionali al gioco. Deve esserci condivisione di ideologia e di campo. Ora siamo qui in conferenza, ma sto comunque provando a chiudere un giocatore oggi stesso, non so se ci riuscirò ma ci sto lavorando. Barella? Sono state dette tante inesattezze. Lui, prima che arrivassi io, già aveva parlato più volte con la società, ed era anche molto contento. Questo mi è stato riferito, con il ragazzo non ho mai parlato volutamente. Poi so che con l'addio di Monchi è passato un po' di moda il calciomercato, si è perso inevitabilmente un po' di tempo. Allora si è inserita l'Inter e ha fatto la sua proposta al Cagliari. L'ha fatta al giocatore, che è stato chiamato da Conte, un grande motivatore, e quindi ci sta che Nicolò abbia l'ambizione di giocare la Champions e di non ritenere la Roma adesso superiore all'Inter. Io non ho mai cercato Barella personalmente, è il Cagliari che ha cercato la Roma, dicendo che l'Inter stava perdendo tempo e quindi la Roma, volendo, poteva avere la possibilità di prendere il giocatore. Per me era una cosa già difficile prima, a maggior ragione è difficile adesso, non perché il Cagliari non ci ha detto la verità, ma perché il giocatore ha scelto l'Inter. O Barella mi chiama e dice che vuole venire alla Roma e che ci ha ripensato, o per me è un capitolo chiuso. Io non voglio forzare i giocatori, è sbagliato. Non è che con il Dio denaro si comprano i calciatori. Se non ha la motivazione di venire alla Roma, è giusto che vada all'Inter».
Rapporto con Franco Baldini?
«Io sono stato contattato da Baldini, come credo qualche altro mio collega. Lui è il consigliere e come tale ha proposto a Pallotta altri direttori sportivi. Io con lui sono stato chiaro, così come con Pallotta e con Fienga. Non transigo sulle scelte, sono condivise dal punto di vista economico, mi dicono se possiamo o non possiamo farlo, ma sulla scelta tecnica sono io a prendermi le responsabilità, come ho sempre fatto. Col presidente Cairo, al di là delle ultime discrepanze, non ho mai ricevuto imposizioni su chi prendere, mi sono sempre preso le responsabilità. Non sarà Baldini a condizionarmi o dirmi cosa devo fare. Prima che mi scegliessero sono stato chiaro. Baldini può essere una risorsa, perché vive il calcio a 360 gradi, ha fatto il mio lavoro. Se stasera mi chiama e mi dice: “Gianluca possiamo prendere quel calciatore, se ti piace lo prendiamo”. Benissimo, questa è la collaborazione che deve esserci tra un consigliere ed un direttore sportivo. Qualora dovesse accadere il contrario non sarò più su questa sedia».
Ha visto entusiasmo in Zaniolo? A che punto è il rinnovo?
«Ha iniziato bene, ma ha avuto un calo sul finale. È uscito un po’ fuori dai parametri, che deve essere sempre sul pezzo. Tutti quelli che devono parlare di rinnovi saranno visti dopo. Lui un contratto ce l’ha e la società vorrà adeguarglielo come per un calciatore importante, perché così è considerato. Si fa presto a rendere dei miti calciatori che hanno appena fatto 15 presenze in Serie A. Andrei cauto. Ha le qualità per diventare un top, se lavora bene e con umiltà, come nei primi sei mesi di campionato, allora Zaniolo sarà il fiore all’occhiello, ma dovrà decidere lui. Deve stare con i piedi per terra, perché si perde facilmente il senso della ragione a quest’età. Nell’ultimo periodo si è smarrito, nella prima chiacchierata che ci farò lo ridimensionerò, anche se le cazzate a vent’anni le fanno tutti».
Viene qui per vincere scudetti di bilancio o per trofei?
«L’ambizione fa parte della mia vita. Le sfide mi hanno sempre appassionato. Tanti colleghi mi hanno chiesto: "Chi te l’ha fatto fare ad andare alla Roma". Fare il direttore sportivo qui e lasciare qualcosa di importante, vale il prezzo della vita professionale. Non posso dire qui: "Alzerò un trofeo", sarebbe da stupido, a Roma bisogna ricostruire, mettere fondamenta e cercare di rendere questa squadra vincente. Le cose non si costruiscono dall’oggi al domani, prima la casa si fa dalle fondamenta, non dal tetto, se no questo le cade in testa. C’è una discreta base, ci sono ragazzi con questi principi, poi il tempo dirà se Petrachi è riuscito a raggiungere un obiettivo, se la Roma vincerà un trofeo. Non amo le chiacchiere, non sono social, non rispondo a nessun giornalista. Se qualcuno pensa di avere favoritismi, sbaglia. Alcuni giornali mi hanno fatto la guerra a Torino: non do spazio a nessuno, non suggerisco nulla. Lavoro sul campo, sono attento ai particolari e non do vantaggi a nessuno. Il più piccolo dei giornalisti deve avere la consapevolezza di competere con i più grandi. Ho risposto a tutti allo stesso modo, potete leggere i messaggi in diretta. Io non guardo nessuno in faccia, faccio il mio lavoro, poi il campo dirà se ho creato una buona squadra, ma lo dirà il tempo, al momento voglio solo lavorare».
Ha ricevuto qualche richiesta di non cedere alcuni giocatori della rosa? La situazione di El Shaarawy?
«Il mister mi ha dato delle indicazioni, ma non le dico a voi. A volta capitano situazioni in cui si può essere smentiyi, non farò nomi e cognomi. Il mister ha accettato perché ci sono calciatori su cui può lavorare e farli rendere di più. El Shaarawy? Ho sentito il fratello, che fa l’agente con Pastorello, e gli ho detto che vorrei che restasse. C’è da parte mia la volontà di potergli rinnovare il contratto. C'è da capire però che non bisogna strafare. Se ci sono cifre adeguate, lo merita, ma se vuole strafare io non posso competere con i soldi della Cina. Se vuole rimanere lo voglio accontentare. Se lui vuole andare perché lo riempiono di soldi ed alla Roma arrivano i soldi adatti per comprare il sostituto, io non trattengo nessuno».
Perché Conte ha scelto l'Inter e non la Roma?
«Lo conosco da più di 30 anni, siamo entrati nel Lecce nel settembre del 1981. Antonio vuole vincere immediatamente, è in una dimensione dove arrivare secondo è una sconfitta. Forse l’Inter ha qualcosa in più, dal punto di vista dell’organico e di prospettiva per vincere nell’immediato, secondo lui. Sicuramente qualche piccola ragione ce l’avrà, magari sul fatto che la Roma deve ricostruire i perni sui quali improntare le prossime stagioni, ma io gli ho detto che vincere la sfida a Roma vale 5 scudetti con la Juventus o con l’Inter. Non sono stato lì a pregarlo o convincerlo. Sono stato il primo a credere in lui, quando ha fatto panchina all’Arezzo, gli ho detto io di prenderlo che sarà l’allenatore del futuro. Lui è fatto così: non guarda in faccia nessuno quando c’è da vincere, neanche i fratelli. Lo apprezzo e lo stimo, ma io, per come sono sentimentale e passionale, per come mi riconosco in questa piazza, perché mi piace il territorio, mi piacerebbe andare in centro per poter respirare la piazza e trasmetterla nei calciatori. Il fatto che abbia fatto un’altra scelta mi è dispiaciuto, ma credo che Fonseca può essere una sorpresa per voi e per noi. Sono molto contento, non tutto viene per caso. La sua scelta mi dà molta forza, ho molta fiducia in questa persone ed in questo professionista. Quando giocavo contro la Roma c’era qualcosa di diverso, avevo la pelle d’oca all’Olimpico, mi è rimasto dentro. La tifoseria, se invogliata, può essere l’undicesimo uomo in campo. L’ho avvertita da avversario, se riusciamo a capirlo tutti già siamo un passo avanti».
Ha parlato con Totti? Esistono possibilità di un ritorno di Strootman?
«Totti rimane la bandiera. È il simbolo di questa città, ha un senso di appartenenza meraviglioso. Ha fatto una scelta e da professionista non posso che accettarla. Mi dispiace tanto, mi ha sempre fatto un’ottima impressione, anche se da avversario ti faceva rosicare perché vinceva partite da solo. Averlo accanto da dirigente poteva essere un valore aggiunto. Tanti passaggi poteva farmeli prendere direttamente. È andata così e qualora volesse tornare io sono pronto ad accoglierlo. Strootman? In questa fase di calciomercato si fanno tante ipotesi, si buttano giù tante cose. Ci sono calciatori in uscita e si fanno valutazioni, alcune notizie escono sui giornali ed altre no. C’è stata un’idea, ma è una cosa molto remota».
Ha parlato con Florenzi? Ci sarà più stabilità a livello di rosa e non vederli andar via in tanti?
«Non ho parlato con nessuno, solamente con Kolarov, che voleva chiedermi delle cose e l’ho invitato a parlare con me. Parlerò con gli altri la prossima settimana. Florenzi è il capitano. Il senso di appartenenza deve essere in ognuno di loro. Io mi lego a quelli che hanno il senso di appartenenza, mi lego a loro, con i fatti, ma non con le chiacchiere. Da calciatore sai quanti ne ho visti che baciavano la maglia dopo il gol e rientrati nello spogliatoio dicevano: "Non vedo l'ora di andarmene"? Non è il caso di Florenzi, lui per la Roma può dare la vita. Il senso di appartenenza la vedi dentro il campo, quando metti la gamba e rischi di rompertela. Mi lego con i giocatori, non con quelli che si fanno male e fingono di avere il problemino prima della partita. Ci sono tante dinamiche nel calcio, che non emergono purtroppo. Io ti posso dire che loro capiranno qual è il mio senso di appartenenza e tutti devono pensarla così. Io ora penso solo alla Roma. Se qualcuno fa il furbo ed il fenomeno non ha lunga vita qui».
De Rossi?
«Mi dispiace che abbia smesso di giocare, non so se continuerà. Magari tra qualche anno tornerà».
Preferisce giocatori già pronti o nuovi talenti?
«Le grandi squadre si costruiscono con un mix. Io vorrei inserire qualche giocatore con esperienza, che ti aiuta a far crescere il giovane, perché non ha tante responsabilità. Sicuramente io vado per una squadra giovane, di gamba e con forza. La nuova generazione è di un calcio fisico, meno tecnico di Scarchilli che vedo lì, che andava a due all’ora ma era tecnico. Oggi il calcio è cambiato, se non c’è fisicità ti tritano. Io cerco di impostare una squadra fisica, con forza. L’idea tattica fa la differenza, avete tutti in mente l’Ajax, ha dato bambole alle grandi squadre e ai grandi giocatori, perché aveva il coraggio di andare a Torino contro la Juventus e giocare a calcio. Io credo che quel gap tecnico possa essere accorciato con la forza tattica che il nostro allenatore potrà darci».
De Rossi non ha deciso di smettere di giocare, ma la società ha deciso diversamente. Non c'è rammarico di non averlo nello spogliatoio?
«Con i se e con i ma non si va da nessuna parte. È inutile guardarsi indietro, dobbiamo far capire che vogliamo cambiare qualcosa. Io credo che dobbiamo basarci su quello che andremo a fare ed identificarci con una squadra che sta nascendo, con una forza ed un coraggio di giocare a calcio diverso. È l’aspetto più importante».
Mauro Icardi?
«È un ottimo attaccante, è forte, ha le sue problematiche all’Inter, non so cosa ne faranno. Io non rispondo a situazioni di mercato esplicite perché sono omertoso».
Ti piace una Roma di sciabola o di fioretto?
«Io credo che non puoi scegliere, entrambe le cose servono in alcuni momenti della gara: serve qualità ma anche chi salta a due metri e spazza via la palla. È un binomio che va unito, io amo il calcio offensivo, col recupero di palla immediata. Mi ha stregato con questo Fonseca. Se ogni calciatore sa quello che deve fare sei molto avanti, io mi auguro che i tifosi si rendano conto che la Roma ha una sua identità di calcio».