Totti in diretta Instagram con Salvatore Esposito: "Aver indossato un'unica maglia in carriera è stato il trofeo più grande, era il mio sogno"

22.04.2020 15:48 di  Marco Rossi Mercanti  Twitter:    vedi letture
Totti in diretta Instagram con Salvatore Esposito: "Aver indossato un'unica maglia in carriera è stato il trofeo più grande, era il mio sogno"
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© foto di Antonello Sammarco/Image Sport

Francesco Totti, ex capitano della Roma, è stato protagonista di una diretta Instagram con l'attore Salvatore Esposito, noto per aver interpretato Genny Savastano nella serie tv Gomorra:

Futuro nel cinema?
"Ti ringrazio Salvatore ma ognuno deve fare il suo. Io ho fatto il calciatore, poi sì sono simpatico, scherzoso ma da calciatore ad attore non mi sembra il caso. Una parte di Gomorra però la farei (ride, ndr)".

Racconta il tuo nuovo percorso che hai intrapreso.
"Io sto cercando nuovi talenti, non mi piace essere definito procuratore. Io spero di trovare il nuovo Totti, il nuovo Cannavaro, sto cercando in tutto il mondo e spero che questo ruolo mi porti risultati non solo per me ma per il mondo calcistico".

Quanto ti ci vuole per capire che un ragazzo è forte?
"Non voglio essere presuntuoso ma l'occhio ce l'ho e mi basterebbe poco. Sarebbe facile portare uno che fa la rovesciata o un gol a centrocampo, da quello che vedo io, io valuto lo stop, la posizione del corpo, come calcia col destro, con il sinistro, il posizionamento. Se tu dovessi scovare un nuovo attore, lo potresti trovare no? Sei del mestiere".

Per te Maradona è il più forte giocatore di sempre...
"Sì l'ho sempre detto. Prima erano altri tempi, è vero, ma Maradona ha significato tutto, hanno inventato il calcio perché c'era Maradona".

Perché Maradona tecnicamente era forte?
"La differenza la fa il campo, tutti parlano, tutti straparlano ma quando stai là dentro le chiacchiere le porta via il vento. Lui entrava in campo e si divertiva, la palla era come se andasse a cercare lui, quando calciava sentivi il rumore del pallone, come se lo accarezzasse".

Qual è il giocatore che ha fatto la differenza quando giocavi?
"Il calcio di prima era più bello di quello attuale. C'era più tecnica, c'èra un sapore diverso, andavi allo stadio perché sapevi che prima o poi poteva uscire qualcosa d'importante, qualcosa di bello da vedere, c'erano giocatori più forti. I giocatori dal 1993 fino al 2015, 2016 incontravi squadre come Bologna, Brescia che avevano giocatori impressionanti, basta che pensi a Baggio, a Signori, giocatori che erano top e che oggi è difficile ritrovare. Costacurta, Baresi, Aldair, Cafù, cioè gente di altro livello".

Questione economica questo cambiamento?
"Purtroppo in Italia non si riesce a spendere come fanno in Spagna o in Inghilterra dove hanno più chances di prendere giocatori già affermati, per vincere serve comprare giocatori top".

Un Totti, un Maradona a 19 anni quanto valevano?
"Penso che alla mia epoca, con le cifre di adesso, penso che un calciatore normale sarebbe costato tantissimo. Dopo Neymar è successo il finimondo".

Il COVID-19 potrebbe avere ripercussioni in ambito di calciomercato?
"Dovrebbero tornare alla normalità, da una parte va bene così. Tipo Mbappè, con tutto il rispetto che diventerà tra i più forti al mondo, non può costare 200 milioni di euro, mi sembra un'eresia. Un giocatore di 20 anni che guadagna 20 milioni di euro l'anno non mi sembra normale. Se però nel calcio girano questi soldi è giusto che li guadagnino ma tornare un passo indietro sarebbe un bene per tutti. Io a 20 anni guadagnavo un millesimo di quello che si guadagna oggi".

Quanto sono stati importanti i gradoni di Zeman a livello mentale?
"Dal punto di vista della preparazione era il top, ce ne sono pochissimi che ti fanno preparazioni mirate. Lui partiva dalla base, alla fine dell'allenamento eri cotto, eri stremato. Le dicerie che dicevano che non mangiavi, che stavi a dieta, tutte cavolate. Si mangiava pasta in bianco, petto di pollo, cibi classici da professionista".

Servirebbe una sorta di "vecchia scuola" nel calcio?
"Io come società farei tre passi indietro, per prima cosa andrei a scovare talenti nei settori giovanili. Oramai si va all'estero, basta che hai un nome tipo Ronaldinhos che finisci per s e sei più forte di un calciatore italiano. Io punterei ai settori giovanili, sarebbe un'iniziativa bella ritornare al passato".

Nella tua nuova veste punti sui giovani?
"Sì, li vorrei fare crescere come io vorrei. Per carità, io non sono il santone di turno e ho sbagliato anche io ma so cosa insegnare a un giovane, ci sono tante piccolezze che sono significative per un giovane calciatore".

Il rapporto con Napoli?
"Quando giocavo che ero il capitano della Roma, i tifosi del Napoli non è che mi accogliessero nel migliore dei modi com'è giusto che sia. Purtroppo tra Roma e Napoli è successo un episodio bruttissimo ma sarebbe bello tornare ai tempi del gemellaggio, le famiglie devono tornare negli stadi. Nel calcio come negli altri sport le incomprensioni ci sono. Sull'ultima partita che ho fatto a Napoli mi hanno applaudito tutti e sono rimasto sbalordito perché non me lo sarei aspettato e io li ringrazierò per sempre, è stato un gesto significativo. Quando sono tornato a Napoli come dirigente della Roma pensavo mi massacrassero, invece mi hanno applaudito tutti come hanno fatto per Maradona e in quel contesto mi sono sentito un santone. I napoletani mi piacciono, sono simili ai romani caratterialmente".

Il tuo addio?
"Io non sono il tipo che va da un allenatore e pretende di giocare, se io ho meritato di andare in campo è perché lo decideva il rettangolo di gioco. Io ho avuto allenatori forti e giocatori forti, poi rimanendo a Roma si sa che non si hanno le possibilità come altre squadre, poi non è che mi mettevano in campo per tamponare le cose. Mi hanno fatto smettere, io mi sentivo bene e anche se giocavo poco facevo crescere i giocatori, cercavo di aiutare nel mio piccolo se c'erano problemi. Nel calcio ci sono i pro e i contro, io ho sempre detto che avrei indossato una sola maglia, se fossi andato a giocare da un'altra parte per dimostrare che volevo continuare non mi sarebbe cambiato nulla, fondamentalmente quello che ho fatto io in 25 anni è difficilmente ripetibile".

De Rossi è andato al Boca Juniors...
"Lui voleva continuare e ha fatto bene, lo rispetto. Io invece ho smesso".

Com'è stato rifiutare il Real Madrid?
"C'è stato un momento in cui ho pensato seriamente di andare al Real Madrid, mancava un tassello. Il Real Madrid era l'unica squadra per la quale sarei andato via da Roma, poi però l'amore della gente, la famiglia, il trofeo più grande che ho è quello di aver indossato un'unica maglia. Avrei potuto vincere di più indubbiamente, però dentro me stesso ho vinto tutto quello che c'era da vincere perché nessuno potrà mai intaccarmi questa cosa, il sogno mio era questo e l'ho portato avanti sino alla fine".

Ti partiva la "brocca" in campo?
"Durante le partite si usava di tutto di più tra insulti, minacce. Quando diedi il calcio a Balotelli ho sbagliato, poi abbiamo chiarito e fatto pace, una volta finite le partite il rispetto deve prevalere su tutto e in campo si può sbagliare. Io sono uno che se fa un gioco devo vincere, sono un rosicone, voglio vincere anche alla playstation contro Cristian".

Quando ti vedremo tra le icone di FIFA?
"Sto su PES non so se mi diano l'esclusiva anche là".

Tre under 20 giovani che sono forti?
"Non li dico altrimenti me li portano via (ride, ndr). Ti dico che ci sono in Serie B e in Serie C".

Come vedi la ripresa dei campionati?
"In questi momenti si deve pensare più alla salute che al pallone, penso soprattutto per il rispetto di tutte le persone scomparse. Noi non possiamo stare senza sport in generale, ma in questo momento bisogna accantonare tutto perché la salute è prioritaria. A che serve ricominciare a porte chiuse, non puoi spogliarti con i compagni, che calcio è? Secondo me è una cosa che non ha significato, ora li fai allenare, poi li fai mangiare in camera propria, tanto vale che sto in casa in quarantena e aspetto che tutto finisca. Ci saranno persone che decideranno e noi aspetteremo il loro responso".

Si pensa di più al fattore economico che a quello della salute...
"Secondo me dovrebbero scendere in piazza le società, ma se vogliono continuare... I giocatori stanno a disposizione delle società, tu sei pagato da loro e se ti dicono che devi giocare, giochi. Vediamo il 4 maggio cosa succede".

Se facessi parte del cast di Gomorra, come vorresti essere chiamato?
"Io mi metto dietro di te, non faccio spia, non faccio niente, faccio l'autista (ride, ndr)".

Stai giocando a calciotto...
"Devo dire che è un campionato divertente, poi vai a cena con gli amici. Una volta che ti sposi, non puoi fare più niente tra moglie e figli, hai altre priorità".

Come sono quelli che giocano contro di te?
"Si vede che per gli avversari sia una giornata diversa, a me fa piacere perché ritorno alle mie origini. Giocare con questi ragazzi di 20-30 anni mi fa piacere, io sono innamorato dei miei compagni perché mi fanno sentire un ragazzo normale, per me è tutto".

Quando ti danno i calcetti ti chiedono scusa?
"Sì sì non lo fanno con cattiveria, poi quando entri sul terreno di gioco ci sta tutto, altrimenti mi sarei messo il tutu e avrei fatto il ballerino".

Tiri poco però in porta...
"La differenza in quel contesto si vede, io cerco di far divertire i ragazzi. Aspetta però, quando perdo vado in puzza eh (ride, ndr). Vedi i 20enni che vanno il triplo di te, se non stai bene fisicamente non ce la fai. Il calciotto è un altro sport rispetto alla Serie A, è come se un tennista lo metti a giocare a padel".

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