Panucci: "La Roma è la donna di cui mi sono innamorato nonostante non sia la più bella di tutte. Fui contattato dalla società dopo l'esonero di Di Francesco"

11.03.2022 13:53 di  Redazione Vocegiallorossa  Twitter:    vedi letture
Panucci: "La Roma è la donna di cui mi sono innamorato nonostante non sia la più bella di tutte. Fui contattato dalla società dopo l'esonero di Di Francesco"
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Christian Panucci, ex difensore della Roma, è stato intervistato ai microfoni de Il Diabolico e il Divino, trasmissione in onda su New Sound Level 90FM, condotta da Giuseppe Falcao, Simone LP e Gabriele Ziantoni. Ecco, di seguito, le sue parole:

Domenica c’è Udinese – Roma, ci racconti quell’episodio con Doni?
«Io ho avuto un bellissimo rapporto con lui, è capitato quell’episodio in cui litigammo proprio a Udine per un’incomprensione di gioco; io gli avevo solo chiesto se avesse chiamato la palla e lui si è un po’ innervosito ma quelle sono cose che in campo succedono, abbiamo discusso ma è finita lì. Doni era un ottimo portiere, a noi difensori dava moltissima sicurezza e per la difesa è una cosa molto importante, alla Roma ha fatto molto bene».

La mia Roma?
«La mia Roma era una Roma forte, aveva una personalità molto forte, parliamo di calciatori come Samuel, Cafu, Totti tra gli altri. La personalità per ottenere i risultati a livelli alti è fondamentale, senza personalità non puoi ambire a certi obiettivi. Sarei potuto venire prima, quando stavo al Milan, perché Mazzone mi voleva, ma non c’è mai stata una vera e propria trattativa. Sono andato via dal Milan quando arrivò Sacchi, con cui non ho mai litigato ma mi aveva chiamato Capello al Real Madrid. A Roma sono venuto dopo e ho trovato uno dei posti più belli del mondo, continuo a vivere a Roma e dico sempre che è la donna di cui mi sono innamorato nonostante non sia la più bella di tutte».

Spalletti?
«Con Spalletti i primi anni abbiamo incantato, aveva trovato il giusto gruppo per le sue idee e quando andavamo in campo riuscivamo a fare esattamente quello che provavamo in allenamento. Io ce l’ho avuto come allenatore a 31 - 32 anni ma ho imparato tantissime cose da lui. In più lui mi diceva tutte le cose in faccia e questa cosa mi ha fatto imparare tanto nonostante avessi già parecchia esperienza. Ci sono state delle incomprensioni e spesso la vedevamo in modo differente, ma ancora oggi lo sento e lo ritengo un grandissimo allenatore. Mi ritengo fortunato di aver avuto allenatori del genere, completi soprattutto da un punto di vista umano, anche se ho incontrato degli allenatori che avevano qualcosa in più».

Passando alla Roma di oggi, cosa pensi di Josè Mourinho?
«Mourinho fece con me l’unica intervista esclusiva concessa a Sky, io parlai con un calciatore del Real Madrid che mi raccontò che quando gli disse che ero io a volerlo intervistare lui rispose “può venire quando vuole”. Roma soddisfa l’ambizione di tutti, è una città che io definisco il salotto d’Europa anche se la trattiamo male. Per non parlare poi dei tifosi, ho giocato nelle piazze più importanti del mondo ma il tifoso della Roma è incredibile. Sono d’accordo con Mourinho che in questo momento sta mettendo qualche giovane in campo; in Italia io credo che ci sia poca gente che sa fare calcio in Italia: uno dei pochi esempi virtuosi è Maldini per esempio, che con tantissime difficoltà ha tirato su una grandissima squadra. Il problema è questo in Italia, non siamo più competitivi, quando mettiamo il naso fuori da casa nostra non siamo competitivi. Io soffro anche a vedere certe cose, ma quello che ho imparato è che i grandi allenatori per vincere hanno bisogno dei grandi giocatori».

Che pensi di Kumbulla? L’hai convocato tu per primo in Nazionale…
«Lo convocai ma poi si infortunò e non poté venire. L’avevo convocato perché volevo vederlo, anche perché non avevo troppi giocatori in Albania. È un giocatore bravo, si vede che ha delle qualità importanti, ma in una città come Roma per far uscire il carattere ci vuole più tempo. È necessario che la società sia forte, lo aspetti, anche a fronte di un investimento di 30 milioni. Bisogna aspettare, fare le cose per bene e farlo crescere, perché a Roma non è facile affermarsi in questo momento».

Christian Panucci allenatore:
«Ho cercato di imparare qualcosa da tutti quelli che ho avuto. Il più forte è sempre stato Fabio Capello per me, per quello che è riuscito a fare a Roma. Ne ho avuti tantissimi bravi e quindi mi ispiro a loro. Capello però aveva una cosa speciale, sapeva scegliere i giocatori; dopo il primo anno ha capito quale fosse il problema e ha preso Samuel Emerson e Batistuta per ricostruire la spina dorsale delle squadre e abbiamo subito vinto. Dopo l’addio di Di Francesco c’era stato un contatto tra me e la Roma ma io avevo un contratto con l’Albania e non potevo accettare 3 mesi di contratto».