Pallotta: "Servono 28 mesi per realizzare lo stadio. Pensavo che il calcio fosse il peggior sport nella storia, ora è al pari col Basket tra i miei preferiti". VIDEO!

28.03.2019 10:10 di Luca d'Alessandro Twitter:    vedi letture
Pallotta: "Servono 28 mesi per realizzare lo stadio. Pensavo che il calcio fosse il peggior sport nella storia, ora è al pari col Basket tra i miei preferiti". VIDEO!

Il presidente della Roma, James Pallotta, è tornato a parlare della vicenda relativa allo Stadio di Tor di Valle in un’intervista a Real Vision, una web-tv dedicata al mondo del business. 

Chi è James Pallotta?
«Sono nato nel 1958 nel North-End (la Little Italy di Boston, ndr), andavo a scuola vestito come John Travolta, con la camicia aperta e la medaglietta di Sant'Antonio. Ordinavo dodici libri a settimana ed è ciò che mi ha salvato, più di ogni cosa. Dopo l'università ho lavorato come scaricatore di camion ortofrutticoli alle 3 di mattina e alla Polaroid come guardia privata. Poi, prima del Master, ho costruito campi da tennis e da basket in giro per il Massachussetts. I miei genitori mi hanno insegnato il rispetto per le persone. Ancora adesso, quando faccio dei colloqui per assumere qualcuno, lo porto in alcuni scenari dove posso osservare come tratta la gente: camerieri, fattorini, uscieri, tassisti, baristi. Se non li tratta bene, per me è finita: non voglio avere più nulla a che fare con lui».

I Boston Celtics:
«Sono cresciuto a un isolato dal Boston Garden. Quando ero giovane, con sei o sette amici facevamo una colletta e compravamo un biglietto. Uno entrava legalmente e gli altri salivano sul tetto attraverso le scale antincendio sul retro fino ad arrivare al tetto. Poi quello che era dentro saliva da dentro sul tetto, apriva le porte antincendio e ci faceva entrare. Agli uscieri non importava. Più tardi, invece, con un amico di South Boston che aveva una tipografia iniziammo a stampare biglietti falsi: così mi sono goduto tutta l'era di Larry Bird senza perdermi nemmeno una partita, a meno che non stessi in viaggio. Quattro di noi entravano con un biglietto falso. Non c'erano codici a barre, nelle sezioni 86 e 88 si stava in piedi e guardavamo così tutte le più grandi partite. Era fantastico».

Sei Presidente della Roma dal 2012. Adesso si guarda avanti per l’apertura dello stadio…
"Lo spero. In tre anni o giù di lì. Inizieremo a costruire alla fine dell’anno, poi ci vorranno circa 28 mesi prima dell’apertura. Voglio dire, penso che la mia entrata sia stata interessante per la Roma. Sono arrivato come uno dei tre investitori passivi. Ho pensato, è Roma, potrebbe essere divertente e potremmo aiutarla a far crescere un marchio globale della città di Roma".

Su Di Benedetto:
"Io e gli altri soci abbiamo capito che non aveva né i mezzi, né le capacità per guidare una squadra di calcio europea. Così, quasi in automatico, un anno o nove mesi dopo, sono finito per diventare presidente e proprietario, mettendoci un sacco di soldi."

Sul calcio:
"La verità è che pensavo che il calcio fosse il peggiore nella storia degli sport. Prima non mi piaceva e non lo capivo. Poi, abbastanza velocemente, è diventato il mio sport preferito, o comunque al pari del basket. Ora, quando guardo una partita a casa, accendo 5 televisori insieme in stanze diverse e cammino. Se sono a Roma durante una partita non riesco a sedermi. Sto in piedi con Tonino (Tempestilli ndr), un uomo che lavora nel club, e guardiamo il match. Il mio posto fortunato è il 13 e cerco sempre di tenerlo vuoto". 

C’è la volontà di fare lo stadio, hai cambiato il logo, quali sono le altre tue iniziative per far crescere il marchio?
"Quando abbiamo comprato la squadra, la squadra era in grave difficoltà finanziaria. I precedenti proprietari, mentre potevano aver fatto un buon lavoro in alcuni anni sul campo, prendevano in prestito da altre imprese e hanno avuto grandi quantità di debito. Fondamentalmente Unicredit penso che in pratica sia stato il proprietario della squadra. Quindi abbiamo avuto molto da fare per cambiare subito questa cosa. Penso di aver passato i primi due anni quasi combattendo esclusivamente con le banche per questo motivo, anche se avevamo un accordo e cosa si sarebbe dovuto fare. Ti ricordi in Europa in quel periodo di tempo, la crisi finanziaria colpì davvero due o tre, quattro anni dopo con le banche di quanto non fosse negli Stati Uniti. Quindi le banche erano davvero molto difficili dal punto di vista economico e anche dal lato delle azioni. E anche se avevamo un contratto che diceva, devi farlo, non lo stavano facendo. Qualunque cosa era una lotta. Quindi alla fine, dopo alcuni anni, li abbiamo liberati da tutti i debiti. Abbiamo comprato il debito da loro con uno sconto e abbiamo ottenuto anche il capitale con uno sconto sostanziale. Credo che si siano pentiti in qualche modo di averlo ceduto in quel modo.".

Dal tuo punto di vista si va nella direzione giusta, ma in Italia sembra ci siano sempre tanti problemi. Cosa vedi adesso guardando avanti?
"Da italiano cerco di capire, capisco. L’Italia sta avendo problemi come questo da centinaia e migliaia di anni. Devi ricordare che l’Italia ha solo circa 160 anni. Voglio dire, gli Stati Uniti come paese sono 100 anni più vecchi. Avevano tutti questi feudi o paesi all’interno della nazione. E questi avevano una propria organizzazione. A volte è difficile far quadrare ciò che succede al nord con ciò che succede al sud o nelle isole. Penso siano stati fatti diversi errori politici nel corso degli anni. Credo che alcune delle cose che stanno succedendo oggi negli USA, sono successe 20 anni fa lì. Hanno una storia di cambiamenti continui. Gli italiani sono persone creative e se il governo può avere dei problemi, gli italiani sono tra i più ricchi in Europa. Ci sono davvero tanti soldi in Italia. Nonostante ciò, 3/4 delle transazioni avviene ancora in contanti. Questo me lo hanno detto da Mastercard.

Sono centinaia di migliaia di anni che si cerca di capire come aggirare le tasse. E lo capisco. Basti guardare come il governo ha gestito le cose in certe aree. È un esempio perfetto di ciò che ci è accaduto con lo stadio. Sono almeno tre anni che avrebbe dovuto esserci… alcuni problemi probabilmente sono stati auto-inflitti dallo costruttore che possedeva i terreni (Parnasi ndr), ma altri dal governo. A volte è solo più facile non prendere una decisione, e a volte hai un cambiamento da un governo a un altro ed è come se dovessi ricominciare tutto da capo.

La cosa frustrante è che stiamo pagando per questo. Non è come negli Stati Uniti, dove in molti casi ti danno centinaia di milioni di dollari di crediti d’imposta o agevolazioni fiscali o persino denaro per l’infrastruttura. Nel nostro caso, non otteniamo denaro per le infrastrutture, non otteniamo soldi per lo stadio. Quindi sarà un’opera finanziata privatamente che sarà utilizzata da tutta l’Italia meridionale. Costruiremo uno stadio da 54.000 posti, 270.000 metri quadrati di spazio per l’intrattenimento. Quindi speriamo che tutto sia a posto entro la fine di maggio e che non cambi nulla, così da ottenere le risorse finanziarie necessarie e mettere la prima pietra entro fine dell’anno". 

Per non parlare dell’affitto che paga per lo stadio Olimpico…
"Questo non è un problema tanto grande. Il discorso con lo stadio attuale è che non lo possiedi. Non hai concessioni. Cerchiamo di fare il miglior lavoro possibile. Abbiamo una grande area VIP. Facciamo un sacco di cose buone con lo stadio insieme al CONI. Ma ci sono ancora tanti limiti. Ad esempio: non ci sono taxi che vanno allo stadio. Per arrivarci è una camminata di 10 isolati. Non ci sono mezzi pubblici per raggiungerlo. Non c’è un vero parcheggio. Quindi è davvero difficile farci arrivare le persone".