Garcia: "Ho creduto allo scudetto fino a Sassuolo-Juventus"
Intervenuto al mensile Surface, il tecnico giallorosso Rudi Garcia ha rilasciato alcune dichiarazioni riportate dall'edizione odierna de La Gazzetta dello Sport. Vocegiallorossa.it ve ne propone uno stralcio:
"Spero che il futuro mi consenta di restare a lungo alla Roma per vincere. Questo club deve fare bene in Champions e lottare ogni anno per il titolo in Italia. L’ambizione è quella di costruire un grande club. Voglio arrivare ai vertici. Come James Pallotta. Pjanic? La sua cessione non è all'ordine del giorno".
In seguito, anche La Repubblica ha pubblicato un'altra intervista effettuata al tecnico giallorosso. Eccone uno stralcio:
Lei ci ha creduto davvero a un possibile sorpasso alla Juventus o era un modo per tenere la squadra sulla corda?
"Ci ho creduto fino alla partita col Sassuolo, che ha pure giocato una partita bella e coraggiosa. I sorpassi che sembravano incredibili non li ho inventati io, sono nella storia del calcio. Ci resta la soddisfazione di aver tenuto sotto pressione fino a tre giornate dalla fine una Juve che viaggiava a ritmi-record".
Catania, un brutto scivolone.
"Abbiamo sbagliato tutti, io per primo. Vedremo di farne tesoro. La stagione resta molto positiva".
Se uno dei suoi giocatori fa un "cavolata", una connerie per dirla in francese, lei come si regola?
"Glielo dico, e anche bruscamente, e magari davanti a tutti i compagni, quando fa più male. È già successo. Ma non vado a raccontarlo ai giornali".
Altre abitudini?
"Non entrare in competizione coi giocatori. Capirli. Metterli nella condizione di dare il massimo. Concentrarsi sui giocatori e isolarsi dall’ambiente. Dicono che ho fatto molto in fretta a capire la Roma. Ho deciso fin dall’inizio che non m’interessava il passato, per me conta solo il presente. Ho trovato un ottimo gruppo, siamo partiti bene, con segnali chiari: Francesco che cede il pallone a Osvaldo, Daniele che segna a Livorno e chiude il tormentone del va o resta, Federico che segna nel derby".
Il gol più bello?
"Quello ottenuto con un tocco da tre metri dopo una serie di passaggi rasoterra. Ma è chiaro che se vedo un gol come quello di Miralem al Milan non vado a sgridarlo, e nemmeno se Francesco, Daniele o Kevin segnano con una botta da 25 metri. Un allenatore è felice quando si sublima, no sublima suona enfatico, diciamo esalta il collettivo".
Li ha sempre chiamati per nome, i giocatori, o è una novità romana?
"L’ho sempre fatto".