De Rossi: "Ho subito una lesione grave, è l'infortunio peggiore della mia carriera. In futuro farò l'allenatore". VIDEO!

20.12.2018 18:30 di Andrea Cioccio Twitter:    vedi letture
De Rossi: "Ho subito una lesione grave, è l'infortunio peggiore della mia carriera. In futuro farò l'allenatore". VIDEO!
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Daniele De Rossi, capitano della Roma, è fuori per una lesione alla cartilagine dalla sfida di Napoli del 28 ottobre passato. In vista della sfida contro la Juventus di sabato alle 20:30, per la quale difficilmente riuscirà a recuperare, ha rilasciato un'intervista a DAZN, in cui si sofferma sulla sua carriera, sul suo futuro, sull'infortunio e sulla squadra. Ecco le sue parole:

Sulla mentalità.
"Le grandi squadre hanno bisogno di grandi giocatori e anche di grandi uomini, e spesso i grandi giocatori sono grandi uomini. Gente che ha in testa dalla mattina alla sera quello che sarà il risultato della domenica dopo e questo è quello che ho imparato di più dai miei avversari juventini, che poi per tanto tempo sono stati miei compagni in Nazionale, e su questo per certi versi mi sento molto simile a loro. Più invecchio e più mi sento simile a quel tipo di mentalità. Certo la famiglia e i nostri i figli sono la cosa più importante, però, a livello di ore dedicate nell’arco della giornata, il calcio è il primo pensiero della mia vita perché il calcio è il mio lavoro, è la prima cosa che mi rende felice, quando la faccio bene io insieme ai miei compagni. Il calcio non riesco più a farlo passare in secondo piano. Per dare il meglio in campo non penso che ci sia bisogno che uno che, una volta arrivato al campo concentrato, in condizioni fisiche buone, che ha mangiato bene e dormito bene, sia anche romanista, curvarolo e che baci la maglia quando segna. Quello è un qualcosa in più, che fa piacere a me e ai tifosi e che non posso togliermi di dosso perché è la mia vita, è il mio essere ed è così. Ma non penso che questo sia determinante per riuscire a fare qualcosa di buono in campo”.

Su Juventus-Roma.
“Nella sfortuna abbiamo una fortuna. Abbiamo talmente tanta pressione ultimamente per via della nostra classifica e delle nostre prestazioni, che la pressione dello Juventus-Roma la viviamo relativamente male. Siamo in un momento delicato perché sappiamo che stiamo facendo meno bene di quanto dovremmo fare e sappiamo che noi tutti, mister compreso, siamo sotto osservazione. Quindi per questo tutti quanti noi vogliamo fare una grande partita a Torino, più per noi che per l’importanza della sfida stessa. Poi se andiamo nel dettaglio della gara sappiamo che le pressioni non sono solo per la situazione di classifica attuale ma anche per l’avversario, che è il più forte che c’è”.

Sulla squadra.
“I giocatori che sono arrivati sono forti, non è detto che siano meno forti di quelli che sono andati via. L'errore che abbiamo fatto, tutta la piazza ma forse anche noi giocatori, è stato quello di aver parlato troppo dei giocatori che sono partiti e forse questo peso si è sentito troppo sulle spalle di chi è arrivato. E non è stato giusto. Il dispiacere per quelli che sono andati via rimane ancora oggi, ma doveva essere assimilato da parte di tutti in maniera più sciolta. Penso che anche se al momento non stanno andando bene le cose a livello di squadra, a livello di singoli, per quelli che sono arrivati da pochi mesi, credo che la situazione stia migliorando e si stanno integrando bene".

Sui giovani.
“Nella Roma ci sono parecchi giovani. A volte parliamo di giovani e pensiamo ai ragazzi classe 1999 o 2000, ma anche Lorenzo Pellegrini è del 1996 ed è un quindi ragazzino anche lui. E Lorenzo è un giocatore di un certo livello. Anche lo stesso Bryan Cristante che stiamo vedendo nelle ultime partite è in crescita, è un giocatore molto forte. Ce ne sono tanti di ragazzi forti, lo stesso Zaniolo è uno che è esploso in maniera incredibile, anche se si poteva vedere già da questa estate che era un giocatore veramente solido. Cori è anche un giocatore che a me piace tanto. Non saprei dirti ora chi è un giocatore adatto alla Roma, chi andrà in un club migliore della Roma o chi farà un passo magari indietro. Perché in questa stagione, dove le cose non vanno benissimo a livello di squadra, probabilmente anche i giocatori singolarmente non stanno emergendo come potrebbero. Poi se andiamo a vedere i valori sono tutti giocatori veramente forti. Non ho citato Kluivert e Ünder che sono due attaccanti fenomenali. Lo stesso Schick è un giocatore veramente molto forte che sta anche lui incontrando delle difficoltà che sono poi legate alle difficoltà di squadra”.

Sull'infortunio.
"È l'infortunio più grave e delicato della mia carriera. Non mi era mai capitato di stare così tanto fuori. E’ stata una lesione abbastanza importante. Se dovesse rompersi di nuovo, a 35 anni potrebbe essere anche più grave di quanto potrebbe essere magari quando sei più giovane. Quindi devo stare attento, sto rientrando con il gruppo. È già parecchio che  lavoro sul campo, corro e calcio il pallone. Ma credo di essere abbastanza indietro ancora: in campo c’è da correre, da mettere il piede, non è così facile subito”.

Sul primo gol con la Roma.
“Mi rendo conto di essere abbastanza vecchio per il mio lavoro perché mi vengono i brividi quando lo vedo. L’ho visto prima mille volte e non mi faceva tanto effetto. Mi fa effetto ora, più che il gol, l’esultanza del presidente Sensi e della signora Maria che non ci sono più. Ricordo nitidamente quella giornata, molto meglio di altre più recenti. Arrivai qui a Trigoria dopo la gara a riprendere la macchina e quando tornavo a casa mi resi conto che ero andato su ’90° minuto in TV. Ora ci sono mille canali e trasmissioni: all’epoca non era così. Vedendomi lì, mi sentii importante, famoso. È stata una bella giornata. Ne ho vissute poi tante così, ma la prima ti lascia quel marchio di indelebile che non torni più dalla testa. Sensazioni nuove che la prima volta di da la sensazione di una doccia fredda, positiva, che ti cambia per sempre”.

Sul bilancio con la Roma.
"Quando ero piccolo avrei firmato in qualsiasi modo per fare la metà delle partite che ho fatto in Serie A, sono un privilegiato. Ho fatto il lavoro che amavo, nella città che amavo, con la squadra che amavo, in mezzo alla gente che amo tuttora. Mi pesa guardare sotto il burrone, sentire la fine che è più vicina, soprattutto in questo periodo di infortunio, dove ho assaporato cosa significa stare lontano dalla squadra. So che mi farà male quando smetterò definitivamente di fare questo lavoro. Ero alla presentazione di un libro e mi hanno chiesto se avevo rimpianti per non essere mai andato in un altro posto a giocare. Io ho risposto che il mio unico rimpianto è che tra un po’ devo smettere e che non portò continuare a giocare in eterno qui alla Roma. Che manchino sei mesi, un anno, o due anni, comunque nell'arco di una carriera siamo agli sgoccioli. Non è un rimpianto, perché è quello che è la carriera di ognuno di noi, la vita di un essere umano. Però è un dispiacere sapere che arriverà un giorno che in cui non metterò gli scarpini e non entrerò più in campo con questa maglia addosso… sarà una sensazione forte”.

Sul Porto e la Champions League.
"È l'inizio di un sogno, di nuovo, ed è stata una pagina nera della mia carriera. Sono stato espulso, un rosso che ci ha penalizzato in una gara che avevamo giocato bene all’andata e stavamo già perdendo 0-1 in casa. Quindi, è un peso che sento e ho sentito tanto dentro di me. Ma ora rimane solo l'avversaria da affrontare agli ottavi di finale di Champions e la squadra che ci divide dalle prime otto di Europa. che è qualcosa di importante per la Roma e in particolare modo per questa Roma”.

Sui media e il futuro.
“Sono cambiati i tempi e io mi relaziono con un pizzico di difficoltà alle nuove generazioni perché io mi relaziono con un pizzico di difficoltà con il mondo social. I tempi ti portano molto a strizzare l’occhio ai social, ai media, alla telecamera ed è qualcosa che a me un pochino mi irrigidisce. Sono sempre un po’ restio a parlare e ad apparire. In questo forse sono un po’ cambiato. Prima forse ero più aperto e divertito da questo baraccone in cui mi affacciavo. ora mi pesa un pochino. Ho forse la sensazione di avere questo sogno di fare l’allenatore e se devo pensare a tutte le cose che deve fare un allenatore, tra tutte le difficoltà di quel mestiere, la cosa che mi spaventa di più è quella di dover fare 100 interviste a settimana. Quello un po’ mi agita appunto perché mi pesa. Mio padre mi dice di non farlo, che è un lavoraccio (ride, ndr). Lui ha sempre avuto questa passione di lavorare in questo mondo ma con i giovani. Penso che sia in Italia il migliore che c’è, proprio perché non ha mai avuto la velleità di diventare il nuovo Guardiola, Sacchi o Mourinho. È sempre stato uno che ha capito quale era il suo posto. Io non mi ci vedo ad allenare i ragazzi, non ho la sua pazienza. Però da lui posso imparare tante cose, ma soprattutto imparo quotidianamente come ci si comporta nel mondo e lui è un maestro anche in quello. Non so se sarò capace, ci proverò. Studierò per farlo. Sicuramente l’idea che ho adesso è quella di viaggiare nell’anno successivo al ritiro, sfruttando tutte le conoscenze che ho avuto la fortuna di accumulare in questi anni fortunati. Ho conosciuto in questi anni tanti personaggi interessanti, allenatori, ex compagni che sono diventati allenatori e mi piacerebbe andare a trovarli,spiarli e rubare un po’ della loro conoscenza. Sognare significa avere obiettivi, stimoli, avere qualcosa per cui svegliarsi la mattina. È quello che mi ha fatto fare questo lavoro ma la fortuna mia è che ho sogni non solo legati a calcio. I sogni non finiranno il giorno che mi leverò gli scarpini”.