Bruno Conti: "Roma-Juve? Un match simbolo, il discorso scudetto è ancora aperto"

27.02.2015 18:44 di  Alfonso Cerani   vedi letture
Fonte: AS Roma match program
Bruno Conti: "Roma-Juve? Un match simbolo, il discorso scudetto è ancora aperto"
Vocegiallorossa.it
© foto di Valeria Bittarelli

Nell'AS Roma match program è stata pubblicata una lunga intervista a Bruno Conti, storica bandiera giallorossa ed eroe del secondo scudetto della Roma. Queste le sue parole, iniziando dalla sfida contro la Juventus di lunedì:

Cosa rappresentava per lei questa partita?

“Per tanto tempo è stato un confronto sentito: più volte ci siamo battuti e più volte le polemiche non sono mancate. Per l’epoca mia, negli anni Ottanta, era spesso un match simbolo del calcio italiano. Noi eravamo forti, ma anche loro. A volte abbiamo vinto noi, a volte hanno vinto loro”.

Nell’81 non vinsero loro la partita, ma si aggiudicarono il campionato perché a Turone fu annullato un gol a Torino.

“Già, non vinsero nei novanta minuti perché finì 0-0, ma si aggiudicarono un titolo che avremmo meritato noi. Il gol era regolare, regolarissimo, lo abbiamo visto tante volte. Ricordo l’arrabbiatura di quei giorni, che mi portai dietro anche in Nazionale. E lì, con qualche juventino, nacque una discussione”.

Racconti...

“Eravamo in ritiro e ognuno stava occupando il tempo a modo suo. A un certo punto, entrai nella sala dove Tardelli e altri compagni stavano giocando a biliardo. E Tardelli cominciò a prendermi in giro, dicendo: Come mi sono divertito e quanto ho festeggiato stanotte pensando allo scudetto vinto. Mamma mia”.

Beh, non proprio il massimo della sportività...

“Lei capirà, erano passati pochi giorni da quel fattaccio e non l’avevo superato affatto. Così risposi a Marco: Vedi, a volte sei tanto intelligente, a volte sei proprio stronzo. Gente come Scirea, per esempio, non si era permessa di dire certe cose. Lui sì. Ovviamente, è stata una lite del momento, superata dopo poco tempo”.

In campo, invece, c’era un avversario più avversario di altri?

“Gentile, senza dubbio. Come diciamo a Roma: era un bel paraculo. Un difensore fortissimo, arcigno, che in campo non ti lasciava respiro. E in più sapeva come farti perdere la pazienza perché durante le partite ti stuzzicava con pizzicotti, bottarelle qua e là. Pensate alle partite dell’Italia nel Mondiale di Spagna ’82, ricordate cosa combinò a Zico e Maradona? A Maradona strappò la maglietta per quanto lo marcava stretto. Ghento era forte, ma spesso e volentieri ci siamo attaccati sul terreno di gioco”.

Come quella volta nell’83 all’Olimpico quando Gilberto Viti la portò via a forza negli spogliatoi...

“Esatto. Andammo in vantaggio con Falcao, un gol che poteva significare scudetto. Poi fummo prima ripresi e poi scavalcati dai gol di Platini e Brio. A fine partita i nervi erano tesi e ci fu questa discussione con Gentile. Ci fu pure un battibecco tra Brio e Pruzzo. Per fortuna fu una sconfitta che non influì sul campionato, che conquistammo. La settimana successiva il confronto con la Juve andammo a Pisa e vincemmo con autorità”.

Di quelle che ha disputato, una sfida ai bianconeri che ricorda più di altre?

“Beh, quella del 1983 quando a Torino segnai a Tacconi con un gran tiro dalla distanza. Di gol ne ho segnati pochi, ma belli. Come quello al derby di qualche anno prima con un sinistro al volo sotto l’incrocio dei pali”.

Erano tese le vigilie di un Roma-Juventus?

“No, anzi, rispetto ad altre partite, riuscivamo a rimanere più concentrati. Liedholm ci dava la tranquillità necessaria per scendere in campo con le giuste motivazioni senza eccessi”.

Alla luce dei recenti risultati in campionato della Roma di Garcia, che significato bisogna dare al match di lunedì sera?

“Sarà molto importante riuscire a vincerlo. Se prendi i tre punti e se la Juventus - come credo - dovesse andare ancora avanti in Champions League, una vittoria della Roma potrebbe dare fastidio alla squadra di Allegri perché la impegnerebbe seriamente su più fronti. Per me il discorso scudetto è ancora aperto”.