Beccaccioli: "Col mister un'intesa inaspettata, Monchi mi ha chiesto di restare. Per i giocatori il video ormai è parte integrante del lavoro"

16.07.2018 12:34 di  Gabriele Chiocchio  Twitter:    vedi letture
Beccaccioli: "Col mister un'intesa inaspettata, Monchi mi ha chiesto di restare. Per i giocatori il video ormai è parte integrante del lavoro"

Il video analyst della Roma Simone Beccaccioli è intervenuto ai microfoni di Roma TV.

In che consiste il tuo lavoro?
"Il mio lavoro con mister Di Francesco è quello di dare più informazioni possibile su avversario e quello che viene sviluppato in video, anche a livello statistico, per poter lui sviluppare il lavoro. Sono talmente tante le informazioni che si possono avere che vanno scremate, altrimenti dovrei dare al mister un faldone. Con lui il lavoro è appagante, mi chiede qualsiasi tipo di informazione. Si è creata un'intesa inaspettata, parliamo veramente di tutto, anche quando non stiamo insieme c'è una telefonata, ci confrontiamo sul mercato. Io do solo un supporto, poi giudica lui. Parliamo anche di un calcio piazzato o di qualcosa che è successo ai mondiali. Il discorso si è allargato, adesso il video analyst è un collaboratore a tutti gli effetti. I video hanno importanza per due motivi: aumentano gli strumenti, poi bisogna capitalizzare ogni ora e la sala video diventa un allenamento, tutti i giocatori la interpretano come una parte importante del loro lavoro".

Come si diventa video analyst?
"Ci vuole passione incredibile per questo gioco, siamo dei privilegiati perché lavoriamo con un gioco. Fin da bambino era pane e calcio. Sono passato per una mediocre carriera, poi ho abbinato le conoscenze calcistiche e quelle informatiche, siamo riusciti a tirare fuori questo lavoro. Eravamo pochissimi, ora c'è un interesse incredibile. Sento ragazzi di categorie bassissime che montano telecamere sui campi per fare analisi. Il calcio cambia, è in evoluzione continua. È basato sempre su sensazioni, puoi analizzare una partita con 100000 dati, ma poi ti resta quello che hai visto".

Serve aver giocato a calcio?
"Sì. Conta avere la passione, ricominciare tutti i giorni. Per come giocavo io, facevo quello che non bisognava fare (ride, ndr). Ho giocato anche qui, con giocatori molto più forti, già mi piaceva vedere chi sarebbe arrivato. Mi dicevano che ce l'avrebbe fatta uno su un milione, veramente ce l'hanno fatta tutti: Bovo, Pepe, De Rossi... (ride, ndr)".

Come funziona nella quotidianità il tuo lavoro? Quante indicazioni che dai ritrovi nel lavoro quotidiano?
"Non è una cosa tangibile nel quotidiano, l'analisi è quasi sempre fatta su quello che dice il mister. Ho cercato di capire al massimo quello che vuole il mister, nel proporre qualcosa devo essere attinente a quello che pensa il mister. Se faccio perdere tempo al mister è la cosa peggiore, non c'è un giorno in cui non vediamo qualcosa o non parliamo, oggi abbiamo parlato della partita di Latina. Mi fa piacere che parliamo anche di un'eventuale evoluzione del suo pensiero. Essendo una persona curiosa, il mio lavoro è esaltato, più mi chiedi e più ti do. Tante volte entro senza una sua richiesta e lui mi ascolta, si è creato un rapporto di fiducia incredibile. Lui conosce benissimo il calcio, le categorie, i tipi di giocatori, ha fatto tutti i lavori e tutte le categorie, questo mi consente di avere già il livello delle cose che gli devo dire".

Cosa successe tra te e Kolarov prima di Roma-Qarabag, quando gli azeri cambiarono un esterno rispetto alle previsioni?
"Non ci aspettavamo che giocasse, per cui abbiamo fatto vedere le caratteristiche principali. Kolarov non ne ha bisogno, ma più cose sai, più hai vantaggio. Lui faceva stretching e ne abbiamo approfittato, quel giocatore aveva giocato un minuto solo, magari i giocatori del Chelsea li conosci. I giocatori però sono talmente professionali che sapere una cosa in più è meglio. La disponibilità di Aleks mi ha consentito di fare questa cosa".

Quando senti qualcuno parlare di calcio, cosa pensi?
"La prima parte è quella patetica, vale a dire che mi sento fortunato. Ma la cosa che mi impressiona è l'ardore con cui dicono le cose e quanto ci credono. Il calcio non ha controprove, non ha bisogno di scienziati, non è detto che ciò che dicono sia sbagliato. Chiaramente, a volte vorrei intervenire come vuole intervenire anche un barista, il calcio consente a tutti di poter giocare e di poterne parlare".

Che rapporto hai con Monchi?
"C'è interazione. C'è una stima particolare, dopo pochi giorni mi ha chiesto di rimanere tre anni alla Roma. Io ovviamente avevo già fiducia in lui, lui ne ha avuta in me, parliamo il giusto. Quando lui si avvicina a me, mi approccia come uno che ci capisce, mi chiede cose importanti".

Un commento al mondiale?
"Non è mai indicativo per novità tattiche, per sistemi di gioco particolari. Mi resta impressa la fisicità sempre più importante, avere giocatori che possono dare un impatto con grande forza e prepotenza fisica, che si sviluppa sui calci piazzati. La Francia li ha vinti giustamente, è stato affascinante ma la fisicità è stato il tratto distintivo. Sono andate avanti squadre che fanno più fatica, la Croazia è un ibrido, con giocatori di struttura e qualità. Lo stesso Modric corre tantissimo, fisicità intesa anche come resistenza atletica".