Variabili vecchie e nuove
Dopo due mesi decisamente sui generis, in cui il campionato fermo ha un po’ cristallizzato tutte quelle dinamiche di contorno che siamo abituati a vivere durante l’anno, la ripresa degli allenamenti individuali ha restituito agli appassionati di Roma un po’ di quella normalità che però, probabilmente, non è che mancasse così tanto: Pau Lopez ha infatti riportato una microfrattura al polso e rimarrà fermo tre settimane. Un leitmotiv continuo prima dello stop, ripropostosi minacciosamente nonappena sia stato possibile; il guaio è che, qualora si riprendesse a giocare, la situazione non potrebbe che peggiorare. Abbiamo già parlato delle cinque sostituzioni (che, tuttavia, la UEFA non sembra orientata a confermare) come possibile palliativo, ma ciò che aspetterebbe i calciatori in caso di ripartenza sarebbe al limite del pensabile. Ricordate le famose serie di sette partite da giocare ogni tre giorni, con la trasferta di Parma, ad esempio, in cui la Roma perse principalmente per un serbatoio già oltre la riserva? Ecco, riprendere a giocare significherebbe disputare una serie non da sette, ma da dodici (o tredici) partite a cui accodare anche ciò che resta dell’Europa League: la differenza starebbe nel fatto che tutto ciò varrebbe per tutti, e che quindi, delle due squadre in campo, non sarebbe solo una quella consapevole di dover gestire le forze, ma entrambe, con un conseguente abbassamento del ritmo di gioco.
E non si è ancora considerata la variabile temperatura: non è vero che in estate non si gioca, perché ogni due anni c’è un grande torneo a giugno e ci sono preliminari delle coppe e primi turni di campionato ad agosto, ma le pressioni e il ritmo della parte centrale e finale di un campionato sono roba ben diversa, uno scenario completamente nuovo che contribuirà, eventualmente, ad aumentare il rischio nelle gambe degli atleti e a cambiare, di conseguenza, l’andamento delle partite. Un’altra variabile, nel campionato più soggetto a variabili di sempre.