Qualche spiraglio in mezzo alla crisi
Continua il 2020 da incubo della Roma. A Napoli i giallorossi cadono per la terza volta, su quattro partite, nel campionato post Covid-19. Squadra in piena crisi di risultati: addio sogni di Champions League e una qualificazione all'Europa League tenuta a galla proprio dal Napoli vincitore della Coppa Italia (sperando di non dover arrivare al punto di fare la corsa con l'Hellas Verona). Il gol vittoria di Insigne è lì implacabile a non dare tregua a una Roma capace di creare qualche buono spunto rispetto all'apatia vista contro Milan e Udinese. Con aspettative bassissime visto il livello tecnico/tattico/fisico delle ultime prestazioni, Fonseca era stato bravo e umile, questa volta, a disegnare una squadra diciamo provinciale col suo 3-5-2/5-3-2. Tre difensori puri, gioco da sviluppare al centro e quando l'esterno aveva gamba e spazio, premiare l'inserimento. In campo però va anche il peso delle ultime sconfitte, il famoso aspetto mentale di cui ha parlato il mister. Non è un caso che l'inzio è di stampo partenopeo con delle buone occasioni per passare in vantaggio. In più, per non farsi mancare nulla, la Roma perde il migliore difensore a disposizione con l'infortunio di Smalling.
Tutti segnali di una sorta di fine pena mai. Tra una parata di Pau Lopez e una traversa, con molta fatica, la squadra resta in partita e sfiora anche il gol. La rete la trova il Napoli grazie al solito errore del singolo, con Ibanez fermo a non leggere il taglio di Callejon (giocata su cui ci ha costruito una carriera). Qui, quando si pensa a una squadra che si dissolva sotto i colpi del Napoli, arriva la risposta di Mhkitaryan. Un lampo, come il motivo della maglia indossata, un sussulto, un moto d'orgoglio. Soprattutto un gol che mancava da ben 245' più recuperi. Un bis d'emozioni insieme al ritorno in campo di Zaniolo, perché proprio quando accarezzavi l'idea di strappare almeno un punto e arginare un minimo la crisi, arriva puntuale il gol di Insigne a ricordarti che la realtà è un'altra e dice che non basta qualche piccolo spiraglio per venirne fuori. Troppi perché nella valutazione della prestazioni dei singoli, il portiere, non importa se Mirante o Pau Lopez, spesso e volentieri è il migliore in campo, l'abbandono di un credo tattico per uno più funzionale nel limitare i danni. Tutti ingredienti per il countdown di un fine stagione atteso quasi come si aspetta il 31 dicembre, con la speranza di buoni propositi che puntuali si ripropongono stagione dopo stagione.