Non basta più un defibrillatore, non c'è più calcio nel cuore della Roma
Turning point, punto di svolta: la Roma non lo ha raggiunto ieri contro lo Spezia, ma l’aveva già superato da almeno due settimane, dopo la sconfitta interna contro l’Atalanta. Sarebbe facile attribuire alla sconfitta di Barcellona inguaribili effetti deleteri, ma è stata quella terminata col KO contro la squadra Reja la partita in cui si poteva capire verso quale strada si è incanalata la squadra di Garcia. Poteva cambiare qualcosa e non è stato fatto, e dopo la curva la Roma ha trovato una strada più che dissestata, che ha danneggiato gomme, sospensioni e quant’altro. La macchina ormai non cammina quasi più e quella di Coppa Italia è stata la quarta pagina di non calcio scritta dalla Roma da quando si è deciso di proseguire senza cambiare strada.
Di problemi tattici se n’è parlato a bizzeffe, ma con un tale scarto tecnico (comunque la si voglia pensare sull’operato di Walter Sabatini) anche una squadra da questo punto di vista primordiale e contraddittoria come la Roma avrebbe dovuto, con la giusta energia, portare a casa un match contro una squadra che milita nel campionato di Serie B (il rispetto è sottinteso, non c’è da evidenziarlo oltremodo). Da Roma-Atalanta quell’energia non c’è stata quasi più, non c’è stata a Torino, non c’è stata col BATE Borisov, c’è stata in parte col Napoli e poi è stata persa nuovamente ieri pomeriggio. Qui non si parla più di gioco posizionale o di transizioni, di errori individuali o sviste collettive, di moduli di gioco o di ruoli: la Roma non produce più calcio, anche nella sua peggiore forma immaginabile, e la mancanza di risultati altro non può aver fatto se non deprimere un ambiente che finisce per diventare ostile ai giocatori, che a loro volta non riescono, da soli, a invertire il trend.
È una valanga che sta tralvolgendo tutto e tutti e che in qualche modo va fermata: non può essere il risultato di una partita che la Roma domenica disputerà contro un’altra squadra in grande difficoltà come il Genoa a determinare il futuro di Rudi Garcia. Confermarlo senza i presupposti necessari, magari per un episodio fortunato (déjà vu?) avrebbe certamente più probabilità di essere un prolungamento di un’agonia e una perdita di tempo prezioso che una scintilla per ripartire, visto che il cuore del malato già è stato defibrillato più volte, con qualche effetto a breve termine non risolutivo. Le ultime cinque partite lasciano pensare che i presupposti perché Rudi Garcia, tecnico che ha risollevato la Roma da un periodo fortemente negativo e l’ha portata a segnare il record di punti della sua storia, fatti che non vanno dimenticati nella valutazione del lavoro in giallorosso del francese, possa continuare a essere un elemento utile alla causa non ci siano più; nel calcio tutto può cambiare repentinamente, ma non sembra proprio questo il caso.