Giù la maschera!
Le tre partite precedenti contro il Bodø/Glimt avevano generato una mistica tutta particolare, alimentata da (e che ha alimentato) una faida che un anno fa sarebbe stata impensabile, una rivalità tra una squadra stabilmente nell’alta fascia europea come la Roma e una Cenerentola come i norvegesi.
Il 6-1, che episodico era ed episodico è rimasto, il fatto di non aver mai battuto, per un motivo o per l’altro, la squadra di Knutsen, le dichiarazioni continue, anche qualche provocazione dei tifosi: negli ultimi giorni aveva finito per montarsi una cosa che in realtà, di concreto, aveva il giusto. Su questo il Bodø/Glimt ha giocato e, forse, si è anche adagiato. Alla vigilia i norvegesi erano apparsi sereni, tranquilli, sorridenti, quasi in gita (in un posto dove, tra l’altro, erano già stati): sembravano automi, a poche ore della sfida più importante della loro storia.
Poi c’è stato il campo, che già una settimana fa aveva dato un segnale: la Roma aveva perso principalmente per sua colpa, per non aver dato intensità e per qualche ingenuità di troppo. Questa sera, invece, i giallorossi hanno fatto tutto quello che dovevano fare, facendo emergere con tutta la naturalezza possibile il gap tecnico con il Bodø/Glimt: il risultato sono tre gol in trenta minuti scarsi e il quarto per arrotondare, con conseguente passaggio del turno. La Roma ha smascherato il Bodø/Glimt, buona squadra che evidentemente, però, non era più di tale, che ha approfittato della mistica di cui sopra per confondere le acque e far sembrare ciò che non era.
E ora anche la Roma ha gettato la sua, di maschera: fatta tutta la tara possibile, José Mourinho ha messo in campo una delle migliori versioni dei suoi, per energia, pressing e qualità offensiva, tutto ciò che, per esempio, era mancato nel turno precedente contro il Vitesse. E se anche Zaniolo si è sbloccato, non c’è nulla che non possa far pensare che, dopo aver fatto il suo dovere, la Roma adesso possa veramente pensare di centrare l’obiettivo Conference League. Alle viste c’è il primo vero scontro concretamente difficile, contro un Leicester, reduce dall’Europa League, la cui qualità è chiaramente più elevata rispetto agli avversari incontrati dalla Roma fino a questo momento in Europa. Ora si fa sul serio, con la prospettiva di dover fare solo un passo per tornare, 31 anni dopo, in una finale europea. Senza più fantasmi da cancellare.