Fonseca l'uomo giusto nell'incertezza
"Nella vita perlopiù ci sentiamo smarriti", disse Paul Newman iniziando la sua arringa nel film Il Verdetto ed è così che, chi più chi meno, ci sentiamo in questo periodo.
Questo periodo è senza precedenti nella storia (almeno in quella recente) e mette tutti a dura prova. L’incertezza è stata (ed è tutt’ora) la parola chiave delle nostre giornate, dal lavoro alla vita sociale, dal numero dei contagi fino allo sport, al calcio. Ora si può finalmente tornare ad allenarsi, in gruppo, anzi in gruppetti ma senza pallone, o forse sì, ma senza contatti, senza provare schemi né partitelle. Ci si allenerà con l’obiettivo di tornare a giocare. Si tornerà a giocare? Certo, sempre che il calcio sia pronto a mettere tutti in quarantena al primo contagiato. La FIGC è d’accordo, i club di A no e quindi si ricomincia da capo. Il Governo pretende che vengano messi tutti in quarantena però no, non è così sicuro, aspettiamo di vedere quanti contagi ci saranno. Incertezza su incertezza. E se il campionato non dovesse finire, quanto perderebbe il calcio? Quanto perderebbero i lavoratori (non pensate sempre e solo ai calciatori milionari) che campano grazie al calcio? Chi si qualificherebbe alle coppe europee? Cosa accadrebbe con gli inevitabili ricorsi? Ancora incertezze. Senza contare tutte queste variabili come potrebbero influire nella programmazione della prossima stagione, sul mercato e sulla cessione della società. Tornerà Friedkin? E l’arabo verrà veramente?
In una situazione di profondo smarrimento, ci si aggrappa a tutti i punti fermi che si possano trovare. A Trigoria c’è un uomo che rappresenta il prototipo per l’occasione: Paulo Fonseca è l’uomo venuto dalle terre fredde ucraine ma con il passaporto portoghese e un’anima latina capace di prendere la forma dell’ambiente in cui si trova, adattandosi pur mantenendo la sua filosofia. Il suo presunto integralismo è durato 90 minuti, dal fischio di inizio a al fischio finale di Roma-Genoa. Mentre i paragoni con Zeman si sprecavano, l’allenatore lusitano già pensava a cosa correggere nella sua Roma. Si è adattato ai giocatori, al calcio italiano e ha valorizzato gli elementi a sua disposizione, gran punto di forza di un bravo allenatore. In pubblico, si è sempre mostrato sereno, pacato ma allo stesso tempo estremamente determinato e sono diventate famose le sue telefonate ai giocatori da comprare per convincerli della bontà del progetto Roma. Un uomo posato, sicuro, equilibrato e centrato. Quello che ci vuole, soprattutto ora.