Carte rimescolate
In un campionato già decisamente sui generis per la Roma (e non solo), arriva una nuova rimescolata di carte. Lo slittamento di una settimana di Roma-Sampdoria e la disputa dei match di marzo a porte chiuse sono l'ennesima variabile impazzita in una stagione in cui elementi esterni al campo stanno avendo un peso quasi senza precedenti (cosa da tenere in considerazione quando si maneggiano con ben poca cura termini come "programmazione" o "progetto", decisamente abusati da queste parti). In queste righe, seguendo l'esempio di Klopp, si tralasceranno aspetti importanti - ma non di competenza di chi scrive - quali ordine pubblico, salute, eccetera; proviamo a parlare di calcio e a capire cosa significa per la Roma tutto questo. Intanto, per prima cosa: non giocare domenica significa avere finalmente un po' di tempo per rifiatare e un po' di tempo in più per recuperare gli infortunati, cosa decisamente non da poco. Con tutte le gare che la Roma ha giocato con una lista indisponibili esagerata, questo pit-stop diventa di fondamentale importanza.
Specie se l'appuntamento successivo è il primo round contro il Siviglia (che invece giocherà nel suo campionato), crocevia da cui passano tante delle ambizioni ancora rimaste in questa annata. E qui si passa ad analizzare l'altro aspetto della cosa: giocare, tra le altre, il ritorno contro gli andalusi a porte chiuse è un imprevisto svantaggio, l'ennesimo condizionamento negativo a cui i giocatori e Paulo Fonseca dovranno far fronte mettendo in campo uno sforzo extra. Ci sarà da capire quante energie nervose siano rimaste in un'annata in cui sta succedendo di tutto e il rischio di cedere al disorientamento è sempre dietro l'angolo. Tra episodi arbitrali discutibili, decisioni sul calendario forse ancora più discutibili, un passaggio di proprietà che, sebbene proceda senza intoppi, può sempre essere motivo di distrazioni e ora questo, la famosa normalità che tanto si desidera a Trigoria rimarrà, appunto, un desiderio ancora per un po'. Meglio abituarcisi.