A Torino la Roma si gioca tutto e niente
Mancano tre partite e poi potremo salutare un faticoso 2018.
Bello, entusiasmante, coinvolgente ma con un forte retrogusto amaro.
Amaro per la semifinale di Champions e la consapevolezza che, con un pizzico di attenzione in più, di fortuna in più, di Var in più, si sarebbe potuta scrivere la storia.
Amaro per una squadra che quest’anno si è accartocciata su se stessa e a Di Francesco spetta il compito di cercare di interrompere il filo che sembrerebbe condurlo all’esonero.
Amaro anche per la consapevolezza che De Rossi non è più un giovanotto e, decaduto Totti, l’ora del tramonto calcistico del calciatore di Ostia si sta avvicinando sempre di più.
Ed è un problema perché, per fortuna o purtroppo, De Rossi è ancora fondamentale e l’abbiamo visto in questi due mesi di assenza: Cristante sta solo ora riabituandosi a giocare più indietro mentre Nzonzi è ancora lontano parente del calciatore che a Siviglia riusciva a tenere il palcoscenico, tenere in mano il centrocampo con il suo passo felpato e il suo fisico imponente.
Contro la Juventus, la Roma si gioca tutto e niente. Tutto perché Di Francesco è ancora in bilico. Niente, perché legare il futuro del tecnico alla gara di Torino avrebbe poco senso poiché i bianconeri, al momento, sono su un livello talmente alto che nessuno in Italia si può realmente avvicinare.
Tutto sembra portare all’esonero. I rumors, le indiscrezioni, i segnali, tutto il circo sembra essersi attivato per arrivare a un’unica, desolante, conclusione.
Se Di Francesco riuscirà a interrompere il ciclo e a invertire la rotta avrà fatto un miracolo. Con la gentile collaborazione di Lazio e Milan che, con con molta educazione, stanno aspettando i giallorossi e nonostante tutto il quarto posto è lì, dista 3 punti, sembra di poterlo sfiorare, quasi accarezzare, respirare.
Ancora 3 partite, 9 punti in palio, 6 l’obiettivo realistico. Poi la sosta, la quiete, il mercato e i suoi deliri. E poi si farà sul serio.