Il campionato di Jeremy Menez: poche luci e molte ombre

25.05.2011 16:30 di  Massimo De Caridi   vedi letture
Alessandro Carducci
Alessandro Carducci
© foto di Voce giallorossa

Menez via dalla Roma. Ha segnato più Grandolfo del Bari in una partita che il francese in un campionato. Queste sono alcune delle frasi più carine dette sull’ex calciatore del Monaco: genio quando decide di giocare come sa e calciatore triste e svogliato quando non sente la fiducia dell’ambiente intorno a sé.

Facendo un bilancio della stagione calcistica appena terminata, si può dire che il numero 94 romanista ha vissuto 2 campionati in uno. Nella prima parte, con Claudio Ranieri sulla panchina giallorossa, è stato un crescendo di prestazioni. All’inizio, il suo rendimento non è stato eccezionale, ma dopo un paio di mesi ha cominciato a giocare con continuità e nonostante la scarsa vena realizzativa, per usare un eufemismo, Menez era comunque uno dei migliori in campo quasi ad ogni gara. Secondo molti opinionisti, ma anche per la maggioranza dei tifosi, l’unico intoccabile del reparto offensivo doveva esser lui. Ranieri aveva modellato la squadra sul 4-3-1-2 ed il ruolo di trequartista è probabilmente quello in cui ha espresso le più belle prestazioni da quando è nella Capitale. Dopo l’incredibile sconfitta di Genova contro i rossoblu, dove i giallorossi in vantaggio per 3-0 dopo 60’, furono sconfitti 4-3, il mister di San Saba diede le dimissioni e con l’avvento di Vincenzo Montella, arrivò anche l’incupimento del francese.

L’ex centravanti di Pomigliano D’Arco puntò sul modulo che la maggior parte dei giocatori conosceva meglio: il 4-2-3-1. Questa scelta permise a qualche senatore come Perrotta o Taddei o Pizarro di giocare con più frequenza e nelle intenzioni, aumentando anche il livello di gioco per cercare di tornare almeno in corsa per il quarto posto. Tra i sacrificati illustri ci fu certamente Borriello, che dopo aver giocato male contro Bologna e Shakthar Donetsk, venne mandato in panchina inserendo Totti come centravanti dal primo minuto, che da quel momento in poi inanellò una serie di match favolosi costellati da gol a raffica, che tennero la Roma incollata al sogno quarto posto sino a 2 giornate dal termine della stagione.

Giocando con il Capitano davanti, venne spontaneo a Montella mettere dietro la punta unica Simone Perrotta, che tanto bene aveva fatto nell’era spallettiana ed a destra Rodrigo Taddei, per dare un po’ di equilibrio alla squadra. A sinistra, Vucinic aveva sempre dimostrato le cose migliori negli anni precedenti e fu così che per Menez le possibilità di giocare si dilatarono. A volte partiva dalla panchina e quando giocava titolare, veniva quasi sempre sostituito.

Poiché Jeremy Menez ha un carattere chiuso e non essendo un ragazzo grintosissimo in campo, si è sentito poco stimato dal tecnico e per sua stessa ammissione, a fine campionato, ha detto che nell’era Montella ha mentalmente tirato i remi in barca. Grosso errore che un giocatore non dovrebbe mai commettere, ma che inconsciamente può capitare. La domanda adesso è: mandiamo via un talento di 24 anni che potrebbe in futuro diventare un grande campione o teniamo un giocatore svogliato che alle prime avversità si estranea dalla lotta? A sentire la maggioranza della tifoseria romanista, il ragazzo deve trovarsi di corsa un’altra squadra, ma forse attendere ancora un altro anno, magari con un allenatore che lo responsabilizzi a dovere, potrebbe restituire alla Roma un grande patrimonio ed alla piazza scoprire che il grande nome magari lo si ha già in casa.