Garcia vs Zeman, 4-3-3 a confronto
Oggi alle ore 15 allo Stadio Olimpico Roma-Cagliari non sarà una partita come le altre. Il motivo: Zdenek Zeman. È stato proprio il tecnico boemo, lo stesso per cui “i derby sono una partita uguale alle altre” ad ammettere che giocare contro la Roma ,la squadra della città in cui abita da venti anni, non può lasciare impassibile nessuno, perfino lui imperscrutabile, parsimonioso di parole ed emozioni. La gara, dove i tre punti per la Roma diventano ancora più importanti vista la vittoria della Juventus contro il Milan, però rappresenta anche (parentesi Andreazzoli a parte) una sorta di sfida tra il passato e presente della panchina giallorossa. Garcia contro Zeman dunque. 4-3-3 a confronto e mai come in questo caso si può dire che il modulo inteso come numeri è un’indicazione fallace. Già perché come disse in un’intervista uno dei maggiori discepoli di Zeman, Carmine Gautieri: “Il 4-3-3 di Zeman è unico e irripetibile da applicare”.
Le differenze tra come applica il modulo il tecnico boemo da quello francese si vede già dal portiere, un ruolo che di solito non viene mai preso in considerazione tatticamente e invece no, per Zeman il portiere, vista la linea difensiva molto alta, deve rimanere costantemente sul limite dell’area di rigore, pronto a svolgere il compito da libero staccato e deve saper giocare bene coi piedi. La difesa alta con l’applicazione spasmodica del fuorigioco della Roma di Zeman ha lasciato il posto a quella di Garcia alta sì, ma con un marcatore in uscita sempre e un difensore centrale che rimane a coprire più il mediano difensivo a protezione. Se per il primo il reparto arretrato è sempre stato il proprio tallone d’Achille, visto che le squadre del boemo segnano molto ma subiscono tantissimo, per il secondo è un punto di forza essendo state molte le partite in cui De Sanctis è rimasto con la porta invariata. Diverso è anche il modo in cui la squadra sviluppa la manovra, anche se: “In attacco (la Roma n.d.r.) qualche mio movimento lo fanno” ha dichiarato Zeman che rimane integralista nella sua idea di gioco di squadra dove spesso le singole individualità soffrono l’applicazione alla lettera del suo manuale delle giocate fatto di velocità e verticalizzazioni. Un 4-3-3 difficile da applicare e lo ha capito Garcia che è stato definito dal suo rivale di domani: “Un Guardiola, un Luis Enrique che vuole il possesso e sfrutta le giocate dei singoli". Anche qui dunque siamo agli antipodi: Il singolo che si deve adattare alla squadra da una parte e la squadra che viene valorizzata dai singoli. C’è dunque un qualcosa che accomuna i due tecnici? Tatticamente, dialetticamente, come vivono il match forse no, ma una cosa senz’altro c’è: la passione per la Roma.