Scacco Matto - Roma-Porto 0-3: disastro collettivo e individuale
La Roma lascia la Champions League con una pesante sconfitta: il Porto passa per 0-3, con le reti di Felipe, Layún e Corona.
LE SCELTE - Privo di Thomas Vermaelen per squalifica, Luciano Spalletti vuole comunque un centrale difensivo in grado di impostare. Accanto a Kostas Manōlas non c’è dunque Federico Fazio (unico altro centrale disponibile, in panchina per ogni evenienza), ma Daniele De Rossi, con Bruno Peres a destra e Jesus a sinistra. Scelte quindi obbligate a centrocampo, composto da Leandro Paredes, Kevin Strootman e Radja Nainggolan qualche metro più avanti. In attacco, Diego Perotti vince il ballottaggio con Stephan El Shaarawy per l’ultimo posto con Mohamed Salah ed Edin Džeko. Nuno Espírito Santo opera invece un solo cambio rispetto alla gara di andata: a destra nel suo 4-2-3-1 non c’è Adrián López, ma Jesús Corona, con Otávio e André André alle spalle di André Silva.
LA PARTITA - Contrariamente al match d’andata, il Porto inizia forte, andando a cercare di colpire il punto debole dello schieramento della Roma, vale a dire il centrodestra difensivo. I piedi non pregiati di Manōlas e la posizione sistematicamente proiettata in avanti di Bruno Peres, a volte quasi mezz’ala, costituiscono bersaglio perfetto per il pressing degli uomini di Nuno, che disturbano la costruzione bassa giallorossa e recuperando diversi palloni nella zona alta del campo, complice anche qualche evitabile errore in disimpegno della Roma. La cosa permette agli ospiti di rendersi pericolosi anche grazie ai continui scambi di posizione tra i trequartisti, specialmente André André e Otávio che si alternano tra centro e sinistra della batteria alle spalle di André Silva. I padroni di casa vanno sotto presto con il colpo di testa di Felipe, che viene perso colpevolmente da Jesus su un calcio di punizione e sono quindi costretti a fare ancora di più la partita. Si rivedono però i difetti mostrati sabato, nel primo tempo contro l’Udinese: la circolazione di palla è lenta, specialmente a causa dello scarso ritmo di Leandro Paredes, che impega sempre un tempo di troppo a giocare il pallone, e la disposizione della squadra è troppo lunga, con un centrocampo che non riesce a essere denso e compatto. Stavolta nemmeno l’aiuto di Strootman alla difesa riesce a ridare quadratura allo schieramento degli uomini di Spalletti, che continuano a provarci con quantità ma con poca qualità e sono imprecisi nell’unica occasione limpida creata, il tiro di Salah su una bella giocata di Perotti per Džeko, bravo a servirlo. I piani si complicano ulteriormente quando Daniele De Rossi entra con il piede a martello su Maxi Pereira e si guadagna la doccia, lasciando i suoi in inferiorità numerica
I CAMBI - La scelta di Spalletti è quella di richiamare Leandro Paredes facendo entrare Emerson Palmieri per un 4-2-3, che però non tarda a diventare 4-1-4 visto che Nainggolan non rinuncia ad aggiungersi alla linea degli attaccanti come accade in situazioni più normali. Nel secondo tempo, in cui nel Porto non c’è più Maxi Pereira, infortunato, ma Layún, la Roma rientra in campo forse sfiduciata e lo stesso Emerson Palmieri, entrato in campo cosciente della situazione di gara, perde la testa e si fa cacciare anche lui. Nuno, forte di una doppia superiorità numerica, ha l’idea di dare energia ai suoi inserendo Sérgio Oliveira, un centrocampista, al posto di Otávio. L’effetto è l’opposto: il Porto non mette definitivamente le mani sulla partita, che la Roma prova a tenere in piedi nei modi in cui può. Le azioni offensive si riducono a strappi personali, di Perotti ma anche di Iturbe nel frattempo subentrato a Džeko, le possibili ripartenze vengono interrotte da falli sistematici e sale in cattedra Kevin Strootman, chiamato insieme a Nainggolan a coprire una porzione immensa di campo. Nella parte centrale della ripresa, anche aiutata dalla notevole imprecisione del Porto, la Roma resta in piedi e addirittura ha la chance del pareggio con Perotti che non riesce a calciare da pochi passi, ma viene condannata da un altro errore individuale, quello di Szczęsny che apre la porta in uscita sull’ennesima ripartenza di Layún, pronto a chiudere la gara ulteriormente lucchettata dal terzo gol di Corona.
LA CHIAVE - Il disastro dell’Olimpico è dunque frutto di un’inadeguatezza sia di squadra che individuale. Ancora una volta la Roma non ha mostrato l’esperienza necessaria per competere in Europa, unita all’insufficiente qualità e precisione già viste sabato e a una serie impressionante di errori dei singoli. Difficile concepire un risultato diverso da quello con cui i giallorossi lasciano l’Europa dei grandi per continuare in quella dei piccoli, dove avranno l’occasione e il dovere di apprendere il più possibile come si scenda in campo a livello internazionale.