Kluivert: "Il mio ruolo ideale è esterno sinistro. Di Francesco mi chiede di essere sempre concentrato. Sogno il Barcellona"
Questo uno stralcio dell'intervista di Kluivert a Il Messaggero:
Come è andata la trattativa con Monchi?
«In un primo momento ci sono stati contatti solo con il mio agente, poi ho parlato con il direttore e con i miei familiari. Ero a Ibiza e sono volato ad Amsterdam per firmare tutti i documenti».
Su di lei c'era anche il Tottenham?
«Sì. Mi volevano anche altri club, ma ho scelto il posto migliore per la mia crescita e per la vita. Questo non significa che in Inghilterra non siano buone condizioni».
La voleva anche Mourinho, vero?
«Nella finale di Europa League quando lui mi ha avvicinato mi ha fatto molto piacere. Mi ha ribadito che quando ero solo un bambino, e mio padre giocava nel Barcellona, lui faceva parte dello staff, gli faceva piacere rivedere quel bambino cresciuto e che addirittura stava giocando una finale di Coppa contro di lui».
Alcuni suoi giovani colleghi che erano alla Roma prima hanno fatto bene e poi sono stati venduti a società più blasonate. Pensa che un giorno capiterà anche a lei?
«È una politica interessante, quella di un club che scommette sui giovani. Ora sono io uno di questi ed è uno dei motivi per il quale ho scelto la Roma. Qui si può crescere bene e poi quando si concretizza una successiva vendita il vantaggio è da entrambe le parti».
Dove si vede tra 10 anni?
«Al Barcellona».
È il suo sogno?
«Sì, lo è sempre stato ma sono aperto a ogni possibilità».
Di Francesco la sta provando esterno destro.
«Ho sempre giocato a sinistra per rientrare con il piede forte. Credo che quello sia il mio ruolo ideale, ma non mi importa».
Come si trova con Di Francesco?
«Bene, trovo positivo che a fine allenamento mi chiami da parte per spiegarmi meglio cosa vuole. Sarò pronto per il campionato».
Cose le spiega?
«Mi ha invitato a essere sempre concentrato».
Pensa che il club stia cercando un altro esterno d'attacco perché voi giovani offrite poche garanzie?
«È possibile che qualcuno sia in partenza. L'unica certezza che ho è che al di là di chi arrivi io farò di tutto per essere una prima scelta».
A proposito di famiglia, che percorso segue il figlio di un calciatore per diventare un professionista?
«È una bella domanda. Molto spesso si parla di genetica, non so se è vero o no, ma forse nel mio caso sì perché mio padre è stato un grande calciatore. Io sto cercando di ripercorrere le sue orme e credo di essere sulla strada giusta. Per certi versi è positivo avere un padre che ha fatto questa professione ed ha avuto grande successo, ma a volte è anche difficile perché sin da piccolo ti accostano a tuo padre e tutti si aspettano molto. Lo vedo anche con i miei fratelli che giocano a calcio, tutti fanno paragoni e si aspettano cose da loro. Io non ho sentito questa pressione, piuttosto ho trovato bello portare questo cognome e il fatto che la gente si aspettasse tanto da me. Ha sempre prevalso il desiderio positivo di far vedere quello che potevo fare, non ho mai sentito la pressione o l'obbligo di fare qualcosa perché mio padre l'aveva fatto già prima di me».
Ha sentito suo padre dopo la partita contro il Tottenham?
«Sì, mi ha dato qualche consiglio come spesso fa. Noi parliamo di tutto, non solo di calcio: mi dà consigli di vita».
Come si è sistemato a Roma?
«L'ambientamento procede bene. Ho già trovato il mio posto in squadra, vado d'accordo con tutti in particolare con i ragazzi più giovani. Ho trovato casa a Roma, non vedo l'ora di cominciare a giocare a calcio e fare questa nuova esperienza di vita».