Zanzi: "Alcune cose nel calcio italiano devono cambiare. Abbiamo un ottimo rapporto con la MLS"

09.08.2014 11:44 di Gabriele Chiocchio  Twitter:    vedi letture
Fonte: philly.com
Zanzi: "Alcune cose nel calcio italiano devono cambiare. Abbiamo un ottimo rapporto con la MLS"
Vocegiallorossa.it
© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Il CEO della Roma Italo Zanzi ha rilasciato una lunga intervista al portale americano philly.com, in cui ha toccato tanti argomenti tra cui il suo passaggio alla Roma, la presenza dei giallorossi in Lega e il calcio americano. Ecco la traduzione di Vocegiallorossa.it.

Come fa un cittadino di New York a diventare il CEO di una delle squadre di calcio più famose d’Italia?
“(ride, ndr) Beh, questa opportunità è basata sull’acquisizione della Roma da parte della proprietà americana. Era una cosa unica, e poco dopo il passaggio loro si sono mossi per mettere insieme un managment che conducesse le operazioni. Hanno svolto una ricerca attraverso un’agenzia di reclutamento esecutivo e sono stato identificato. Mi piacerebbe pensare che il mio background a quel punto coincidesse con quello che stavano cercando. Non solo venivo da un ambiente calcistico - ho giocato in College all’Università di Chigago e poi sono stato un assistente allenatore mentre studiavo legge alla Business School ad Atlanta -, ma capivo lo sport. Ironicamente, pensavo che la mia carriera nel calcio fosse finita - e così era - e ho pensato che la mia carriera nell’atletica fosse finita, ma sono stato reclutato per giocare nella nazionale USA di pallamano. Che non è calcio, ma è comunque uno sport internazionale. Quindi sono stato molti anni nel mercato dello sport internazionale, prima alla MLB, poi alla CONCACAF (la confederazione nord-centroamericana di calcio, ndr), e poi diversi altri progetti come la America’s Cup. Quindi pur non avendo lavorato speficivamente in Italia, le cose che facciamo adesso sono simili a quelle che ho svolto in passato. E mi piace pensare che io abbia un sano desiderio di nuove sfide e nuove opportunità. Stiamo costruendo qualcosa che è nuovo e non è mai stato fatto prima. È eccitante”.

In passato è stata raccontata la storia di come Pallotta ha acquisito la Roma, ma dal tuo punto di vista, come hai visto l’operazione?
“Lui era parte di un gruppo che stava cercando di rilevare il management operativo della Roma, oltre alla maggioranza del patrimonio. Dopo essere stati coinvolto a un livello più passivo, ha avuto l’opportunità di prendere il controllo. Ha deciso molto rapidamente di farlo e ha riconosciuto che ci fosse una grande opportunità che rilevare una storica franchigia che stava attraversando un momento problematico, ma con capitali, idee e il giusto management, c’era l’opportunità almeno di riportalra dov’era, se non a un livello più alto. Dunque Jim ha preso un impegno personalmente e così hanno fatto i suoi partner, e si sono mossi rapidamente per mettere insieme un’infrastruttura che facesse crescere la squadra”

Immagino che quando guardi ai grandi club da lontano, una delle cose che si nota è che molti di questi sono stati di proprietà delle stesse persone o famiglie non per anni, ma per generazioni. Penso agli Agnelli, a Berlusconi. E la Roma è stata di proprietà della famiglia Sensi per 18 anni. Ora è arrivato Pallotta, che è un amerircano. Mi chiedo cosa sia stato per voi provare a portare influenze nella cultura della proprietà del calcio italiano che forse non c’erano mai state.
“Molto è legato ai risultati. Quando siamo arrivati qui, la squadra non stava andando bene. La stagione precedente all’ultima non abbiamo giocato bene, ma la parte più difficile è stata la sconfitta nella finale di Coppa Italia contro i rivali cittadini della Lazio. Quello mandò la città in depressione”.

Almeno la metà della città, immagino.
“Più della metà. Se prendi le analisi demografiche, la Roma è davvero la squadra della città. È stato un momento difficile per i nostri tifosi. Perdemmo quella sfida il 26 maggio. Quella sera ci mettemmo al lavoro e penso che le persone, seppur lentamente, abbiano riconosciuto che stavamo avendo un approccio diverso, non solo in termini di strategia, ma nel lavoro che è associato nel rivoltare un club così rapidamente. Abbiamo preso decisioni molto difficili che non sono risultate inizialmente popolari, abbiamo venduto alcuni giocatori. Lo abbiamo fatto capendo che non sarebbe stato il mercato a renderci più popolari nel giornale del giorno dopo, ma facendo in modo che la squadra avesse più opportunità possibile per vincere. E ci siamo riusciti. Ci siamo concentrati sui fondamentali, vincere dentro e fuori dal campo. Nonostante venisse detto che ci fosse, penso, del sano scetticismo riguardo quel che gli americani possano fare nel calcio italiano, penso che la filosofia del club sia emersa. Abbiamo quello che credo sia il direttore sportivo migliore d’Italia, d’Europa e del mondo, Walter Sabatini, che è molto italiano. Il nostro allenatore Rudi Garcia, che penso sia il migliore sulla piazza, è francese. La nostra dirigenza è una combinazione di americani e italiani. Non guardiamolo come un progetto americano. Lo vediamo come un serio progetto di calcio e business con una proprietà americana. È stato detto che le pratiche di marketing americane nello sport  forse erano e non sono importanti come in alcune parti d’Europa e in Italia. Quando guardiamo, ad esempio, alle dinamiche di Lega in Italia, noi siamo i principali proponenti di azioni collettive e spesso è molto difficile avere consenso, perché non è una cosa che è stata intrinsecamente nel sistema. Se guardi al successo di leghe come la NBA o la Premier League, è basato su azioni collettive tra i proprietari. Non c’è niente di sbagliato a essere fieri rivali sul campo, ma fuori dal campo siamo una Lega e un’industria e dobbiamo lavorare insieme. Abbiamo provato a essere innovatori nel sistema, non è facile, perché il calcio europeo non cerca cambiamento, seppur ne necessiti”.

Hai parlato di come siete stati accolti dai fan. Negli uffici della Federazione com’è stata l’accoglienza? Trattate con persone che, anche se sono aperte a persone di altre nazionalità, immagino che non siano disposte ad accettare che arrivi qualcuno da fuori e provi a fare qualche cambiamento al sistema.
“Non è facile, ma non significa che non sia possibile. Siamo molto aggressivi, ma rispettosi. Pensiamo fortemente che alcune cose debbano cambiare. Sì, ci sono momenti in cui siamo gli unici a proporre soluzioni migliori. E a volte può essere frustrante. Ma vediamo che, poco a poco, ci stiamo muovendo. Ci sono alcuni nuovi proprietari che penso porteranno nuove idee, ci sono alcune squadre che hanno alcune nuove dirigenze e vogliono migliorare. La realtà è che quando guardi verso l’alto rispetto a da dove veniamo, penso che abbia senso rivalutare e vedere che c’è sempre qualcosa da migliorare. Non è facile, ma continueremo a lottare per migliorare il calcio italiano”.

Hai anche parlato di alcuni trasferimenti controversi, ma avete due titani del club e della nazionale come Totti e De Rossi. Entrambi sono conosciuti in America, ma raccontaci quanto sono importanti per la Roma.
“Sono pilastri del club, semplicemente. La permanenza di Totti alla Roma, penso, è una carriera di successo come è stata per un grande atleta. Il modo in cui sta in campo e fuori è fantastico. Per noi è un onore ogni giorno averlo con noi, e rende il club migliore ogni giorno. Siamo stati molto felici di potergli rinnovare il contratto, sia per la carriera da giocatore e anche per prolungare il suo rapporto col club. Daniele è un grande leader dentro e fuori dal campo e un grande giocatore. Continua a eccellere per l’Italia e porta, in una posizione diversa, equilibrio, leadership. Nonostante la realtà sia che nel calcio internazionale gli altri giocatori entrino ed escano, il nostro obiettivo è mantenere consistenza e continuità. Avere questi due ragazzi come pilastri, amati dalla gente, ci dà la flessibilità di costruire intorno a loro, come abbiamo fatto. La maggior parte dei giocatori che abbiamo in squadra, penso che rimarranno qui a lungo. Una delle nostre priorità è stata di assicurarci di prolungare il contratto dell’allenatore, Rudi Garcia. Per come cerchiamo il successo nel calcio, una delle cose che crea difficoltà in molte squadre è avere grosso turnover, sia in dirigenza che in campo. Vogliamo dare più continuità possibile e francamente, e da un punto di vista tecnico e tattico, più i giocatori giocano insieme, più miglioreranno. Molto del successo che abbiamo avuto nella scorsa stato grazie a una squadra con molti giocatori che non avevano mai giocato insieme prima. Alcune altre squadre nel campionato avevano una più alta percentuale di titolari che avevano giocato insiem per più tempo. Questo ci rende più ottimisti per la prossima stagione. Torno alla continuità. Vogliamo avere coerenza nei nostri allenatori, dirigenti e giocatori”.

Uno dei più grandi cambiamenti che state portando avanti è il nuovo stadio. Molte squadre italiane giocano su campi di proprietà del Comune o di qualche altro ente governativo. La Juventus è stata la prima a cambiare, ora voi state cercando di fare lo stesso. Il vostro obiettivo è di aprire nell’agosto del 2016. Detto ciò, la vostra casa è uno degli stadi più famosi d’Italia, lo Stadio Olimpico. Come è stato affrontare questo cambiamento e quanto è importante avere un proprio stadio?
“È immensamente importante per molte ragioni. In realtà lo consideriamo un complesso di intrattenimento legato a uno stadio di calcio. La realtà è che questo progetto sarà più di uno stadio di calcio. Non ci sarà dubbio che aiuterà la nostra squadra da un punto di vista competitivo. Sarà fantastico per i tifosi, che avranno un ambiente fantastico dove supportare il loro team. Come detto, lo Stadio Olimpico è una splendida arena con una grande storia, ma ci sono alcuni suoi elementi che sono problematici per i tifosi, come la pista d’atletica o le tribune. Crediamo che in una nuova arena, i nostri tifosi e chiunque la voglia visitare avranno la migliore esperienza calcistica possibile. Inotre, penso possa essere un vantaggio per la città, non solo dal punto di vista calcistico ma anche dell’intrattenimento. Stiamo costruendo la struttura in un modo molto responsabile per assicurarci che sia economicamente sostenibile, portando centinaia di eventi ogni anno, vendita al dettaglio esperienziale, e altre attività che porteranno la gente lì in modo consistente. Fornirà una spinta economica, promozionale ed emozionale per la città e il paese, che entrambi meritano.

Vedremo più squadre italiane con stadi di proprietà? Farebbe differenza anche economicamente, non solo per quanto riguarda l’atmosfera.
“Prima di tutto, ci piacerebbe molto che accadesse. Per noi sarebbe splendido se tutte le squadre italiane potessero sviluppare il loro stadio. Abbiamo applaudito la Juventus per cosa hanno fatto e supporteremo certamente qualsiasi altra squadra che abbia una visione simile. Penso che sia riconosciuto che gli stadi siano datati per molte squadre. Questo danenggia i tifosi e la sicurezza. Penso che con nuove proprietà e supporto da parte del Governo, che c’è già stato con la legge sugli stadi, questo possa essere realistico. Ci sono alcun club che stanno facendo passi sostanziali. L’Udinese sta ricostruendo il suo stadio. Non è una nuova costruzione, ma lo trasformerà in modo sostanziale. So che ci sono altri progetti di cui si parla. Penso che dovremmo aiutare le altre squadre in questo processo. Il nostro successo, credo, porterà altri investimenti nel calcio italiano, di cui siamo felici. Penso che la Lega, l’industria e il paese possano migliorare, e se potremo essere leader ed esempio per altri, tutto sarà migliore”-

In America si apprezza molto il ruolo del business nello sport. La Roma ha questa prospettiva, ma in Italia non è molto comune. Cosa vuol dire trattare con queste differenze?
“Beh, le cose stanno cambiando. Penso particolarmente al miglioramento delle Leghe di Germania e Inghilterra, dove c’è molta attenzione sui problemi fuori dal campo, siano essi commerciali, finanziari o relativi a trasferimenti. Questo avrà molto peso con l’arrivo del Fair-Play Finanziario. I tifosi vorranno successo sostenibile per le loro squadre, e questo si verifica avendo sicuramente ottime operazioni calcistiche, ma se non hai un’amministrazione ugualmente efficace e un piano commerciale, il lato calcistico non sarà sostenibile e viceversa. La realtà è che i tifosi, giustamente, vogliono vincere, ma per permetterci di avere più possibilità possibile di vincere dobbiamo essere forti in ogni campo. Penso che poco a poco, i tifosi stiano cominciando a capirlo, in particolar modo quando guardi tante squadre che stanno rischiando di fallire. E la Roma ha avuto quel rischio prima dell’acquisizione da parte degli americani. I tifosi stanno cominciando a capire, ok, non conta solo che abbiamo vinto domenica, ma anche la salute della mia squadra e come le cose sono amministrate. Crediamo di aver guadagnato, gradualmente, la fiducia dei tifosi, e speriamo di continuare a dimostrarci adatti”.

Parliamo nel viaggio della Roma negli USA. Cosa pensate di poter ottenere?
“E’ un mercato molto importante per noi, a tutti i livelli. Vogliamo ovviamente far crescere la nostra fan base, non solo a breve termine ma anche nel lungo periodo, e quello americano è un mercato chiave. C’è una componente commerciale per farlo, crediamo di poter far crescere sia i ricavi che la nostra fan base. Il miglior modo di farlo è di farci vedere. Siamo venuti tre anni di fila e crediamo di aver lasciato il brand, belle esperienze e, cosa più importante, il desiderio di continuare a seguirci. La differenza tra questo e lo scorso anno è che abbiamo migliorato le infrastrutture da un punto di vista mediatico. Abbiamo investito tempo, sforzi e risorse nel nostro piano media digitali. Abbiamo appena dato il via a un accordo a lungo termine con Nike e stiamo continuando a espandere il nostro accordo con Disney. Queste iniziative così aggressive supportano le partite che abbiamo giocato qui, che diventano elementi positivi per l'esperienza-Roma. Non pensiamo che necessariamente ogni tifoso della Roma segua solo la Roma. Sappiamo che un tifoso in una città degli USA tifa la sua squadra e guarda le partite ogni settimana. Ma per quanto riguarda l’Italia e l’Europa, vogliamo avere più risonanza possibile negli USA. Abbiamo un ottimo rapporto con la MLS e continueremo a farlo crescere. Ci sentiamo di avere un buon impatto positivo negli USA:

Non tutti seguono questa prospettiva. Le squadre inglesi hanno interesse a tenere la MLS in una posizione di secondo piano, mente voi cercate di mantenere le cose in equilibrio.
“Vediamo la MLS come un alleato. Abbiamo forti relazioni personali con la loro dirigenza e con molti club. Abbiamo avuto alcune operazioni di mercato e una serie di cose di cui abbiamo parlato. Ci possono aiutare e noi possiamo aiutare loro. È un modo molto amichevole di far crescere il football negli USA e di aiutare a far crescere la presenza della  Roma qui”.

Aiuterebbe avere un giocatore americano in squadra?
“Sicuramente. Valutiamo sempre opzioni e alternative. Abbiamo avuto diverse discussionie continueremo a lavorare con la MLS non solo su giocatori che possano venire in Italia dagli USA, ma anche su giocatori che possano compiere il percorso sopposto. È uno dei benecifi reciproci che possono portare diversi risultati positivi a breve e lungo termine”.

C’è la percezione negli Stati Uniti che i giocatori americani siano sottovalutati in quanto americani e non per altre ragioni. Pensi che sia un punto di vista corretto?
“Direi che prima di tutto, gli americani hanno un problema pratico a lasciare gli USA, relativo ai permessi di lavoro. Non è così facile giocare in Europa. Queste squadre hanno restrizioni riguardo giocatori extracomunitari. Per quanto riguarda la visibilità, penso che la MLS abbia fatto un ottimo lavoro per rendersi visibile negli USA. Hanno un ottimo accordo televisivo e so che stanno provando a far crescere la propria visibilità fuori dagli Stati Uniti. Tutttavia, la realtà è che è difficile competere contro campionati che si vedono da tanto tempo. Molti giocatori americani non vengono visti dalle squadre straniere come dovrebbero perché la MLS non è così seguita fuori dagli USA. Si è parlato di sottovalutazione, c’è una cattiva e una buona notizia. La cattiva è che forse non attraggono il livello di investimento che qualcuno vorrebbe. La buona notizia è che il loro vero valore è molto più alto. È un processo di crescita, penso, sia per il sistema che per i giocatori. Se a un giocatore che gioca a un certo livello, con un certo allenatore in una certa nazione, viene data opportunità in altre, può fare molto meglio. A volte no. Stiamo provando ad aiutarli. È difficile da una prospettiva pratica, ma è qualcosa per cui stiamo lavorando”.

ZANZI: "ALCUNE COSE NEL CALCIO ITALIANO DEVONO CAMBIARE", PHILLY.COM