Ottavio Bianchi: “È l’anno buono per lo scudetto”

31.10.2014 17:30 di  Alfonso Cerani   vedi letture
Fonte: ilcatenaccio.es
Ottavio Bianchi: “È l’anno buono per lo scudetto”
Vocegiallorossa.it
© foto di Federico De Luca

In un'intervista sul sito ilcatenaccio.es l'ex tecnico della Roma Ottavio Bianchi si è sbilanciato indicando la Roma come favorita per lo scudetto. Queste le sue parole:

La Roma ha agganciato la Juventus in testa, chi vede come favorita per la lotta scudetto?

“Per i giallorossi ho una sensazione: questo è l’anno buono. È una sensazione personale dovuta all’andamento, all’entusiasmo, all’affiatamento tra società, allenatore, giocatori e pubblico. Tutti vanno d’accordo e sicuramente è una cosa particolare per Roma. La rosa era già competitiva l’anno scorso, poi sono stati fatti acquisti e cessioni di rilievo e di prospettiva. Dalla Juventus mi aspetto uno stop ulteriore, un calo di rendimento. Confermarsi a certi livelli per quattro anni di seguito è difficile ed avrebbe del clamoroso. Certo, c’è da mettergli pressione e la Roma lo sta facendo bene. I giallorossi hanno tutte le caratteristiche e le carte in regola per vincere, non si possono più nascondere”.

Gli azzurri invece sembrano già fuori dai giochi. Lei che dice?

“Il Napoli sono due anni che ai blocchi di partenza sembra essere alla pari con la Roma per competere con la Juventus e poi si spegne. Stiamo comunque parlando di una buonissima squadra, formata da ottime individualità e il campionato è molto lungo. Napoli, Juve e Roma sono partite all’inizio con lo stesso obiettivo. Poi gli azzurri hanno avuto qualche problema con l’uscita dalla Champions League, la sconfitta con l’Athletic Bilbao ha segnato molto gli azzurri. Forse hanno perso un po’ d’autostima nel perdere contro una squadra tra le più deboli viste le pretendenti e alla luce anche dei risultati attuali. Però i giocatori ci sono, l’allenatore è bravo”.

Sabato non sarà una partita facile per nessuna delle due squadre. Che match si aspetta?

“Mi aspetto una bella partita poiché sarà giocata da grandi squadre, che negli ultimi anni hanno sempre combattuto per i vertici. Il Napoli in casa si esalta, anche lasciando un po’ troppo sguarnite alcune zone del campo. Sono due squadre che giocano in maniera aperta, propositiva ed entrambe hanno giocatori con cambio di passo, talenti di primo livello. Ci sarà da divertirsi”.

Partita attesa anche per tematiche extra-calcistiche.

“Non mi piace parlare troppo di queste cose. Io preferisco un calcio in cui ognuno faccia il proprio compito: l’allenatore deve fare l’allenatore, i giocatori devono giocare. E anche i tifosi, che devono sostenere la propria squadra senza eccessi verbali né tantomeno scontri fisici. Per me per una partita di pallone non ha senso neanche una scazzottata. Sentire e vedere il calcio accostato a fatti di violenza mi intristisce molto”.

Tra Rafa Benitez e Rudi Garcia chi la convince di più?

“Per alcuni aspetti sono simili, entrambi infatti sono stranieri. Garcia è venuto in Italia un po’ nascosto, in maniera silenziosa, però sta facendo bene. Penso che stia imparando, anche furbescamente, a capire l’ambiente romano. È l’allenatore giusto, nel posto giusto, al momento giusto. Benitez è venuto a Napoli con un curriculum sicuramente superiore a quello del francese, l’anno scorso non ha fatto male. Forse ci si aspettava qualcosa di più dal punto di vista della tenuta della squadra fino in fondo”.

Lei conosce bene Roma e Napoli, cosa cambia a livello ambientale?

“Da uno sguardo esterno direi che sono molte le differenze. A Roma anche se hai perso in quella maniera contro il Bayern di Monaco, era come se non fosse successo nulla o quasi. Ho impressa nella mente l’immagine dello stadio che applaude e canta dopo sette gol presi in quella maniera. E questo è significativo, ecco perché dico che è l’anno giusto per la Roma. Napoli è affascinante, lavorare lì è bellissimo. Però allo stesso tempo è abbastanza particolare. Ecco non so cosa sarebbe successo se il Napoli avesse perso 7 a 1 in casa. Non so se i tifosi avrebbero reagito alla stessa maniera. Al di là delle differenze vorrei che queste due realtà siano protagoniste fino in fondo, perché il centro sud ha bisogno di essere in prima fila nel campionato italiano”.

18 anni di panchine, 8 dei quali a Roma e a Napoli. Qual è stato il momento più bello?

“Ce ne sono stati tanti e non voglio citarne uno in particolare. Il momento più appagante è quando ottieni il massimo dal tuo lavoro. Quando dirigenti e ambiente si prefiggono un obiettivo e te riesci anche a superarlo. I momenti più belli del mio lavoro li ho vissuti quando sono riuscito a mandare in campo giocatori giovani, vederli evolvere nel percorso di crescita e fare una bella carriera. Al di là dei risultati, sono queste le cose a cui sono più affezionato: il lavoro quotidiano e la dedizione. Poi la vittoria può venire o meno”.

Una carriera costellata di grandi campioni, come Maradona. A parte “El Pibe de Oro” qual è il più forte che ha conosciuto?

“Ce ne sono tanti. Io ho avuto la fortuna di giocare con tutti i più grandi giocatori di allora. E di allenare i più forti giocatori del mondo. Non solo il più grande di tutti ma anche gli altri. Per esempio Aldair. Ricordo quando eravamo volati a Lisbona, su incarico dell’Ingegner Viola, a prenderlo. Il brasiliano è sempre stato sottostimato ma è stato un grandissimo per la Roma. Così come Rudi Voeller, per restare in ambito giallorosso, o di Careca guardando al Napoli. In questo senso sono stato un allenatore fortunato. Ogni calciatore che ho conosciuto, ha arricchito il mio bagaglio personale. Ma vi dirò di più, sono soprattutto i calciatori più umili, quelli per i quali non ci sono mai stati titoli a nove colonne sui giornali, che mi hanno arricchito. A volte i risultati arrivano anche grazie alla loro genuinità e umiltà”.