Fienga: "Mourinho deve insegnarci a vincere. Vogliamo creare un progetto vincente e che sia sostenibile"

18.06.2021 08:00 di  Marco Campanella   vedi letture
Fienga: "Mourinho deve insegnarci a vincere. Vogliamo creare un progetto vincente e che sia sostenibile"
© foto di Vocegiallorossa.it

Il CEO della Roma, Guido Fienga, intervenuto dal Roma Club Testaccio, ha rilasciato delle dichiarazioni a Rete Sport. Ecco le sue parole:

Dove nasce l'idea Mourinho? 
«È stata un'intuizione degli azionisti. Quando si è presentata la possibilità, non appena si è liberato, lo hanno subito pensato ma sono stati soprattutto bravi a convincerlo. È uno degli allenatori più importanti da un punto di vista dell'incarnare quello che vogliamo, è il numero uno. Sono stati bravi a convincerlo, in pochissimo tempo si è chiuso l'accordo, ovvero poco prima che venisse annunciato. I Friedkin sono molto intelligenti e imparano alla svelta. Hanno cominciato anche a imparare l'italiano, ma non so quando può esserci una conferenza stampa».

Arriveranno anche i grandi calciatori ora? O cercate più giocatori funzionali con operazioni mirate? 
«Di mercato non parlavo prima quando ero responsabile, figuriamoci ora che per fortuna non è così. Una cosa l'abbiamo detta e vogliamo che sia chiara. Abbiamo preso Mourinho perché venga qui e ci insegni a vincere. È un percorso, un progetto e bisogna lasciarlo lavorare perché non è una cosa immediata. E il percorso seguirà i parametri che ci siamo dati. Il mondo del calcio è cambiato, vedi i top club che spendevano cifre inarrivabili per noi e ora non faranno niente. Noi vogliamo creare un progetto vincente, che resti vincente e che sia sostenibile. I giocatori li sceglieranno Mourinho, Pinto con la proprietà. Aspettatevi la serietà del progetto più che colpi, che se ci saranno è perché saranno funzionali. Non dobbiamo impressionare nessuno. Cristiano Ronaldo? Non credo».

Come sta cambiando il rapporto tra la proprietà e i tifosi? 
«È da tanto che il club dice che il bello di essere della Roma è quello di condividere. In questi ultimi anni non mi sembra che ci sia stata tanta condivisione, senza entrare nel merito. L'essenza del romanismo è la condivisione e questo è mancato. Se non rinasce ci divertiamo tutti meno. Per noi che ci lavoriamo è pesante, ci alimentiamo di negatività e polemiche. Mentre noi ce la mettiamo tutta e la scelta di Mourinho va in questo senso. Non solo lui deve ridare entusiasmo, anche noi stiamo facendo quello che dovrebbe essere fatto. Dobbiamo entusiasmarci, lottare, è lo stesso spirito che vogliamo vedere sugli spalti, poi condividere le gioie e i dolori. Nella condivisione si è sempre distinto il tifo romanista».

Che cosa si farà con gli abbonamenti?
«È complicato poterli vendere ora perché non sappiamo la disponibilità dello stadio, è una discussione che cambia di giorno in giorno. Si può ipotizzare sulla capienza, ad ora è un 25% che per noi è poco. Finché non c'è una regola però è impossibile poter vendere abbonamenti. È impossibile dire che il 20% della curva potrà abbonarsi. La Roma è tra quelle che sta spingendo per avere parametri certi per far entrare i tifosi. Pacchetti? Penso che si inizierà vendendo i biglietti, poi magari si potrà passare a una promozione per il resto dell'anno. Prima ci arriviamo prima saremo contenti tutti».

La scelta di erigere un muro di Berlino a livello di comunicazione in questi anni ha creato una divisione tra chi criticava e chi no. Cosa non si è materializzato in questi 10 anni? 
«Non mi piace parlare del passato, ma mi piace analizzare gli errori. Lo sforzo che facciamo e che chiediamo è passare questa fase. Io accetto le critiche, ma non date per scontato un principio di cattiva fede. Tutti stiamo lavorando e possiamo sbagliare, ma ce la mettiamo tutta. Speriamo di sbagliare sempre meno, ma speriamo di ritrovare entusiasmo e ritrovare qualcosa che ci faccia gioire e urlare. E al centro della Roma c'è Roma e il tifoso della Roma, su questo siamo assolutamente convinti con la società. Pur volendo che il brand sia internazionale. Quello che piace anche ai tifosi che sono fuori è sentirsi romanisti di Testaccio. Quindi perché non consolidare sempre di più questo rapporto?».

I Friedkin come hanno vissuto le manifestazioni d'affetto dei tifosi prima del derby e prima di Manchester? 
«Sono rimasti meravigliosamente colpiti. Ogni volta è finita con la considerazione "pensa cosa sarebbe stato con lo stadio aperto!". Io penso che in tante partite quest'anno i tifosi si sarebbero divertiti, magari in altre meno».

Ai Friedkin sta piacendo il "giochino"
«Loro hanno comprato la Roma per gestirla a lungo termine, quindi non è un giochino ma un obiettivo in cui credono e in cui si impegnano. Sapete quanto sono presenti e attivi. Non fa niente che non parlino. Il no alla Superlega e le lotte in Lega a livello internazionale non sono azioni per avere visibilità. Sta pagando la coerenza della Roma in questi anni di mantenere e difendere lo spirito del calcio e che piace alla Roma. Ci siamo opposti alla Superlega perché non era una scelta giusta e non rispettava la natura del calcio che è un movimento popolare e non di business».

Dove sorgerà lo Stadio della Roma? 
«A saperlo... Il progetto che abbiamo seguito come società finora non è più stato ritenuto sostenibile. Per una serie di motivi, figlio anche di un tempo che non c'è più, il COVID-19 ha cambiato le carte in tavola. L'intenzione è costruire uno stadio, e solo uno stadio, con una capienza che sarà ritenuta conveniente - sì, più o meno dai 45mila in su -, il più possibile vicino ai tifosi. Vicino quindi alle aree in cui i tifosi già sono, che non comportino migrazioni di 60mila persone ogni volta, per farglielo vivere quotidianamente. Deve essere la casa dei romanisti, quindi devono averlo vicino per viverlo. Ad oggi non siamo ancora riusciti a chiudere la procedura di Tor di Valle, quindi non possiamo spingerci oltre. Le idee ci sono, i criteri sono questi».

Ha un'idea di un calcio possibile nel futuro? 
«Negli ultimi 10 anni si è fatta una rincorsa a spendere di più e pagare di più qualcosa che si pagava meno. Poi si metteva un tappo a questi costi con ricavi che prima erano veri, poi col COVID-19 si è provato a fare una sorta di esproprio ai vari campionati facendone uno in cui giocano solo alcune squadre permettendogli di spendere sempre di più. Ora bisogna controllare i costi, ridimensionare i costi dei cartellini e degli stipendi. Che non vuol dire comprare giocatori più scarsi».

Totti rientra? 
«Abbiamo un ottimo rapporto con Francesco, il mio con lui è affettuoso. Totti sta facendo la sua attività, ha un ottimo rapporto con la Roma e questa proprietà. Sta facendo il suo percorso professionale, che poi se fatto bene a noi non viene male. Sta sviluppando giovani, fa scouting, è un rapporto che funziona. Non c'è la necessità che stia dentro o fuori, e da lui non c'è questo tipo di richiesta. Il rapporto è assolutamente buono, lo è anche con la proprietà e non ci sono avversità derivate da fatti antichi. È un rapporto di collaborazione, perché lui fa certe cose per alcuni giocatori che sono anche nelle nostre giovanili. Segue diversi giovani e li sviluppa, a noi va bene così».

Con Mourinho la Roma è di nuovo affascinante per gli sponsor? 
«La Roma è stata sempre affascinante. L'ottavo posto col fascino c'entra poco, abbiamo sbagliato in alcuni momenti del campionato. Mourinho ha ridato visibilità, c'erano delle scadenze e si stanno riconsiderando un po' tutti gli sponsor, che in parte hanno ridotto gli investimenti. Avremo un nuovo sponsor tecnico, New Balance è importante perché siamo la loro squadra di punta. Per gli sponsor di maglia alcuni saranno confermati e altri potranno cambiare. Ora non è facile, perché partiamo tutti con una disponibilità di budget più bassa».

Le oscillazioni in borsa. 
«Non ne conosciamo il motivo, a volte ci preoccupano perché poi ci chiama l'organo di vigilanza. Non capiamo il perché queste oscillazioni, non c'erano altri annunci in vista dopo quello di Mourinho. Il nostro titolo è poco liquido, bastano pochi acquisti e il valore schizza, quindi quel valore lì è disconnesso da ogni altra considerazione».

Su Campo Testaccio. 
«Siamo vicini da un anno e mezzo a tutti i quartieri, soprattutto quelli romanisti, ad esempio con i murales dei volti dei tifosi celebri. Su Campo Testaccio sappiamo che ci siamo varie iniziative, siamo consapevoli del valore di quell'area per la storia della Roma e ci siamo messi a disposizione per fare la nostra parte nel collaborare, recuperare e portare parte delle nostre attività. È poco chiara la destinazione che la città vuole dare a quell'area, ma noi abbiamo dato la disponibilità a qualsiasi attività».

E il ritiro? 
«Andremo in ritiro. In montagna? Non lo so, non credo».