Dybala: "L'inno della Roma come un'opera d'arte. Il numero 10 sarà sempre Totti, ma mai dire mai. Mourinho il nostro re, io mi sento un pedone"

27.04.2023 07:23 di  Marco Campanella  Twitter:    vedi letture
Dybala: "L'inno della Roma come un'opera d'arte. Il numero 10 sarà sempre Totti, ma mai dire mai. Mourinho il nostro re, io mi sento un pedone"
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Paulo Dybala ha rilasciato una lunga intervista a DAZN, per la serie DAZN Heroes. Di seguito le sue parole:

Ci eri mai venuto al Colosseo?
“Questo posto è unico. Ci ero già venuto qualche sera con dei miei amici. C’era meno gente ovviamente”.

Ti hanno già dato qualche soprannome romano?
“Che io sappia no. Il miglior amico mi ha sempre chiamato testone. La Joya è quello che è andato più avanti, i miei amici più Paulo. Alcuni mi chiamo anche u picciriddu, i tifosi del Palermo soprattutto ovviamente. Anche mia mamma qualche volta me lo dice, è bello. Mia madre torna spesso e mi porta qualche cannolo da Palermo”.

Cosa significa essere campioni del Mondo?
“Per un giocatore è il massimo. Per come si vive il calcio in Argentina poi è unico. Quando sono da solo mi rivedo qualche immagine e mi vengono i brividi, sono cose che rimangono a vita”.

Hai imparato un po’ di romano?
“Alcune cose, non tanto. Il Daje, che me lo hanno detto fin da subito. Dicono sempre Ao, però altro no. La gente qui è caldissima, mi hanno fatto sempre sentire questo calore anche quando siamo andati al Colosseo quadrato, è stato pazzesco. Avevo inviato anche il Mister a salire con me, ma mi ha detto che era il mio spettacolo. Avevo tantissima emozione, io li vedevo fin da prima che iniziasse il tutto”.

L’inno della Roma?
"Sentire l’inno è unico. C’era una partita in cui bisognava fare il minuto di silenzio e l’inno ancora non era finito. L’arbitro ci aveva poi detto di aspettare che finisse l’inno: è come un’opera d’arte vivere una cosa del genere”.

I tifosi?
“Sono speciali. Vivono quasi per il calcio. Quando vieni da avversario a Roma lo vivi però non è come quando sei dentro. I tifosi mi ringraziano sempre che sono venuto e a volte mi chiedo se non è troppo. Arrivi a casa e mi chiedo se me lo merito, io cerco di dare sempre il meglio”.

La tua passione per Roma?
"La storia della Dybala Mask nasce un po’ qui al Colosseo. La maschera dei gladiatori che si mettevano prima di combattere lì dentro. Dovevo venire fuori da un momento difficile e per questo ho pensato a questa esultanza che ho celebrato per la prima volta contro l'Atalanta. Da bambino guardavo tanti film su Roma, la città e la sua storia. Il film Il Gladiatore l’avrò visto 20 volte. Dopo un momento difficile della mia carriera, ho pensato a questa esultanza. Alla gente è piaciuta e allora continuo a farla".

Un gesto ripetuto da tanti bambini anche a Roma.
"La gente qua è incredibile. Fin dal primo giorno mi hanno fatto sentire questo calore. Quando il direttore ci ha contattato ed é emersa la possibilità di venire a Roma mi sono detto: devo far qualcosa in questa città".

Una di queste potrebbe essere prendere la maglia numero 10?
"Il numero 10 della Roma sarà sempre Francesco Totti. Per quello che ha fatto Totti qui per la gente sarà sempre il numero uno, o il numero dieci. Alla Juventus me lo chiese la società di indossare la 10 ed è stato un enorme piacere. Mai dire mai, ovviamente sarebbe una responsabilità unica. Però sono molto felice con il numero 21, mi ha dato tante gioie anche se il 10 è un numero speciale".

Tornando agli scacchi, qual è la sua scacchiera romanista?
"Parto dal cavallo, l’unico pezzo che negli scacchi può saltare gli altri, e nella Roma è Spinazzola. L’alfiere è Matic per la sua visione di gioco, mi impressiona la sua tranquillità durante le partite. Mentre le nostre torri sono Smalling e Abraham".

L’inglese non sta vivendo un grande momento.
"Tammy è un giocatore giovane ma con molta esperienza. Ha vinto la Champions, l’anno scorso ha segnato tanti gol pesanti. Possiamo fare molto meglio di quanto stiamo facendo. Ci stiamo conoscendo e cerchiamo di fare il massimo, speriamo in queste ultime partite di arrivare in Champions".

Mancano i pezzi più importanti. Chi sono il re e la regina della Roma?
"Mourinho è il nostro re. Ma la regina è tutta la squadra, non dite che sono io: piuttosto mi sento un pedone".

Che cosa rappresenta per lei il portoghese?
"Josè Mourinho ha un’immagine e un potere importante per tutto quello che rappresenta nel mondo del calcio. Sarebbe un buon giocatore di scacchi. Prima di arrivare qui, ci siamo sentiti due volte, mi ha chiamato quando stavo ancora a Torino. Ho sentito con lui un feeling speciale, è difficile nel mondo del calcio trovare qualcuno che ti dica le cose in faccia in modo sincero. Con lui ho un rapporto diretto. Entrambi vogliamo il meglio per la gente, lui ha fatto la storia del calcio. È molto sincero, è bravo a preparare le partite. Quasi tutte le cose che ti dice poi in campo succedono".

Il tuo primo approccio con Mourinho è stato il "sei un fenomeno" durante Roma-Juventus 3-4 dello scorso anno.
"La prima cosa che mi ha detto quando mi ha chiamato era se mi ricordavo di quel momento: non mi era mai successo che un allenatore di un’altra squadra facesse una cosa del genere durante il gioco. Contro il Manchester in Champions, avevamo discusso, ero andato a dirgli che non aveva bisogno di fare quel gesto (Mourinho pose la mano all’orecchio facendo intendere di non sentire i fischi dei tifosi della Juve, ndr). Ma quell’episodio è rimasto sul campo".

Com'è vivere Cristiano Ronaldo in squadra da argentino?
"Con lui sono stati tre anni belli, la squadra era molto forte e lui ci dava qualcosa in più. In Argentina è molto sentita la rivalità tra Messi e Cristiano, io ovviamente da bambino sono sempre stato dalla parte di Messi. Una volta stavamo andando a giocare una partita, io stavo in fondo all’aereo e lui era seduto più avanti. A un certo punto del volo lui è venuto da me a parlare sia di calcio e di tante altre cose, parlavamo in generale della nostra vita e a un certo punto gli ho detto io da bambino praticamente ti ho odiato. Ci siamo fatti due risate su questa cosa e fra noi abbiamo sempre avuto un bel rapporto".

Il rigore in finale contro la Francia?
"Sono sincero, in quel momento ero molto freddo. Da quando ha sbagliato il rigore il giocatore della Francia prima di me, sapevo già dove avrei tirato e sono andato sicuro al 100%. E la palla è entrata".

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