Dybala: "Alla presentazione con la Roma mi tremavano le gambe"

Dybala: "Alla presentazione con la Roma mi tremavano le gambe"Vocegiallorossa.it
Oggi alle 23:00Interviste
di Gabriele Conti

Torna a parlare Paulo Dybala. L'argentino, che sta recuperando dall'infortunio al tendine semitendioso sinistro, ha toccato vari temi in un'intervista rilasciata a Sport Illustrated. Ecco uno stralcio delle sue parole: 

Sulla chiamata di Mourinho e il suo approdo alla Roma. 
«In quel momento mi sentivo davvero strano: l'incertezza di non sapere dove avrei giocato, cosa sarebbe successo o se avrei dovuto lasciare l'Italia, che è praticamente diventata casa mia. Sono qui da 12 o 13 anni ormai e, onestamente, probabilmente conosco l'Italia meglio dell'Argentina. Ricordo che all'epoca volevo aspettare un po', prendermi una pausa. Ero a Torino, a casa. Un giorno, uno dei miei procuratori venne da me e mi disse che Mourinho voleva parlarmi. Certo, Mourinho è speciale: è un allenatore che ha vinto tutto, una persona unica. Non potevo ignorare la sua chiamata. Ma sapevo che mi avrebbe convinto, ed è per questo che ho voluto aspettare. La prima volta abbiamo solo avuto una bella chiacchierata, è stata una lunga conversazione, ma non ha fatto pressione per ottenere una risposta immediata. Il giorno dopo, però, voleva richiamarmi, così gli ho detto di darmi qualche ora per parlare con la mia famiglia e mia moglie. Ho parlato con loro e con il mio entourage e, una volta presa la decisione di unirmi alla Roma, gli ho mandato un messaggio dicendogli: "A presto". E con quello abbiamo concluso l'affare. Poi ci siamo incontrati con Tiago Pinto in ufficio a Torino e lui si è venuto con la maglia numero 10. Totti è quello che ha indossato questo numero ed è amatissimo dalla gente, dai tifosi e per quello che rappresenta per questa città e ho sentito che non era il momento di fare una cosa così. Nessuno lo aveva indossato dopo di lui, ero appena arrivato e nonostante venissi da un club importante dove avevo indossato un numero importante, ringraziai Tiago ma gli dissi che per rispetto avrei indossato il 21». 

Sulla presentazione al Colosseo Quadrato. 
«È stata una delle poche volte nella mia vita in cui le gambe mi tremavano un po'. Giochiamo a calcio davanti a 50.000 o 60.000 persone, ed è normale. Ma loro vengono per vedere uno spettacolo, per vedere la partita. Ma in quel momento, la folla era lì solo per me. Non mi aspettavo un'accoglienza del genere. I tifosi mi hanno davvero sorpreso. È stato qualcosa di bellissimo, un momento unico nella mia vita e nella mia carriera. E in quel momento, ho capito che avrei dovuto impegnarmi il doppio per restituire tutto l'amore che mi avevano dimostrato quel giorno».

Sulla finale di Europa League persa contro il Siviglia. 
«Fa sempre male perdere, è triste. Però che la sconfitta faccia parte del gioco. Sono stato molto male, perché pensavo che il gruppo se lo meritasse. Uno pensa ai compagni, alla squadra, alla gente e fa male anche per come è andata la partita. Comne ha detto Matic, questo è il calcio: a volte vinci, altre perdi». 

Sull'offerta dall'Arabia Saudita della scorsa estate. 
«Non mentirò, sono numeri che fanno davvero riflettere, ma la verità è che sono molto felice qui a Roma e anche lo è anche la mia famiglia. Mia moglie è una parte molto importante della mia vita e la sua felicità è anche la mia, e se lo chiedete a mia madre, lei era quella che meno voleva che me ne andassi. Ho avuto una grande carriera e l'amore che ricevo dalla Roma, dai tifosi, dalla società, dalla proprietà e dalla gente in strada, non so se lo troverei da nessun'altra parte. Quando si mette qualcosa sulla bilancia, bisogna puntare su ciò che pesa di più, ed è per questo che abbiamo deciso di rimanere a Roma».

Sul rigore calciato alla finale del Mondiale. 
«Sono sempre stato un rigorista. Sapevo di essere entrato dalla panchina per questo, ero totalmente concentrato. Quando ho visto Coman sbagliare, mi sono ricordato di quello che Dibu (Emiliano Martínez) aveva detto a Enzo Fernández prima dei rigori contro l'Olanda: "Se dovessi parare un rigore per noi, il giocatore successivo deve calciarlo al centro. La pressione è sull'altro portiere e lui si tufferà di sicuro. Nessuno vuole fare la figura dello stupido in mezzo al campo in un Mondiale". Quindi sapevo che avrei dovuto calciare al centro. Non ho avuto il minimo dubbio. Ho preso la palla e l'ho messa sul dischetto. Sapevo cosa dovevo fare».