Un periodo di transizione da gestire bene
Quando cambia la proprietà, tutto si mette in standby: rinnovi, acquisti, cessioni, provvedimenti e perfino le polemiche sono attutite. Come quando si nuota sott’acqua e si sentono i rumori ovattati, lontani, quasi impercettibili. Dzeko parla di qualità, Fonseca afferma che se proprio non possono arrivare giocatori già pronti vanno bene anche di prospettiva, si parla di Petrachi furioso dopo la gara con il Sassuolo: tutti elementi capaci di denotare polemiche per settimane e che, invece, hanno bruciato meno della brace in un giorno di pioggia. Certamente aiuta anche la situazione di classifica, che vede la Roma a pari punti con l’Atalanta e in piena corsa Champions ma la curiosità e l’attenzione sono tutte rivolte agli di viale Tolstoj all'Eur, dove si stanno limando i dettagli, le virgole di quello che sarà un nuovo capitolo della storia della Roma.
I più maligni avranno inoltre pensato che la Roma abbia iniziato ad andare male nel momento in cui la questione societaria è (ri)entrata nel vivo a fine dicembre e non sarebbe la prima volta che un periodo di transizione provochi un calo delle motivazioni e del rendimento. Nessuno afferma che i calciatori vogliano deliberatamente perdere ma, inconsciamente, con il vecchio padrone distante nel corpo e nell’anima e con il nuovo che non ha ancora le chiavi di Trigoria, rischia di crearsi un vuoto di potere che gli attuali dirigenti e l’allenatore dovranno essere abili a riempire il prima possibile. C’è un quarto posto da prendere ed è fondamentale farlo, a prescindere dalla proprietà.