Un altro uomo della provvidenza
Affidare a un solo uomo il destino di una squadra di calcio è sempre sbagliato. Il calcio è un gioco (e non solo) di squadra, le squadre fanno parte di società: i risultati dipendono da un sacco di persone e da un sacco di variabili, molte delle quali fuori dal controllo delle persone stesse: troppe cose per pretendere che un singolo individuo possa controllarle. Da queste parti, tra allenatori e DS si è spesso elevata una figura a uomo della provvidenza finendo altrettanto spesso per restare delusi, certo è che da chi comanda ci si attende sempre di più da chi esegue. Paulo Fonseca, nella prima parte della stagione, ha saputo compattare i suoi dal punto di vista emotivo e dar loro un’identità dal punto di vista tattico, permettendo alla Roma di incamerare punti e prestazioni anche in una situazione di emergenza.
Che perenne era e perenne è rimasta, forse è anche peggiorata visto che Zaniolo non ci sarà fino alla fine della stagione e che il recupero di Diawara - nel frattempo diventato perno di una squadra che vuole giocare in una certa maniera - ha tempi misteriosi, vista la strada scelta per cercare di salvare il salvabile almeno fino alla fine della stagione. Un’emergenza che ha sovraccaricato i pochi elementi disponibili sotto l’aspetto fisico e, soprattutto, mentale, per un equilibrio fin troppo fragile che è venuto meno quando l’hanno fatto i risultati, per un effetto valanga che continua a peggiorare. E l’unico che può fermare questa valanga, purtroppo o per fortuna, è proprio Paulo Fonseca: lo ha già fatto una volta, ma ora il compito è enormemente più difficile, perché il tempo che separa lui e la squadra da uno degli appuntamenti più importanti dell’anno è poco e la distanza da coprire sembra tanta. Serve di nuovo, perché quello che c’è già non sembra funzionare più per mancanze di organico e di applicazione e chi può darlo è, probabilmente, una sola persona: non sarà l’uomo della provvidenza, ma stavolta Fonseca deve assomigliarci tanto.