Quello che è stato, quello che poteva essere e quel che sarà
Si son trascorsi otto giorni a pensare a quello che era stato già fatto e che si poteva rifare, adesso, con il biglietto per Kiev destinato ad altri e non alla Roma, si può solo pensare a ciò che è stato e a ciò che poteva essere, con un occhio a ciò che sarà. Il finale della storia è stato quello più che accennato già dalla partita d’andata, come si sia arrivati a questo finale è stato comunque sorprendente, in linea con la sorpresa che ha regalato la Roma arrivando a giocarsi un posto nella finale di Champions League, idea neanche immaginabile all’alba della stagione.
QUELLO CHE È STATO - Il presupposto era chiaro e chiaro deve rimanere: per rimontare tre gol in una eliminatoria di Champions League, evento accaduto una sola altra volta prima di questa stagione, devi essere praticamente perfetto, e non è neanche detto che basti. La Roma ha però sporcato la sua perfezione già al minuto 9, a un decimo della partita, con quel passaggio di Nainggolan, sciagurato, ma soprattutto poco comprensibile, eseguito a fronte di una pressione blanda e con tante altre scelte migliori da fare. Un errore gratuito, indipendente dal peso dell’appuntamento (aggravante), non l’unico della partita (ulteriore aggravante), ma sufficiente, da solo, per rendere ancor più improbabile un’impresa statisticamente quasi irrealizzabile. Aver condotto, poi, gran parte del resto della partita nel modo giusto sarebbe probabilmente bastato - e alla fine lo ha fatto - solo per vincerla, non per conquistare una qualificazione persa per larga parte in Inghilterra.
QUELLO CHE POTEVA ESSERE - Una differenza sostanziale nell’esito del doppio confronto, non nel giudizio generale - straordinariamente positivo, a scanso di equivoci - di una campagna europea totalmente inattesa, che lascia addirittura l’amaro in bocca per alcune situazioni: una sorte migliore a livello arbitrale avrebbe sicuramente alleggerito un po’ il compito della Roma, senza stare a fare ipotesi su ciò che invece non è accaduto. E, anche escludendo questo aspetto, c’era sicuramente del margine su cui lavorare per mettere a nudo le difficoltà di un Liverpool esaltante in determinate cose e decisamente meno in altre. A giochi fatti si può dire che il caso aveva riservato una semifinale meno complessa rispetto al turno precedente: in molti, al sorteggio dei quarti di finale, avrebbero preferito i Reds al Barcellona, comunque eliminato in un modo quasi irripetibile.
QUELLO CHE SARÀ - Una cosa è certa: questa Champions League 2017/2018 lascerà alla Roma un’eredità importante, su cui costruire il suo futuro da ogni punto di vista. Tanti soldi con cui dare una sistemata al bilancio, un ranking migliore del previsto che potrebbe agevolare i prossimi sorteggi e, soprattutto, la convinzione di saper tenere il campo per intensità e, in certi casi, qualità contro le grandi d’Europa. Un’eredità, ma anche una missione da compiere: trasferire la leggerezza e l’intensità delle notti d’Europa nella quotidianità del campionato. Tante volte parlare di “punto di partenza” può essere stucchevole e retorico, questa volta, con la piena consapevolezza di quanto si è raggiunto e di quanto bisogna raggiungere, non sembra così improprio farlo. Magari, già a partire da domenica.