La grande debolezza
“Spalletti vuole vincere, deve fare il suo lavoro ed essere cattivo, se l'allenatore non è cattivo noi giocatori lo capiamo subito e succede un casino. Abbiamo bisogno di un allenatore duro". Queste le parole di Kostantinos Manolas rilasciate a Roma Radio. Parole che da una parte elogiano il lavoro del tecnico, dall’altra parte ammoniscono e spiegano quelli che sono i limiti del gruppo. A proferirle tra l’altro è un though boy come il forte difensore greco, un vero e proprio leader, tanto da averlo visto in più di un’occasione, nel momento di massima confusione della stagione, avere qualcosa da ridire a più di un compagno durante i match. “Il casino” proferito dal Manolas racchiude tutte le varie situazioni che hanno portato all’allontanamento di Garcia e, visto il cammino intrapreso dopo dai giallorossi, è direttamente proporzionato alla parola rimpianto. I numeri son chiari. Con una giornata ancora da disputare lo score con il "duro" Spalletti è di 43 punti in 17 gare (2,38 punti a partita), 44 gol fatti, 18 subiti, con la Roma, unica insieme alla Juventus, a saper fare meglio del girone di andata tra le squadre di testa. Il tecnico francese, diventato col passare delle stagioni più morbido agli occhi dei calciatori, si è fermato a 34 punti in 19 partite (1,7 punti a partita) con 36 reti segnate e 22 subite.
Qui subentrano le colpe del gruppo. Troppo facile adagiarsi sulle situazioni comode, quando il manuale del buon professionista dice che per lottare sempre ai massimi livelli e vincere bisogna essere costantemente sul pezzo. Applicando la teoria dei giochi di John Nash al gioco più bello del mondo si vedrà che: in una squadra si ottiene il risultato migliore (e nel calcio è la vittoria), quando tutti i componenti del team fanno la cosa migliore per se stessi e per la squadra. Fin qui la Roma non è stata in grado di venire a capo del “Dilemma del prigioniero”, riuscendo a confessare le proprie carenze e vincere questo gioco paradossale. Prigioniera di una mentalità perdente, quasi infantile: se c’è il maestro severo m’impegno, con il supplente è tutta pacchia. Dopo un girone è tempo di primi bilanci e, numeri a parte, il più grande lavoro di Spalletti è stato quello di impiantare il seme del The Roma Way. Quello del Terzo tempo spallettiano, il lavoro sul campo, non la birra con gli avversari a fine partita. Essere un allenatore troppo duro, alla lunga però può far rompere quegli equilibri di gruppo quasi quanto essere troppo morbidi, ma la componente calciatori è fondamentale ancora di più. Per vincere non servono alibi, serve allenarsi duramente come singoli individui e lavorare duramente come gruppo con l’aggiunta del mister, duro o morbido che sia.