La differenza della Roma
Se il calcio è un alternarsi di correnti di pensiero e di trend, ultimo quello del Cholismo, non passano mai di moda nel manuale del bravo allenatore i concetti di equilibrio e di unità, indispensabili perché una squadra possa ottenere risultati con continuità e non lasciare per strada punti preziosi per il raggiungimento degli obiettivi. Chi finalizza tutto il lavoro di chi sta in campo è ovviamente chi segna ed è altrettanto naturale che ci si aspetti il cambio di marcia da chi è deputato a farlo, vale a dire gli attaccanti, che fanno vendere biglietti, infiammano le piazze quando vengono acquistati e vengono presentati come la differenza che possono fare nella loro squadra.
Tutto vero e tutto giusto, ma nella Roma, che pure è il miglior attacco del campionato, la differenza non è un attaccante, ma un centrocampista che quasi era stato dimenticato e che a Genova e con il Chievo ha fatto tornare nella mente di tutti le sue capacità, quel Kevin Strootman che trasformò i giallorossi nel 2013 e che avrà la possibilità di farlo di nuovo tre anni più tardi, dopo essersi finalmente liberato dei problemi fisici che lo hanno fermato per troppo tempo. Ci si raccomanda spesso di non caricare troppo responsabilità sulle spalle (in questo caso, sul ginocchio) di calciatori freschi di rientro, ma le responsabilità è Strootman stesso a volerle, per ripagare sul campo l’amore di quei tifosi che non hanno mai smesso di attenderlo e mai l’avrebbero fatto, pensando all’impatto che ha avuto l’olandese dal suo arrivo nella capitale. 3 sole sconfitte in 39 gare giocate sono un simbolo, metaforico ma neanche troppo, del suo peso nell’equilibrio di squadra tanto caro agli allenatori e alla fine anche ai tifosi, perché più di un attaccante che segna c’è solo una squadra che vince, e Kevin Strootman ha dimostrato di sapere come far vincere la sua squadra.