Ammissioni, promesse, spiegazioni e accuse: la Roma e Pallotta alla ricerca di credibilità
Nel gran calderone che è la Roma in questi giorni, sono (finalmente?) arrivate anche le parole di James Pallotta, rimasto in silenzio - salvo sporadiche brevi dichiarazioni, perlopiù di smentita e rilasciate probabilmente tramite semplici messaggi di testo - mentre subiva di tutto e di più, in attesa del momento giusto per dire la sua. Come a dire: “Avete finito? Ok, ora tocca a me”. C’è un po’ di tutto nella lettera pubblicata questa mattina, tremilanovantasei parole che a una prima (lunga) lettura appaiono come un sunto, fatto a cuore aperto, di una stagione la cui valutazione continua a peggiorare progressivamente anche dopo essere finita; rileggendola, si trovano tante cose già dette, o comunque applicabili a gran parte dell’esperienza americana della Roma.
AMMISSIONI E PROMESSE - A Roma - ma non solo - si vive il calcio - ma non solo - dividendone i protagonisti tra buoni e cattivi. Un eterno tribunale in cui c’è la pubblica accusa e di volta in volta uno o più imputati: Pallotta si è seduto al banco e - senza però un contraddittorio, elemento chiave in un ipotetico processo - ha raccontato la sua verità. Ha ammesso errori, anzi, uno dei più grandi errori commessi, che hanno portato la stagione a essere un completo disastro anche a causa di un suo mancato intervento a dicembre (sa di già visto, vero?), ha ritrattato e dato la sua versione dei fatti dopo le improvvide dichiarazioni di ieri sull’inchiesta di Repubblica ed è tornato sulla sua assenza da Roma, uno dei principali capi d’accusa, promettendo di cambiare rotta e assicurando di stare lavorando a una Roma vincente. Sarebbe stato interessante sapere il perché - addio di De Rossi a parte - il numero uno giallorosso manchi dalla Capitale da oltre un anno e, soprattutto, come si può pensare a una Roma vincente - al di là della propaganda, per così dire, che per certi versi è anche più che accettabile - dopo che il giocattolo si è rotto causa mancata qualificazione alla Champions League, senza aver portato a casa alcun trofeo anche nel momento in cui la squadra esprimeva il massimo delle (non) possibilità economiche della società: non può essere Francesco Totti - legittimato come dirigente operativo, e questa è sì una notizia, ma forse l’unica fornita almeno sotto questo aspetto - da solo a cambiare magicamente le cose ed è Pallotta stesso a dirlo. Si dice che ammettere un problema è il primo passo per risolverlo: in passato Pallotta si è spesso fermato proprio lì e l’idea diffusa - nonostante Pallotta stesso dimostri di essersene accorto - è che questo possa accadere di nuovo, lasciando senza seguito parole anche importanti.
SPIEGAZIONI E ACCUSE - E sarebbe prima di tutto un peccato, anche perché a parte il problema squisitamente tecnico viene dedicata una delle tante spiegazioni offerte nella lettera: il fair play finanziario e l’assenza dei ricavi da stadio di proprietà sono due elementi da cui non si può prescindere nelle valutazioni e Pallotta (dal suo punto di vista, ma non solo) fa bene a ribadirlo, viste anche le forze contrarie che agiscono in modo inarrestabile da queste parti e che rendono necessario fare ulteriore chiarezza anche sull’aspetto economico a lui personalmente legato dell’affare Roma. È questa una delle principali accuse di Pallotta, insieme a quella sacrosanta contro chi se l’è presa con modi a dir poco discutibili contro le sue (innocenti, sarebbe bene ricordarlo un po’ più spesso) sorelle e quella contro Monchi, a cui aveva già avuto modo di dire qualcosa a marzo, dopo le sue dimissioni. Questa non granché circostanziata (“la squadra non si adattava bene al gioco di Di Francesco”, “ho osservato i movimenti e mi sono reso conto che non avrebbero funzionato”), e che, comunque, parte da un proprietario quasi mai addentrato - se non da esterno - in questioni tecniche e arriva pubblicamente a uno che fa il DS da vent’anni: viene il dubbio se sia peggio che sia fondata (e i fatti, con la Roma fuori dalla Champions League, danno peso a questa ipotesi) o meno.
OBIETTIVO CREDIBILITÀ - Indubbiamente il presidente ha fatto una cosa da presidente, ha dato segnale di una presenza che i fatti - non le mancate parole - stavano sempre più pericolosamente mettendo in dubbio e ha parlato con una spontaneità che raramente gli è mancata e che, paradossalmente, a volte gli è costata qualcosa (o più di qualcosa) a livello di credibilità. Credibilità: è questo l’obiettivo che Pallotta e la Roma devono inseguire e da cui ripartire per costruire sopra tutto il resto. Dopo il caos degli ultimi giorni, si partiva praticamente da 0, con la sua lettera, Pallotta ha portato il livello a 1: ora la palla passa a chi c’è e a chi, presto o tardi, ci sarà.