Voglia di centravanti
Con il mercato che sta per iniziare, il sogno dei tifosi è quello di un grande centravanti, che possa fare la differenza con gol e non solo. Questo è uno scenario che si ripete ormai da quasi quindici anni, ovvero dall’estate del 2000: la Roma acquista Gabriel Omar Batistuta e, anche grazie ai suoi 20 gol in 28 partite, vince il suo terzo titolo tricolore. Il tecnico Fabio Capello è abituato a giocare con un forte numero 9 e, nel momento di calo dell’argentino, chiede immediatamente un suo sostituto. Il primo tentativo non è dei migliori: con pochi soldi (leggere: niente) in cassa, i giallorossi prelevano in prestito dal Chievo Massimo Marazzina, che raccoglie però pochissimi minuti e nessun gol nella sua breve parentesi giallorossa. In estate il problema si ripropone e viene tamponato ancora una volta con un prestito, quello di John Carew dal Valencia. Il rendimento del norvegese, autore di 8 gol in 29 presenze, non è esaltante e nel frattempo Capello comincia il lavoro che verrà poi completato da Spalletti: l’avanzamento a prima punta di Totti, che segna 20 gol in campionato. Nell’estate del 2004, con l’addio di Capello e l’arrivo di Prandelli (seguito da Völler, Sella, Delneri e Bruno Conti), si sognano Ibrahimovic e Gilardino: il primo va alla Juventus, il secondo viene promesso al Milan per l’anno successivo e i giallorossi si devono accontentare di Ahmed Hossam Mido, in arrivo dal Marsiglia. L’acquisto si rivela fallimentare (nessun gol in appena otto presenze in campionato) e nel 2004/2005 a tirare la carretta, almeno in attacco, è Vincenzo Montella, che dopo diverse stagioni riesce a giocare un’annata intera da titolare e raggiunge anche lui quota 20 in campionato. Età, acciacchi fisici e scelte tattiche di Spalletti impediscono però all’aeroplanino di essere considerato l’attaccante su cui puntare, ma blocco del mercato a seguito del caso-Mexes e le casse perennemente vuote non possono per far sognare: a vestire il giallorosso è Shabani Nonda, che però non convince, con sole 22 presenze e 8 gol tra campionato e coppe e tanti acciacchi fisici, che contribuiscono a portare Spalletti a inventarsi Totti riferimento offensivo del 4-2-3-1.
Nelle due estati successive la Roma non punta con decisione il centravanti, arriva Mirko Vucinic, capace di giocare sull’esterno, ma è Totti l’uomo decisivo, con 26 gol segnati in Serie A nel 2006/2007 e una Scarpa d’Oro messa in bacheca. Col tempo tuttavia riemerge la mancanza di un vero e proprio finalizzatore, che possa fare la differenza anche contro le difese più chiuse: quell’uomo Ranieri, nel frattempo subentrato a Spalletti, lo vede arrivare nel gennaio del 2010, quando Luca Toni passa in prestito dal Bayern Monaco in giallorosso, portando in dote 5 gol e tanti palloni difesi per permettere alla squadra di salire. L’ex viola non viene però riscattato e Pradè punta tutte le fiches sul recupero fisico e mentale di Adriano, che però delude già in estate convincendo la proprietà ibrida Sensi-Unicredit a investire dieci milioni, poi pagati dalla proprietà americana un anno più tardi, per Marco Borriello, battendo la concorrenza della Juventus: il napoletano è un autentico trascinatore nella prima parte di stagione, poi viene messo da parte con l’arrivo in panchina di Montella, che torna al 4-2-3-1 e ridà a Totti la maglia di centravanti. A fine stagione Montella viene sostituito da Luis Enrique, che propone un calcio privo di un vero e proprio numero 9. Con lui veste il giallorosso Daniel Pablo Osvaldo, altro giocatore non deputato solamente a segnare ma anche a dare un qualcosa in più alla manovra, non proprio l’erede di Batistuta, mitraglia a parte. Fino ad arrivare al presente chiamato Mattia Destro, giocatore che nonostante l’infortunio, equivoci tattici e poche chance da titolare ha messo a segno 23 gol in 54 presenze, ma che non ha convinto né Garcia, né gran parte dell’ambiente. Ancora voglia di centravanti, sperando che il prossimo sia quello giusto...